Tutti i diavoli di Barbey di Giovanni Bogliolo

Tutti i diavoli di Barbey Tutti i diavoli di Barbey Riproposto il tormentoso cattolicesimo e il macabro decadentismo di d'Aurevilly Stregata », Ed. Rusconi, pag. 227, lire 1500. 3.-A. Barbey d'Aurevilly: « La —— ~ ~ " Per essere stato uno dei romanzieri francesi più tra- dotti, non si può certo dire che in Italia Barbey d'Aure v;iiy g0ua oggi m0]ta fa ma: né la vena di tormentoso cattolicesimo che aveva affa scinato Domenico Giuliotti né quella di macabro deca dantismo privilegiata da Ma- ssss ras scenza di uno scrittore per sua natura così ambiguo e contraddittorio da poter soci disfare sensibilità opposte e gusti inconciliabili. Nel mare magno della sua opera — di Polemista, epistolografo. narratore e critico — Alfre- dQ CattaDiani sceglie ora per un riiancio La stregata, prò prj0 perché in essa meglio si realizza « la compresenza di un'ispirazione cattolica c di un sadistno refoulé, Vele mento fantastico e l'affiorare di un corposo realismo, il pensiero controrivoluzionario misto a un populismo talvolta di tnaniera ». ma non sfugge neppure lui alla tentazione di suggerire una univoca chiave di lettura in quella che egli chiama la « teologia » di Joseph de Maistre. L'antirazionalismo filosofico e la visione ultramontana della storia sono indubbiamente, almeno dopo la chias- ' sosa conversione, atteggia- ! menti costanti dello spirito del Barbey apostolo dei «profeti del passato » e maestro degli Hello, dei Bloy, dei Barrès; ma a insistere sugli equivoci messaggi delle sue opere narrative si corre ancora una volta il rischio di spezzare quel precario equilibrio che, in ultima analisi, costi tuisce il loro unico, modesto ] segreto. Nella Stregata questo equilibrio risulta da un groviglio di forze contrapposte che sembrano coordinate più dalla genialità delle risorse | inventive e stilistiche che da j un preordinato disegno co- struttivo. Nella inquieta e vo- j | racissima spiritualità dello | scrittore, acre realismo e le-1 vitazione fantastica, dandy-1smo e provincialismo e tutte. le altre coppie antagoniste che si possono rilevare sulla sua pagina si accontentava-, no forse di conciliazioni ancora più banali di quella moralistica che aveva inalberato per giustificare certe sue scandalose crudezze: « quella grande libertà cattolica che non ha paura di trattare le passioni timone quando ci si proponga di far tremare sulle loro conseguenze ». Ma a scusare la « pagina lasciva » con la « vita proba » Barbey era costretto dalla scabrosità dei temi che gli suggeriva il suo gusto per le situazioni outrées e per i personaggi diabolici. Tutte cose che abbondano anche nella Stregata: sullo sfondo di una Normandia in cui il Cristianesimo ha assorbito ma non cancellato credenze millenarie e culti antichissimi nel clima di pacificazione generale faticosamente succeduto alla sanguinosa guerriglia degli Chouans di cui il romanziere vorrebbe glorificare l'epopea, due nature indomite s'incontrano e fatalmente si distruggono. Jeanne, l'altera moglie di un ricco proprietario, s'innamora di ima sconvolgente figura di prete, l'abate de la Croix-Jugan, sospeso a divinis per i suoi turbinosi trascorsi di chouati e orrendamente segnato nel volto da un tentativo di suicidio e da una sadica vendetta dei bleus. L'elemento fantastico di questa storia (che si conclude col suicidio della donna esasperata dalla sua inapi pagabile passione e con l'as| sassinio dell'abate nel momento culminante della sua prima messa) è dato da un accorgimento compositivo di sicuro effetto: l'autore si schiera col lettore, cede il posto a un personaggio narrante, opportunamente scelto tra i diretti testimoni, e lascia a lui la responsabilità delle interpretazioni irrazionali, delle visioni, delle leggende, intervenendo tuttavia per fornirne abili conferme attinte al folklore e alle superstazioni regionali. Se si accetta per buona la teoria di Tzvetan Todorov secondo cui il fantastico sarebbe il frutto della esitazione, mai risolta, tra una spiegazione razionale e il brivido del mistero, qui questa particolare esitazione non viene mai meno, ma anzi, con tutta una serie di stratagemmi, ne viene lungamente ritardata la stessa enunciazione dei termini, con l'intenzione di caricare parossisticamente la aspettativa e insieme col pericolo, non sempre evitato, di generare noia e allentare la tensione. I preliminari, il dettagliato e circospetto procedere della narrazione, non riescono quasi mai a nascondere questa loro utilità puramente strumentale: tutto converge serri- pre verso le scene di orrore, di lussuria, di violenza che sono poi le uniche ad avva ierSi di uno stile rapido ed la chiave decisiva per incisivo .Potrebbe essere que sja _ Dil accedere alla comprensione, psicologica come artistica, dePo scrittore, ma, contro il prestigio di questa vocazione sulfurea, Italo Siciliano vi addita il segno « della fantasia di un frigido che si scatena e cerca calore nel cerebrale inferno del mostruoI so ». E cosi si riapre, in termini estetici, lo stesso dissidio che divide i lettori di Barbey d'Aurevilly sul terreno delle idee, quasi a confermare l'eterno paradosso che gli scrittori più segreti e inaccessibili sono proprio quelli che si sono più generosamente abbandonati al piacere di una ininterrotta e disinibita confessione. Giovanni Bogliolo

Persone citate: Bloy, Domenico Giuliotti, Italo Siciliano, Joseph De Maistre, Tzvetan Todorov, Vele

Luoghi citati: Italia