Cile enorme Lager rimorso d'Occidente

Cile enorme Lager rimorso d'Occidente Notizie tra gli esuli a Roma Cile enorme Lager rimorso d'Occidente Roma, 11 ottobre. Conversando sul Cile, intorno e oltre il caso Leighton, fra i molti esuli accorsi da varie parti d'Europa a salutare il leader ferito, si compone il quadro di un lager immenso, che è, con la Spagna di Franco, il più acuto rimorso dell'Occidente. Questo sguardo sul lager è indiretto, ma si basa su informazioni accurate e attendibili: solo mancheranno, è meglio, i nomi. Il Cile, oggi, non è più neppure una dittatura militare, nel senso di un regime controllato dai capi delle tre Armi e della polizia. E', sempre più, una dittatura personale di Augusto Pinochet, nella quale sempre meno contano gli stessi alti comandi, di fronte al potere arbitrario di un uomo solo. Questo potere ha dei fiancheggiatori nelle forze armate, ma soprattutto ha uno strumento terribile: la Dina («Dirección de Investigación Nacional »), la Gestapo cilena. Questa è una prima, decisiva sintesi della situazione. Ormai Pinochet non consulta quasi mai, sui temi più importanti e cruciali, ministri e generali, per esempio non consultò nessuno, decise da solo, quando disse di no all'ingresso in Cile di una delegazione della Commissione dell'Onu sui diritti dell'uomo. Fu una sua sfida personale ! alla coscienza del mondo. Il suo principale collaboratore, in un certo senso il solo, è il colonnello Contreras, il capo della Dina; attraverso Contreras e le sue squadre, sparse in tutto il Paese, Pinochet controlla non solo gli oppositori, reali e potenziali, ma anche gli uomini del regime, i politici collaborazionisti e gli ufficiali più rappresentativi. La Dina è stata creata nell'ambito delle forze armate, ma gode di un'illimitata autonomia. Ciascuna delle tre j armi ha il proprio servizio segreto, la propria polizia, ma la Dina è un superservizio segreto, una superpolizia, e risponde solo a Pinochet, anche se ne è capo un colonnello, mentre i capi degli altri tre servizi sono due generali e un ammiraglio. La sua « tecnica » è quella, appunto, della Gestapo o della Ghepeu staliniana. Senza alcuna formalità, senza alcuna finzione legale, gli uomini della Dina, in qualunque momento del giorno, ma soprattutto della notte, fanno irruzione nelle case, arrestano e deportano. Le detenzioni durano in genere qualche giorno, a volte qualche settimana, in certi casi qualche mese. I prigionieri restano bendati per tutto il tempo, nessuno può vedere dove si trova, gli interrogatori sono lunghissimi, estenuanti, spesso accompagnati da atroci torture. Lo scopo in alcuni casi è l'intimidazione, in altri casi, i più duri, la ricerca d'informazioni, la conferma di certi sospetti. Non sempre i prigionieri ritornano, sia pure traumatizzati e feriti. In un anno e mezzo, di 119 persone prelevate dalla Dina si sa sicuramente che sono scomparse: alle insistenze dei familiari è stato risposto che risultava che fossero scappate dal Cile, in Argentina e in Brasile, e che lì fossero state uccise in scontri armati; però nessuno ha potuto sapere dove esattamente, o riavere il corpo del congiunto. Ma già simili risposte sono un'eccezione, in genere le autorità negano di sapere alcunché, le operazioni della Dina si svolgono al di fuori di ogni legalità, di ogni norma scritta quale che sia, ufficialmente nessuno sa niente, nessuno ammette niente. Negli ultimi tempi, mi dice un uomo politico democristiano che ha abbandonato da pochissimo il Cile, il ritmo dell'attività della Dina si è un po' attenuato, ma solo perché è aumentato il senso di disperazione e d'impotenza degli avversari di Pinochet, e alcuni settori dell'opposizione, i più duri ed estremisti, sono stati annientati: per esempio il Mir («Movimiento de Izquierda Revolucionaria») è stato liquidato fisicamente, « almeno al 95 per cento » dei suoi quadri. Fascismo? C'è chi