Fine d'un mondo? di Luigi Firpo

Fine d'un mondo? IL "PROCESSO,, AL CONSUMISMO Fine d'un mondo? L'articolo di Luigi Firpo pubblicato su queste colonne il 27 settembre scorso e intitolato « Il processo al consumismo - Risposta a Paso-1 lini» mi è parso un articolo] importantissimo, drammatico e finale: oltre, forse, le intenzioni dello stesso autore. Ma capita sovente così. Una scoperta è collegata a una combinazione. Una verità che si affermi per caso è a volte più valida di una verità che si proclami per sistema. Ed è proprio secondo questa medesima regola della casualità che ogni autentica grandezza, come disse Thomas Mann a proposito di Tolstoi, discende da una grandezza più grande e assume, quindi, un'aria sbadata, la grazia inimitabile di un incontro fortuito. Non ho la fortuna di conoscere personalmente Luigi Firpo, ma lo ammiro, e forse sarei più soddisfatto se, invece di buttare giù queste righe scritte sotto l'impressione che mi ha fatto il suo articolo, potessi parlare a lungo con lui. * ★ Vorrei, per cominciare, chiedergli di chiarirmi il suo concetto di consumismo. Infatti, sebbene io creda di concordare con le sue idee in generale o, piuttosto, mi senta attratto dall'impegno morale che le sue idee sottintendono, mi tormenta una contraddizione che scorgo (o che mi pare di scorgere) nel suo testo: tra due passaggi a poche righe l'uno dall'altro. « Il circolo vizioso del consumismo... oggi può essere superato soltanto in virtù di una rieducazione di massa, cioè attraverso una tirannia moralistica che abbia prestigio e forza bastanti a instaurare un nuovo monachesimo sociale. Per rieducare ai consumi buoni... bisogna reprimere radicalmente i consumi in genere, rendere coattiva la uniformità, diffondere una povertà di Stato austera e idealistica, imporre una dittatura del Bene (presunto), in una parola: incatenare la libertà. « Ma se gli italiani capissero questo, non so quanti sarebbero disposti a pagarne il prezzo fino in fondo. Quel giorno, un'ipotetica elezione darebbe al partito comunista soltanto qualche migliaio di voti (compreso il mio, magari) e tutti gli altri voterebbero per la motoretta, il frigobar, i ponti lunghi, le settimane corte, gli aperitivi, i digestivi, i lassativi, i censori permissivi, i porno-western distensivi, i falsi agonismi sportivi, gli stracci decorativi, gli ebetismi televisivi: tutto ciò, in una parola, che nutre l'illusione di esistere delle anime morte. « Quando vedo il volto di Berlinguer, così giovanile e pur tanto segnato, così triste nel profondo, d'una tristezza che non è solo quella lunga e chiusa della sua Sardegna, penso che soprattutto questo 10 accori: l'idea di dover educare al comunismo un popolo godereccio e anarcoide anche più di quello della Georgia, che pur tanto fa penare gli uomini di Mosca... ». Dunque, per rieducare ai consumi buoni, bisognerebbe, secondo Firpo, reprimere i consumi in genere, rendere coattiva l'uniformità... incatenare la libertà. Senonché (ecco la contraddizione) i nostri consumi in genere sono già repressi perché prestabiliti, perché obbligati dalla propaganda pubblicitaria; la loro uniformità è già coattiva; la nostra libertà è già incatenata. Lo dimostra l'elenco stesso che Firpo redige (motoretta, frigo-bar, ponti lunghi, ecc.): non si può immaginare una uniformità più coattiva e più repressiva (repressiva di tutto il resto, di tutto ciò che vi si oppone). Il sistema pubblicitario e consumistico in cui 11 mondo occidentale pare che si stia corrompendo e disintegrando è un sistema apparentemente liberistico ma in realtà terribilmente coercitivo. Non si può più bere vino genuino (neanche i ricchi sanno più che cosa sia il vino genuino) perché grandissima parte del vino che si commercia è stabilizzato, cioè filtrato, refrigerato, pastorizzato. Non si può più farsi fare la barba dal barbiere con un vero rasoio a lama libera, l'unico che davvero liberi dalla barba, perché gli stessi barbieri usano la lametta e tengono chiuso per due interi giorni ogni settimana. Non si può più respirare aria pura in molte città e neanche in cittadine o villaggi se sono in prossimità di raffinerie. Installazio- j I ni industriali, il traffico, i consumi, i costumi, gli usi obbligano ogni giorno più gli individui a sottostare a una vita sbagliata, disagiata, poco igienica, minacciano l'intasa e o a i a e , i ù e e - mento, la paralisi. Rimando a Illich per la colossale truffa dell'organizzazione ospedaliera e medica, negli Stati Uniti come in Europa. La libertà, dunque, consisterebbe non già in una maggiore e più coattiva uniformità, come dice Firpo, ma, al contrario, nella diversificazione, nella rigorosa autonomia, nell'individualismo più spinto. Capisco benissimo che questa mia aspirazione ha dell'utopico: perche il massimo problema dell'umanità oggi è appunto quello della crescita della popolazione. Un padre che ha molti figli dà da mangiare a tutti Io stesso cibo e li veste tutti dallo stesso sarto. D'altra parte, se la soluzione che Firpo sembra indicare è, lo dice, un monachesimo sociale, resto perplesso e atterrito. Sono stato in Urss: i georgiani individualisti e anarcoidi erano i soli