Dialogo col figlio che non nascerà di Oriana Fallaci

Dialogo col figlio che non nascerà Dialogo col figlio che non nascerà Milano, ottobre. Lettera a un bambino mai nato, il settimo libro di Oriana Fallaci (Ed. Rizzoli, lire 2500). è il racconto di un dilemma che si conclude tragicamente. Una donna « che vive sola e che lavora e che pensa » si chiede se dare alla luce o no il figlio di cui s'è accorta di essere in attesa: attraverso un fantastico e concitato dialogo con la stessa creatura, espone le ragioni prò e contro la sua nascita, fino a quando — per avere voluto lei rifiutare la rassegnazione dell'immobilità placida, in un letto — il bambino le muore dentro, e le ultime esitazioni a sottoporsi all'intervento causano la setticemia: morirà anche lei. Una gravidanza improvvisa, imprevista, in quanto tale passibile di turbare profondamente — per non dire sconvolgere — piani, progetti, ritmi di vita. Una fatalità insomma, così come lo è stato per millenni: fino a che punto tale situazione è realistica per una donna « che vive sola e che lavora e che pensa »? Per quali ragioni porre il dilemma in questi termini? « Perché », risponde Oriana Fallaci. « i problemi si affrontano — e si vivono e risolvono sulla propria pelle — nel momento in cui concretamente ci se li trova dinanzi. Come alla guerra: inutile porsi, prima, la domanda se sparerei o no. Solo quando ti trovi lì, decidi. Diversamente, trascorreremmo tutta la vita cercando di rispondere a quesiti. E poi, questo non è un libro realistico. E' una invenzione poetica, una fiaba che ruota intorno a un fatto e a una domanda: aspetto un figlio, gli do la vita o no? Un caso che può succedere a tutte, in ogni momento: basta che, ad esempio, una sera ti dimentichi di prendere la pillola ». Se, e fino a qual punto, una simile « dimenticanza » sia casuale, è materia di psicologi. Ma, in proposito, c'è una frase illuminante, fin dalla prima pagina: « ...non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato... ». Poco oltre, l'altra affermazione, perentoria e ribadita come un atto di volontà: « Non ho bisogno ] di te ». E', sostanzialmente, l'atteggiamento della Fallaci: anni or sono perse un figlio, oggi non esita a dire che ne desidererebbe uno. Chiaramente però, non ha bisogno di essere madre per sentirsi realizzata: l'impegno di giornalista e i legami affettivi e sentimentali sono sufficienti a riempire la sua vita. L'alternarsi delle decisioni — dare la vita o no — comincia quasi subito, nitido di ragioni e obiezioni altrettanto valide. E' il modo con cui la Fallaci intende la realtà: « Appena affermi una cosa, ne vedi subito il contrario ». Unico punto fermo, la vita. « Ci credo, mi piace e intendo viverla ad ogni costo », afferma la protagotiista del libro. E. aggiunge Oriana: « Vivere è un'avventura meravigliosa, il solo termine di riferimento per non affogare nel tempo e nello spazio ». (L'altro valore indicato come «assoluto» è la libertà). Apoteosi della vita, dunque. Allora, per quale ragione i tuoi protagotiisti muoiono entrambi? « Lei perché, — pur amando disperatamente il figlio — osa ribellarsi, contestare, discutere quello che, secondo le leggi della società patriarcale, è "il sacro" dovere-diritto di ogni donna: rimanere incinta. Al bambino, racconta quanto vivere sia difficile, splendido e spietato: e lui muore perché non ha la forza di decidere di sperimentarlo. La donna, invece, ha avuto coraggio: quando era nel ventre di sua madre, e questa, per abortire, trangugiava ogni giorno una certa medicina, le sferrò un calcio per ordinarle di tenerla. Il suo bambino no: "Se la vita è un tormento" — le obietta infatti, rifacendosi a precedenti argomentazioni, verso la fine del paradossale dialogo —, "perché approdarci?... La tua sola spiegazione era che eri nata anche tu, e prima di te la tua mamma; prima della tua mamma, la mamma della tua mamma... Se non accadesse così, mi dicesti una sera, la vita si estinguerebbe. Anzi, I non esisterebbe. Ma perché dovrebbe esistere, perché deI ve esistere, mamma? Lo scoi po qual è?". Al momento di j accomiatarsi: "Nascerò un'alI tra volta...", le dice. Il classico "contentino", come da sempre hanno usato gli uomini dopo avere "invaso" la vita delle donne ». Uno spunto da polemica femminista. Tuttavia le femministe contestano il libro. « Certamente. Ma questo non è un libro sull'aborto; io non ho voluto fare né un saggio né un manifesto né un'inchiesta sulla contraccezione né tanto meno sull'interruzione di maternità. Sapevo che Lettera a un bambino mai nato si sarebbe prestato a infinite interpretazioni e che ciascuno vi avrebbe trovato ciò che voleva o vi cercava. Quindi non mi sorprende ricevere lettere e giudizi commossi e entusiasti, come altri ostili e indignati ». Ornella Rota

Persone citate: Lettera, Oriana Fallaci, Ornella Rota

Luoghi citati: Milano