I cacciatori di Quadrone di Marziano Bernardi
I cacciatori di Quadrone LE MOSTRE cTARTE di Marziano Bernardi I cacciatori di Quadrone La Petra di Gribaudo - Giorgina Lattes Con una mostra inaugurale della nuova galleria torinese «Rosaria Arte», di corso San Maurizio 53, Giovanni Battista Quadrone (Mondovì 1844 - Torino 1898) ritorna a un pubblico che gli è sempre stato fedele malgrado le tempeste estetiche abbattutesi sul gusto europeo negli ottant'anni seguiti alla sua morte precoce, e di conseguenza sulla sua pittura quant'altre mai tradizionalista. Ritorna con una trentina di disegni quasi tutti apparsi nelle esposizioni postume del 1899 e del 1922; con un accuratissimo studio a chiaroscuro (egli chiamava «bitumi» queste preparazioni dei suoi minuziosi dipinti) per un quadro della sua prima maniera «di genere», Lo studio dello scultore, e un altro di figure; con un vero e proprio «ritratto» dei due cani Pluck e Bordeaux, eseguito verso il 1876, prototipo della lunga serie di cani dipinti in seguito nelle scene di caccia; con un ritrattino ad olio de La moglie, spiritoso come un De Nittis e un Amorino schizzato su una scaglia di tartaruga, dedicato alla compagna della sua vita per un compleanno. Una rievocazione in minore, dunque; ma sufficiente a definire il modo espressivo di un artista che, dotato d'una straordinaria maestria esecutiva, seppe uscire dalla convenzione del quadro «storico» (il suo Vittor Pisani in carcere è del 1865) ereditata dal suo primo maestro all'Accademia Albertina, Enrico Gamba, e dalla pittura «di costume-, per volgersi a una vivace rappresentazione realistica che. sia pure costantemente aneddotica, si concentrò su due temi prediletti: la caccia e i cacciatori, e la vita e il paesaggio di Sardegna; entrambi trattati con esperienza diretta per la passione venatoria del pittore, che in quell'isola si recava appunto per cacciare. Per la precisione del pennello guidato a un'illusione ottica spettacolosa da una manualità eccezionalmente abile e dall'occhio acutissimo sia nella composizione della scena sia nella resa dei particolari, fu chiamato «un fiammingo», e questo carattere della sua pittura — da cui certo non lo aveva distolto il breve alunnato presso il Bonnat a Parigi, dove seguì anche i consigli del Gérome — è evidente nel suo disegno. Ma più che «un fiammingo» sarebbe stato esatto chiamarlo «un olandese » del secolo XVII; e in occasione di questa mostra non sapremmo usare parole diverse da quelle scritte in un vecchio libro da noi dedicato a lui ed al Pasini: che — fatte tutte le riserve circa un gusto che per la soverchia insi stenza sull'aneddotismo si può dire «borghese», e tenendo conto delle distanze stilistiche — il rapporto tra il soggetto scelto dal pittore e la sensibilità con cui egli vi aderisce è così pieno, intenso e vibrante che subito si trasferisce con uguale intensità e pienezza nell'osservatore, rinnovando davanti ai dipinti migliori del Quadrone quella complessità di stimoli psichici e di soddisfazioni plastiche che può destare una «scena» di Jan Steen, di Van Ostade. di Pieter de Hooch. * * Ezio Gribaudo è stato a Petra, la favolosa capitale dei Nabatei, impronta straordinaria di civiltà defunte, dall'ellenistica alla romana, abbandonata nell'età araba quando l'impero bizantino ritirò a nord i suoi minacciati confini. Ma! l'interesse del ben noto pittore- ! grafico torinese non è stato at- j tratto dalle morte architetture | dell'Ed-Deir o dell'EI-Khazneh, dalle verticali necropoli addossate alle rupi, bensì dalla natura montuosa, dai crinali, dalle gole, dagli anfratti del paesaggio fantastico di Petra. Il suo gusto pittorico si è risvegliato alla vista di povere vegetazioni magre, quasi desertiche, color sabbia, e dello sfolgorare della luce radente come lama scintillante le creste rocciose. Dopo tanta milizia grafica nella modulazione dei «logogrifi» che gli hanno procurato calorosi consensi in Italia, in Europa, nelle due Americhe e in Giappone, egli si è ritrovato il «pittore» dei suoi inizi artistici di molti anni fa. ed ha «dipinto» con nuova freschezza di sensazioni e con bella efficacia rappresentativa. La sua è una Petra spogliata dell'archeologia, della storia politica e militare, restituita allo spettrale ambiente naturale: scheggioni danteschi che vediamo nella sala a pianterreno alla «Davico» della Galleria Subalpina. Nella sala superiore Gribaudo ha collocato i suoi ultimi «logogrifi», nitide candide immagini che, profilando su fondi a graticci i contorni di fiori e di farfalle, ci sembrano indicare in questo artista di gusto astratteggiante, un inedito stimolo ad una figurazione di «realtà». * ★ E' ritornata a Torino, nella galleria «Marin», di via Lagrange I, Giorgina Lattes, torinese romanizzata, che in anni lontani fu una delle più promettenti allieve di Felice Casorati. Interessata in una delle più prestigiose gallerie di Roma, Giorgina Lattes potè fare per lunghi periodi esperienza diretta delle tendenze mondiali dell'arte contemporanea «di punta», ed il suo gusto, la sua sensibilità sono andati scaltrendosi particolarmente nella direzione del «nonfigurativo ». E tuttavia in queste sue ultime prove una certa «figuratività» riaffiora con vasti cieli appena soffusi di bianchi vapori — quasi teneri cieli di giovane estate, alla base dei quali, come piatta cornice, corrono frammenti di vaghe notazioni paesistiche. E' un contrappunto sottile, di 'affinata delicatezza, che stabilisce un accordo-contrasto tra un'aspirazione all'infinito e la terrestrità che lega i mortali al concreto. In questa dialettica ci par di avvertire una struggente angoscia ch'è poi la medesima che pervade gli artisti più avveduti di fronte all'attuale condizione umana. Giorgina Lattes l'ha indicata con sommari cenni, lasciando allo spettatore di trarne deduzioni personali. E' quanto può fare l'arte che non rappresenta, ma si limita a suggerire: una discrezione forse eccessiva in una civiltà che affonda come la nostra. Ma facendo un passo indietro ci piace ricordare il motto di Fontanesi: «Il finito altro non è che l'infinito». mar. ber. Concerto del Circolo Toscanini — Stasera alle 21.15 nell'Auditorio A della Rai, in via Verdi 31, il Circolo Toscanini terrà un concerto interamente dedicato a musiche di René Leibowitz. Saranno eseguiti il Kammerkonzert op. 10, i Motivs op. 74, la Chanson Dada op. 76 e la Suite per nove strumenti op. 81, tutte prime esecuzioni in Italia. 100.000 km. dall'Alasca alla Terra del Fuoco — Per conto del Land Rover Club d'Italia, stasera alle 21.30 nella Sala dei Cinquecento dell'Unione Industriale. Nino Cirani ripresenterà la sintesi fotografica dei suoi « 100.000 chilometri dall'Alaska alla Terra del Fuoco ».
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