Così "incontrai,, Majorana di Lorenzo Mondo

Così "incontrai,, Majorana PARLANDO CON SCIASCIA DEL FISICO E ALTRE COSE Così "incontrai,, Majorana Lo scrittore fa per la prima volta il nome del convento dove sarebbe fuggito lo scienziato: la certosa di Serra San Bruno (Dal nostro inviato speciale) Racalmuto, ottobre. Bisogna prendere la strada di scorrimento veloce Agrigento-Caltanissetta. . Si comincia con l'appiattirsi dentro l'auto per vedere soltanto, profilati sul crinale, i templi greci, per cancellare lo sfondo empio di grattacieli e alveari. Si continua per una ventina di chilometri, piena la mente di quelle colonne e di quei rocchi, dorati come la terra, uniti alla natura — si direbbe — da una comune cospirazione e difesa. Poi, lungo una «trazzera», si arriva alla casa di campagna di Leonardo Sciascia, alta sulle vigne gravide, sulle stoppie rivoltate, sui pascoli secchi. Il silenzio è assoluto. Sciascia appare disteso e perfino allegro, lontano dall'immagine, che lui stesso ha accreditato, del siciliano introverso ed « eretico », di poche asciutte parole. Si discorre inevitabilmente di Ettore Majorana, il fisico scomparso oscuramente nel 1938, che è protagonista dell'ultimo racconto di Sciascia: dove, nei modi che più sono congeniali allo scrittore, l'aderenza cronistica dell'avvio sfocia nell'inchiesta filosofico-morale. La figura di Majorana ha un sicuro rilievo; a 37 anni dalla morte (del resto soltanto ipotetica) egli vive nel ricordo dei familiari, e nelle passioni dell'ambiente scientifico che frequentò, s'inserisce nel dibattito ricorrente sulle responsabilità nucleari. A Sciascia venne in mente d'occuparsi di Majorana, di fargli posto tra le sue storie siciliane, quattro o cinque anni fa, sulla base di un'intervista rilasciata da Erasmo Recami. E' un professore di fisica dell'Università di Catania che studia i manoscritti inediti di Ettore per incarico del Consiglio nazionale delle ricerche. Recami lo mise in rapporto con Maria Majorana, la sorella superstite dello scienziato: i documenti — lettere, appunti, testimonianze di amici — sui quali la singolare scomparsa gettava una forte luce di ambiguità, furono un grosso regalo per la j disposizione investigatrice e raziocinante di Sciascia. Nei lettori del suo racconto (che presto sarà raccolto in volume dall'editotore Einaudi) resta però insoddisfatta la curiosità sulle conclusioni. Si sospetta Iii j che, dopo avere smontato la tesi del suicidio. Sciascia abbia imboccato, come dire, una « scorciatoia » poetica. « No — dice — sono convinto che sia andata così come ho scritto, che Majorana si sia ritirato in un convento». E' disposto anche, per la prima volta, a fare il nome della certosa in cui Majorana avrebbe sepolto la sua angoscia per il terrificante potere, appena intravisto, di «una manciata di atomi». Si tratta della certosa di Serra San Bruno, in Calabria, provincia dì Catanzaro. Sciascia c'è stato davvero: ha visto i boschi verdissimi che la circondano e i resti del portico secentesco scampato al terremoto del 1783, ha indugiato nel piccolo cimitero con i trenta tumuli e le trenta croci nere senza nome. Lo ha accompagnato proprio un vecchio, enigmatico frate straniero dallo « sguardo chiaro in cui trascorrono diffidenza e ironia». Ma quali prove ci sono che I di là passò Majorana, che il i suo corpo riposa nella nuda i terra, avvolto nel saio bian¬ co dei seguaci di San Brunone? « Nessuna prova, se non il ricordo del giornalista Vittorio Nisticò». E' un amico di Sciascia, subito dopo la guerra visitò la certosa e apprese da un « fratello » che là dentro si trovava « un grande scienziato ». Successivamente si disse che a Serra San Bruno era passato, inseguito dalle sue furie, il colonnello Paul W. Tibbets, l'uomo che il 6 agosto 1945 guidò la missione dell'Eriola Gay su Hiroshima. Quest'ultima storia i certosini, e particolarmente il nuovo priore Dom Anquez, l'hanno smentita più volte, ma continua a sedurre, a muovere visitatori anche da lontano. Per Sciascia questo strano accostamento, preparato dal destino o forse dalla leggenda, tra il primo uomo che diede la « morte per atomo » e un altro che se ne ritrasse inorridito, ebbe il valore di una folgorazione. « Anche se la storia non fosse vera e la certosa di Serra San Bruno non c'entrasse — spiega — l'identificazione da me proposta avrebbe una sua veri¬ tà ». E non si può che dargli ragione, ricordando il colpo d'ala delle sue ultime pagine. Non vale opporgli, d'altronde, quello che pensano i parenti di Majorana. La madre di Ettore, morta tre anni fa a 91 anni, contìnua- I ! i I fino a lasciargli una parte dell'eredità; ma a tutti gli altri il suicidio appare la spiegazione più plausibile. Sciascia non si sgomenta: « Certo è curioso l'atteggiamento della famiglia nei riguardi di Majorana... ». Come se vedessero in lui qualcosa di imperdonabile? « Hanno il culto dell'Università, mentre lui ci andò per caso. Fu l'Università, credo, che maturò la sua decisione di scomparire. Li doveva "fare", mentre Ettore non voleva fare più niente». Quasi imbastisce, nella risposta, un altro capitolo. Evidentemente Majorana continua a « lavorare » dentro lo scrittore, eroe deputato di una di quelle storie di Sicilia. dense di ambiguità pirandel liane, che lo affascinano da sempre. Oltre a quelle già scritte, Sciascia ne