I lettori discutono

I lettori discutono I lettori discutono / liberali e la Zona B j I ; i - La cessione della Zona lì alla Iugoslavia ha provocato in molti cosi profondo turbamento e cosi sincera amarezza che penso nessuna parola sia di troppo per cercare di spiegare agli italiani come e perché fu sciolto il nodo della questione. Inutile insistere sull'affettuosa e direi persino commossa solidarietà che tutti sentiamo per gli istriani della Zona lì: solidarietà di cui nessuno dunque può vantare il monopolio. Vediamo piuttosto, pur senza invocare cinicamente la « ragione di Slato », gli argomenti in favore della cessione della zona. Intanto sulla base del Trattato di pace, contro la ratifica del quale — seguendo l'inscgnamcnto di Benedetto Croce — noi liberali votammo, si sarebbe dovuto creare un Territorio libero di Trieste, un terzo Stato cuscinetto e sovrano, comprendente quella città, estraneo alla sovranità italiana. Non parlerei pertanto di rinuncia ad una sovranità che non avevamo di diritto, e neppure di fatto per quanto attiene alla Zona B. Cedendo dunque non già una disponibilità, ma semmai soltanto una speranza ahimè quanto incerta, di future disponibilità, otteniamo la certezza del diritto alla sovranità italiana sulla ben più ampia e importante Zona A, comprensiva della città di Trieste; e non è dubbio che uno stato di diritto sia preferibile ad una situazione di fatto, per sua natura incerta c precaria. Bisogna poi tener conto della circostanza che il tempo non lavorava per noi. e che è meglio giungere alla fissazione di una frontiera definitiva di Staio con una Jugoslavia autonoma che non attendere il « dopo Tito », esponendoci al rischio di trattare con una Potenza a sovranità limitata rientrante — secondo gli accordi di Yalta — nella sfera d'influenza dell'imperialismo sovietico. Sorvolo sulle contropartite (amI pliata zona franca di Trieste, che le restituisca vita e vigore; am' pliamento del territorio di Gorizia, uso delle acque dei fiumi, inclusione nei nostri confini del monte Sabotino), perché per I quanto utili non sono certo in alcun modo determinanti. Né abbiamo motivo di dolerci che siano esigue (per quel che riguarda | la città di Trieste, non tanto), perché l'Italia non ha inleso fare 1 un baratto; ma è la valutazione generale politica, che ho sopra indicata, che è preminente e racchiude in sé il motivo di una pur amara decisione. on. Vinario Badini Confatonieri Roma / parastatali nella giungla Giovanni Trovati, in un articolo pubblicato su « La Stampa » j di domenica 5 ottobre, in merito alla iniziativa di Cgil-Cisl-Uil che. per dare un primo colpo alla « giungla retributiva ». hanno proposto di sostenere i livelli salariali più bassi e contenere le fasce salariali più consistenti arrivando a momenti di fermata temporanea dei livelli salariali che si distanziano in modo vantaggioso dalla generalità, esprime un interrogativo: sarà possibile convincere bancari e parastatali ad accettare un blocco temporaneo sugli stipendi che superano i sei milioni annui? Per quanto riguarda i parastatali, viene da pensare che Trovali non si riferisca ai dipendenti degli enti contemplati nella legge 20-3-75 n. 70 (e tra i maggiori cito: Inps. Inani. Inai], Énpas. Inadel, Scau, Cri. Enal) in quanto nemmeno i direttori di sede percepiscono stipendi che i superano i sei milioni annui. Per avere dati precisi sulla situazione stipendiale della categoria c sufficiente esaminare il bilancio 197+ della sede Inani di Asti dove risulta che le spese sostenute per stipendi al perso- nmllsdsctlhsbdstrmtmlmipvgtpegcdAtaacpmzsmdlsniacP trovati naie amministrativo e sanitario (compresi direttivi e medici) ammontano a complessive 197 milioni 384.100 lire, pari a 2 milioni 407.123 prò capite. Stessa situazione risulla per il personale dell'Inps e ovviamente per il personale degli altri enti. Voglio anche ricordare che la categoria, oltre a qualificare sette anni di lotta battendosi per l'eliminazione degli enti inutili, ha voluto che, nella citata legge sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente, venisse inserito quanto segue: « Il trattamento economico deve ispirarsi a norme di chiarezza in modo che ai dipendenti degli enti sia assicurata parità di trattamento economico e parità di qualifica indipendentemente dall'amministrazione di appartenenza ed in modo da essere finalizzato al perseguimento di una progressiva perequazione delle condizioni giuridiche ed economiche di tutti i dipendenti pubblici ». Se il principio di cui sopra venisse esteso a tutto il pubblico impiego si potrebbe ottenere finalmente l'abbattimento della « giungla retributiva », che è una delle cause del cattivo funzionamento della pubblica amministrazione. Itulico Sarzanini, responsabile Uil-Dep. Asti Auto straniere targate To Leggo con sgomento che gli acquisti di auto straniere sono ancora in aumento in questi ultimi tempi. E' una cosa inconcepibile: abbiamo le auto campioni del mondo in Formula 1 (Ferrari, con assistenza Fiat) e in altre formule (Lancia e Alfa Romeo) e noi continuiamo in troppi a dare la preferenza a macchine non italiane. Dimenticavo: i nostri carrozzieri, da tutti i punti di vista, sono i migliori anch'essi, dal momento che da tutto il mondo si vengono a far « vestire » le auto in Italia. Mi diceva tempo fa un amico svizzero che non si capacitava nel vedere a Torino, capitale italiana dell'automobile, tante auto straniere targate To. Una cosa assurda, come l'acquisto da parte d'uno svizzero di un orologio giapponese. Alfredo Dionisio. Torino Perché l'economia è impazzita? Sulla "Stampa" del 2 ottobre Giovanni Arpino chiede agli economisti perché mai sia impazzita l'economia. Non penso sia dillicile capirlo. L'economia è nata e si è affermata in un periodo tutt'alTattc speciale. Causa l'industrializzazione, le conquiste coloniali o, negli Stati, il superamento continuo della « frontiera », i maggiori sistemi economici si sono per lungo tempo, in fase di espansione continua. Ecco: quella che chiamiamo economia è, in realtà, soltanto l'economia dei sistemi in espansione. Solo in sistemi silTatti è possibile concepire grandezze (i capitali) libere di produrre montanti a tassi discreti, senza determinare, a breve scadenza, il collasso del sistema. Analogamente, solo in regime di sviluppo illimitato è possibile garantire il diritto al lavoro, al decoro o. più semplicemente, alla vita, ad una popolazione libera di riprodursi a piacere. Di questi tempi ci si va avvedendo via via che lo sviluppo illimitato contrasta con la finitezza dell'elemento natura. Il terrore dell'atomica, d'altra parte, ci vieta di ricorrere al rimedio classico: la guerra di distruzione. E' cosi che i nodi vengono al pettine e che sociologi ed economisti si vedono costretti a fare buona compagnia ai teologi ed ai giuristi. Tutti quanti, volenti e- nolenti, dovranno darsi da fare per rifondare le loro dottrine. Enrico Oslinelli. Como

Persone citate: Alfredo Dionisio, Benedetto Croce, Giovanni Arpino, Giovanni Trovati, Sarzanini, Vinario Badini