precisa: « II fascismo, tutto sommato, aveva un'ideologia e una sua organizzazione di massa, di tipo populista. In Cile c'è il puro arbitrio di un uomo e dei suoi pretoriani, una mera occupazione militare del potere ». Fascisti, in un senso più stretto, sono piuttosto certi gruppi politici che gravitano attorno a Pinochet, non senza una diretta influenza sul dittatore, e per esempio il gruppo che fa capo a Jaime Guzman, un intellettuale fanatico di ultradestra. (C'è anche chi fa l'ipotesi che da uno di questi gruppi fiancheggiatori di Pinochet, più che da Pinochet stesso o da qualcuno dei suoi uomini, possa essere venuto l'ordine di uccidere Leighton). Il lager politico è anche un'area di crescente desolazione economica: inflazione del 300 per cento, come nell'ultimo tormentato anno di Unidad Popular, una disoccupazione che riguarda ormai il 20 per cento della popolazione attiva, una disastrosa ca- Ijjji!|'!ij!j'!'!||I duta del tenore di vita dei ceti medio-bassi. Il fallimento economico di Pinochet è clamoroso, totale, tanto più in quanto egli prese il potere anche per ovviare, disse, ai guasti della caotica gestione attendista. Pinochet sperava di ripetere in Cile il «miracolo» economico brasiliano, ma ha perso, a differenza dei generali tecnocrati di Rio, la battaglia dell'inflazione, né è riuscito ad attrarre cospicui investimenti esteri. Una deflazione selvaggia ha avuto il solo effetto di creare masse di disoccupati, resi tali, oltretutto, in base a criteri discriminanti di tipo politico. Pinochet ha compiuto una sola «rivoluzione», la riprivatizzazione pressoché totale dei principali settori produttivi, anche di quelli che erano passati sotto il controllo dello Stato assai prima del governo Allende: e il risultato è una specie di svendita del Cile a una ristretta oligarchia finanziaria. Il punto è ora quanto un simile stato di cose possa durare e che cosa si debba fare per accelerarne la fine. Su questo c'è un dibattito all'interno dell'opposizione democratica e soprattutto all'interno della de. La premessa è che finalmente si scorgono segni di divaricazione, se non di vera e propria frattura politica, all'interno delle Forze armate: settori sempre più ampi dell'ufficialità media rifiutano di riconoscersi in un vertice militare ostentatamente reazionario (tradizionalmente, mi si fa osservare, gli ufficiali medi cileni votavano per il centrosinistra). Secondo le sinistre e secondo i leaders democristiani riparati all'estero (Fuentealba, Tomic, Valdes, lo stesso Leighton), anch'essi di sinistra, bisognerebbe costituire un fronte unico antifascista come punto di riferimento per gli ufficiali dissidenti (in potenza); secondo i capi democristiani rimasti in Cile (Frei, Ailwyn) il fronte unico sarebbe controproducente in questo momento, farebbe il gioco della propaganda anticomunista di Pinochet, in ultima analisi rafforzerebbe il regime: meglio sarebbe un'indicazione di centro-sinistra (de e socialisti moderati). Diverse anche le idee sul comportamento del mondo esterno: secondo i moderati, la pressione internazionale, necessaria, non dovrebbe sfociare in un totale isolamento del Cile, per non stimolare reazioni scioviniste, di nuovo utili a Pinochet. E' un problema cileno; ma sul punto dell'atteggiamento internazionale si può e si deve fare una considerazione. La remissività o la pressione morbida del mondo esterno in questi casi non è quasi mai produttiva: si vede ora in Spagna quanto ventanni almeno d'indulgenza internazionale abbiano rafforzato le forze aperturiste ed evoluzioniste del regime... Nel caso del Cile, in particolare, l'isolamento può essere, potrebbe essere, se vi contribuissero anche gli Stati Uniti d'Ameri! ca, la spinta decisiva, il sej anale decisivo per quelle for' ze che possono mettere fine i al regno del terrore di Auguj sto Pinochet, aprire le porte I del grande lager. Aido Rizzo Augusto Pinochet