con cui andavo d'accordo, simpaticissimi, i più vivi cittadini dell'Unione: i più aperti al resto del mondo. Può darsi che Firpo abbia ragione: che soltanto il crollo delle vecchie élites, e che soltanto la formazione di nuove élites severe, austere, moralistiche sia in grado, proponendosi come esempio alle masse, di salvare la nostra civiltà dalla crescente fermentazione e dalla definitiva putrefazione in cui degenererà il consumismo industriale. Ma, se così sarà, non mi rimane che augurare ai miei figli una putrefazione più lenta possibile, ma sempre preferibile alla dittatura del Bene, prej sunto o non presunto, e al I monachesimo sociale, espressione tremenda: augurare, sì, piuttosto, il lunghissimo, estenuante tramonto di una civiltà ormai corrotta senza rimedio perché da troppo tempo grande, calda e luminosa. Che il viso di Berlinguer, così bene acchiappato da Firpo, sia, né più né meno, « le visage morne et antipathique de la vertu » è sfortunatamente chiarissimo. Ma Firpo, lui, non mi sembra un virtuista. E la definizione che Proust dà dell'aspetto della virtù si attaglia, sfortunatamente, anche agli ipocriti: finisce per insospettire, soprattutto quando si tratti non di religione ma di politica. Infine, tra le persone che ho conosciuto, le meno lontane dalla santità o le più vicine alla santità erano immancabilmente e serenamente ilari! Perplesso e atterrito. Alla sfrenatezza dei consumi e alla fatale permissività in cui ci trascina il consumismo, dobbiamo aggiungere, last but not least, la morte di ogni religione. Ma proprio di qui, forse, dal fondo di questa disperazione si può intravvedere una speranza: come quando, superato il centro più oscuro di un tunnel, scorgiamo, laggiù, l'intenerimento della nerezza in un grigiore. * * Nella violenza criminale oggi dilagante e trionfante, assistiamo ogni giorno più a una serie di azioni illogiche, vediamo venir fuori un elemento irrazionale su cui non si è ancora riflettuto abbastanza. Non è solo per procurarsi denaro che questi sciagurati compiono i loro delitti. Come è apparso dalle cronache del sequestro di Cristina Mazzotti, la crudeltà inutile con cut molte volte coloro agiscono prova che le loro azioni non sono soltanto utilitarie, non sono soltanto logiche. L'orrendo massacro di questa settimana, l'atroce orgia della villa del Circeo è una nefandezza completamente assurda. Non solo; ma sia nel caso del Circeo sia in tutti gli altri casi, utilitari o no, vediamo che ferocia e follia finiscono fatalmente con l'esporre i colpevoli a un rischio maggiore di venire scoperti. Dunque essi fanno il male per fare il male. Dunque essi sanno che cos'è il male e lo cercano, lo vogliono. Ma, sapere che cos'è il male non equivale a sapere che cos'è il bene? E se facessero il male per odio al bene? Non credono più a un Dio, non credono più a niente. Ma, se sanno dov'è il male, sanno anche dov'è il bene. Fuggono in una direzione contraria, ma, appunto, contraria a un'altra e ben nota direzione. Moralmente meno orribili dei delitti dei sequestratori di persone, ma psicologicamente simili sono anche i delitti del pugnalatore di Rembrandt ad Amsterdam e dello sfregiatore dell'Ariosto alla televisione o in teatro. Meno efferato di tutti, questo Ronconi: ma solo perché il Furioso non è un unicum come la Ronda di Notte. Sia detto per inciso: in ciò consiste la superiorità, sulle arti plastiche, della letteratura e della musica, che sono riproducibili all'infinito e nei secoli, libere dalla materia. Ma se la musica di Palestrina (faccio il primo paragone che mi viene in mente) assomiglia alla pittura di Michelangelo, vuol dire che il senso della musica non è nella musica, e che il senso della pittura non è nella pittura. Dov'è? Nella forma delle forme. In qualcosa che è astratto ed eterno: fuori dal tempo (musica) e fuori dallo spazio (pittura). Dove sia, in che consista, non si sa: ma si sa che esiste. * ★ Ed è proprio questa estrema, insopprimibile consapevolezza umana, a cui i disperati, gli increduli, i criminali, i guasti dal consumismo sentono, oggi, di non poter sfuggire, è proprio questa estrema consapevolezza nell'odio del Bello come del Bene che determina le loro azioni illogiche e che, intendiamoci, non attenua la loro colpa, anzi la aggrava: ma che, grazie alla sua stessa natura diabolica, allude a una speranza: come un cerchio che sta per chiudersi. In una novella di Graham Greene, « The hint of an explanation », si narra di un disgraziato ubriacone che si ostina a violare i tabernacoli e a sputare sull'ostia consacrata. Nell'analisi scientifica del consumismo, alla quale Firpo esorta Pasolini, bisogna appunto tenere conto di questo elemento illogico che il consumismo contiene se, insoddisfatto di tutti i consumi o privato di tutti i consumi, precipita fatalmente nella ferocia, nella crudeltà, nel male per il male. Alcuni diranno che è un ragionamento paradossale, altri che è un ragionamento ovvio. Ma non abbiamo altra luce, in fondo al tunnel. E chissà che io stesso, in Firpo e in Berlinguer, non odi un po' il bene. Mario Soldati

Luoghi citati: Amsterdam, Europa, Georgia, Mosca, Sardegna, Stati Uniti, Urss