ha in serbo parecchie, stanate da una passione illuministica che — invece di liberarsene con una alzata di spalle, con qualche bella irriverenza — è attratta dalle zone buie della co scienza, dalle ramificazioni dell'irrazionale o di quello die tale ci appare. Parla di Caltagirone, una città controriformista di chiese, palazzi e strade erte: «Due volte fui sul punto di scrivere un libro sui "fatti di Caltagirone": un eccidio di presunti giacobini. E' una vicenda da raccontare con molta malizia perché quella è anche la capitale della de». Di Caltagirone era don Sturzo, che riposa in un avello severo nella chiesa del Rosario: in piazza, davanti all'ex carcere borbonico, sorge una fontana con allegorie muliebri dedicata al concittadino Mario Sceiba; manca un monumento al solo Silvio Milazzo. « Due volte ne fui stornato. Prima dal romanzo Il Consiglio d'Egitto, poi dalla storia beffarda della città fantasma di Mussolinia, che sarebbe dovuta sorgere, appunto, nel territorio di Caltagirone e che il duce vide solo in fotografia. Il tutto si ridusse appena a un racconto ». Sciascia conosce a fondo gli archivi dell'isola, ma cerca anche la compagnia e la confidenza di uomini che ricordano. Da tempo gira col pensiero intorno alla figura di Antonio Canepa. un intellettuale che negli Anni Trenta cospirò per far insorgere San Marino e proclamarvi una repubblica antifascista. Poi. fu il ritorno all'ordine, ma. scoppiata la guerra, Canepa appartenne all'Intelligence Service e militò contemporaneamente nel separatismo siciliano, nell'ala pro-comunista. Morì nel 1945 in un conflitto con i carabinieri. Vecchie storie, vecchie suggestioni, alle quali forse tornerà. Adesso sta scrivendo un saggio su Stendhal e la Sicilia: un autore molto ama to colto, ancora una volta, in una situazione di «giallo», va a credere che fosse vivo, i psicologico e morale. Stendhal, l'amabile bugiardo, al- ferma per tre volte nella sua opera di essere stato in Sicilia, traendone osservazioni e giudizi: invece, nell'isola non ci fu mai. Indagare le cause di questa « bugia » è per Sciascia non solo un esercizio dell'intelligenza, ma una ripresa del discorso sulla « sicilitudine », sull'alterità reale o emblematica della Stalla nazione cilia rispetto | italiana. | Dall'autore de II rosso e il | nero è fin tropio facile pas- i sare all'educazione illumini- I stica dì Sciascia: Voltaire, ! Diderot; ma in lui c'è anche i altro, se ne sono accorti I perfino i gesuiti della Civiltà cattolica che nell'ultimo numero della rivista, stuzzicati da una parafrasi ignaziana, dedicano a Todo modo una recensione agrodolce. i « Certo — ammette Sciascia con un sorriso mitissimo Pascal mi affascina, è l'altra parte, l'altra faccia della realtà che mi interessa ». Ma lascia intendere che gradirebbe essere collocato in un ambito di predilezioni meno abusate, meno evidenti; « Manzoni è per me un amore inalterato, il genere di saggio-racconto rappresentato dalla Storia della Colonna. Infame ha avuto il suo peso sul mio modo di scrivere, sulle mie scelte di scrittore». Su un altro versante, di letteratura visionaria piuttosto che civile — ci tiene a dichiararlo di fronte a recen¬ ti infatuazioni — è « lettore accanito e fedele di Savinio, scoperto nel 1937 sull'Ommbus di Leo Longanesi ». Una breve storia del romanzo poliziesco, pubblicata su Epoca, sta lì a dimostrare frequentazioni più distensive: « Si, amo Simenon, che è un po' a parte; devo dire che anche Agata Christie la leggo sempre volentieri ». C'è un altro aspetto di Sciascia, quello di uno scrittore sceso in campo a fare politica attiva. Si è presentato come indipendente di sinistra nelle liste del pei ed è stato eletto consigliere comunale a Palermo, accanto a Gutiuso. Lamenta che le cose sì muovano con troppa lentezza, non nell'immobile Palermo, ma nel Parlamento regionale dove pure l'influenza dell'opposizione, nelle decisioni importanti, comincia a farsi sentire. Sulla crisi del Paese non ha esitazioni: « A questo punto, solo il pei rappresenta qualcosa, senza i comunisti questa baracca non si raddrizza ». Dal profondo Sud della sua Sicilia non riesce a vedere soluzioni più sfumate, giudica astratto il « compromesso storico », probabilmente lo teme: « E' un discorso teorico che consente al pei di gestire la pratica con una certa libertà; serve a " coprire " una certa politica, a giustificare un esercizio di libertà dei comunisti italiani davanti agli altri partiti comunisti. Nella costituzione dei poteri locali, basati su nuove giunte di sinistra, il compromesso storico si rivela appunto per quel che è, una teoria... ». Ritiene che nei prossimi due anni la posizione del pei si farà difficile e pericolosa, non solo per le scelte politiche, « ma anche in maniera fisica e tangibile ». Per questo respinge le ironie sugli intellettuali che, dopo il 15 giugno, si sarebbero precipitati, con tempismo tipicamente italiano, sul carro dei presunti vincitori. Per lui, almeno, non valgono. « Proprio pensando ai rischi della situazione — dice — ho sentito il dovere di impegnarmi, di espormi ». Tra pochi giorni lascerà la campagna per Palermo. La rentrée politica lo vedrà assiduo sui banchi del Consiglio comunale. Lorenzo Mondo Lo scrittore Leonardo Sciascia, a sinistra, riconosciuto e sorpreso da un fotografo alla certosa di Serra San Bruno