Auto, corriere e aerei corrono sulla grande pista di "Utopia,,

Auto, corriere e aerei corrono sulla grande pista di "Utopia,, Lo spettacolo di Ronconi in scena al Palazzo a Vela Auto, corriere e aerei corrono sulla grande pista di "Utopia,, 1 mente Utopia di Ronconi, da Aristofane: ovvero come nascono, si alimentano, s'infrangono e si dissolvono i miraggi, i sogni, le chimere, le illusioni, i dolci inganni (vedete guanti sinonimi per un solo ostinato concetto) che da sempre, e ancora oggi, l'umanità di quando in quando rincorre. E dopo? Voglio dire dopo la caduta dell'utopia? Dopo si ricomincia a sognare e a illudersi, sembra concludere il pessimista Ronconi confermando tma sfiducia nell'uomo che balugina qua e là in questo affascinante e ambiguo spettacolo. Ma anche, per chi voglia leggerne in filigrana il «messaggio» (una parola che in questo caso non suona né logora né retorica per il pudore e la discrezione con cui il regista vela e lascia implicita la morale della sua favola), e magari forzarlo un poco come Ronconi stesso fa con Aristofane, dopo vengono Marx e il socialismo. Perché l'utopia, e Ronconi questo l'ha capito e lo fa capire anche se non sembra premergli molto, è sostanziaireazionaria. Non per j niente uno dei maggiori lab | bricanti di esse, e non impor1 ta che poi le smonti e le di '• strugga egli stesso con il suo 1 riso, è stato proprio Aristofa ! ne, il quale rimane un esem pio insigne di autore forcalo-1 i lo e tuttavia grandissimo per ! che felicemente si contraddi | ce e segue soltanto il proprio j estro e la propria fantasia, e allora al diavolo ogni ideolo- I schiavi, di Zeus e di sacrifici i indossano però abiti d'oggi già conservatrice se non anche tutti gli umori antidemocratici, quando dalla satira passa o ritorna alla favola e all'utopia. E dell'utopia Ronconi descrive la parabola, sempre la stessa, cucendo insieme e spesso frammischiando amplissimi brani di cinque commedie aristofanesche. Cavalieri, Uccelli, Lisistrata, Le donne a parlamento e Pluto, introdotti, a mo' di prologo, dal contrasto fra Discorso Giusto e Discorso Ingiusto delle Nuvole. Ma se i personaggi parlano ancora di mantelli e dì anche se un po' antiquati, o fuori moda, come se uscisse ro tutti da una commedia di Pirandello, da Questa sera si recita a soggetto ad esempio, irresistibilmente richiamata alla memoria, dopo quel prologo poi, dalla prima sequenza dei Cavalieri, ma non saprei dire se e quanto deliberatamente da parte del regista. Sono gli abitanti della città. \ di una città dei nostri tempi, j addormentata all'inizio in let-\ tini-bare che percorrono len- \ tamente tutta la scena la quale, come si sa, è costituita da uno spazio rettangolare di nove metri per sessanta, delimitato sui lati minori da due tende-sipari e lungo i lati maggiori del quale siedono gli spettatori. Questa volta il pubblico non deve correre dietro alla rappresentazione come con /'Orlando furioso, ma è questa per cosi dire che gli scorre davanti, essendo continuamente in movimento \ l'amarissima scenografia, di', Luciano Damiani come i costumi, fatta di oggetti, mobili e veicoli consunti, deformati e degradati: automobili e corriere, soprattutto, ma anche un vecchio monoplano, naturalmente per gli Uccelli, è una città e una società che sì muovono, il che non vuol dire che vadano avanti, è il moto illusorio dell'utopia. E tutti corrono, con le macchine, ma anche a piedi, come i servi dei Cavalieri che s'affannano contìnuamente, curvi sotto pesanti casse e che ci ammoniscono sulla natura retriva di un'utopia che vorrebbe il comunismo senza abbattere le divisioni di classe, o come le moali delle Donne a i parlamento che s'affrettano I verso la città della quale so- guano di assumere il governo, j o i contadini di Pluto che van- [ no verso la città nella quale \ tutti saranno, o crederanno di ! essere, ugualmente ricchi, o I ancora gli nomini e gli alati degli Uccelli che in equilibrio su un aereo sentiero di assi, posto a spartiacque dei torrenti delle altre commedie, cominciano a costruire la loro città: è il finale del primo tempo, assai bello e pregnante con questo scorrere parallelo di scene e di azioni che iterano le speranze e le delusioni di ogni utopia. Ma tutta o quasi tutta la prima parte dello spettacolo è di una bella intensità, e tuttavia di agevole comprensibilità. Non tanto nelle scene dei Cavalieri che pongono le premesse, o costituiscono quasi la spinta, dei vagheggiamenti utopistici e sono soltanto divertenti con le loro astiose tirate contro la democrazia; quanto nelle «fughe in avanti», come le chiama il regista, delle donne e dèi villani nell'intelligente accostamento e nella ben congegnata alternanza di scene delle Donne al parlamento e dì Pluto, dove c'è un dio cieco che sembra uno straccione di Beckett; e soprattutto nelle bizzarre e splendide invenzioni degli Uccelli, e si sente che è la più fantasiosa e anche poetica commedia di Aristofane, come le lunghe tavole movibili di animali impagliati che mi hanno ricordato, sebbene diversissimo, l'allestimento degli Uccelli curato da Ronconi per il Burgtheater di Vienna e che era persino più attirante di questo. Nella seconda parte i ritmi s'illanguidiscono anche se l'attività locomotoria degli in- ! terpretì si fa più frenetica. E j se gli Uccelli hanno un'eccel- \ lente conclusione, nonostante '■ qualche licenza che Ronconi i si prende con questo come ! con altri testi rPluto, adì esempio, dove il protagonista j è nuovamente accecato) per\ accentuare l'ineluttabilità del j fallimento delle utopie. Lisi- j strata ripete troppo le situa- sembrano effetti zioni e le scurrilità delle Don ne al parlamento per non riuscire un poco stucchevole sebbene Ronconi abbia qui usato accortamente una chiave diversa bagnandone le sequenze di una luce livida da tragicommedia. Davvero egli ha ragione quando sostiene che i pezzi del suo montaggio sono intercambiabili e taluni, di volta in volta, potrebbero essere soppressi, senza danni e squilibri. Il fatto è che lo spettacolo, nell'edizione che lo Stabile di Torino, che ne è anche comproduttore, presenta per l'inaugurazione della sua stagione nel rimbombante Palazzo a vela di Italia 61 (ma talvolta gli echi vanno benissimo: voluti), ha una durata di quattro ore e quarto la quale non può non influire negativamente sulla sua seconda meta ren dendone più vistosi i cedi menti: e, diciamo, anche di gusto oltre che di tensione. E sidla particolare ed efficacissima recitazione, tra la magniloquenza comica o anche tragica e la parodia di essa, sostenuta da una mimica e un movimento straordinari, ci sarebbe molto da dire e da osservare. Ma qui se ne possono solo citare gli interpreti e nemmeno tutti. Ma non è grave anche perché Carlo Montagna o Claudia Giannotti. Maria Teresa Albani o Aldo Puglisi. Anita Laurenzi o Tullio Valli valgono, ed è un elogio, quanto gli altri che non si è potuto nominare. Alberto Blandi ! I | ' Un momento di «Utopia» di Ronconi a Italia 61

Luoghi citati: Italia, Torino, Vienna