Il direttore dell'Aem crede nel futuro della sua azienda

Il direttore dell'Aem crede nel futuro della sua azienda Gli uomini da cui dipende la vita della città Il direttore dell'Aem crede nel futuro della sua azienda La municipalizzata (280 mila utenti, 9 centrali, nel '74 fatturato di 25 miliardi) contraltare dell'Enel ha tuttora una sua funzione ma sarebbe auspicabile una società ■ "Arrivare a un coordinamento, affidato all'ente locale, dei vari tipi d'energia" Energia elettrica, lusso obbligatorio. Dietro le bollette sempre più salate, i sovrapprezzi termici, i conguagli fiscali, le tariffe differenziate, a Torino ci sono due aziende: l'Enel, l'ente di Stato, e l'Azienda elettrica municipale, nata quasi 70 anni fa con la legge Giolitti sulla municipalizzazione dei servizi pubblici. Duecentottantamila utenti, nove grandi centrali, 3300 chilometri di cavo, un miliardo e mezzo di chilowattore prodotti ogni anno; un fatturato di 25 miliardi nel '74; 1400 dipendenti. Questa la carta d'identità dell'Aem. A capo di questa complessa macchina, vitale per la città (e la cui alienazione all'Enel è un problema riaperto di recente, destinato a suscitare un mare di dubbi e di polemiche), c'è l'ingegner Guido Bonicelli, 56 anni, da 33 in azienda, direttore generale dal 1967. Torinese, Bonicelli si è laureato prima in ingegneria elettrotecnica, poi in Ingegneria idraulica. Perché due lauree? «A quei tempi — risponde — gli impianti erano essenzialmente idroelettrici, le due discipline si completavano a vicenda». Il suo primo incarico fu l'esercizio delle centrali, seguì la segreteria tecnica; quindi passò direttore delle costruzioni idrauliche e delle dighe. L'ultimo impianto della Valle Orco, dove l'Aem ha 5 centrali con 6 digh», è opera sua. Un lavoro appassionante, dice Bonicelli: «Ancora oggi, dopo tanti anni di lavoro, pur potendo andare in pensione, mi sento attratto». Che cosa è cambiato nell'Aem dal '42, quando è stato assunto, ad oggi? «Il mondo intero, l'Italia, Torino, il modo di dirigere l'azienda, la libertà di manovra di chi è investito di certe funzioni: si è più condizionati da tante forze convergenti. L'energia prodotta si è quadruplicata, i dipendenti raddoppiati. E c'è staio il grosso evento della nazionalizzazione della Sip». A proposito, una domanda che interessa il profano, sempre stupito di fronte al fenomeno prettamente italiano dello sdoppiamento di molti servizi. Perché vi sono due aziende che forniscono energia elettrica? Non sarebbe più logico averne una sola? Il «dualismo» non porta soltanto a inutili sprechi di denaro, a disguidi? «Il servizio municipalizzato — dice Bonicelli — era nato perché vi /ossero aziende pubbliche che facessero da calmiere all'iniziativa privata. All'epoca della nazionalizzazione, nel '62, gli enti locali rivendicarono una certa autonomia, come di fronte ad una sconfitta. Il sistema politico italiano, del resto, stava andando verso il decentramento. In orìgine aziende pubbliche e private erano realmente in concorrenza, si offriva il centesimo in meno. Poi, intorno al '30, si giunse ad un accordo per le tariffe». Oggi, nel centro cittadino, il servizio è «misto», in periferia Enel e Aem si sono divise zone più vaste. Inoltre, l'Enel ha una preponderanza di utenza industriale, l'Aem fornisce tutti i servizi pubblici: scuole, caserme, ospedali, acquedotto, Atm, aeroporto, illuminazione stradale. Torniamo al problema: che senso hanno due aziende? «Secondo me lo sdoppiamento porta inconvenienti, e comunque non grandi vantaggi. Ma sotto un altro aspetto non credo alla fine della funzione dell'Aem: ad esempio, una ripartizione più logica territoriale delle forniture, come avviene a Brescia, a Parma, a Modena: la città all'azienda municipale, il resto all'Enel. Il problema dell'energia ha mille facce: elettricità, gas, petrolio, carbone. A casa, ognuno dì noi riceve vari tipi di energia. In una prospettiva futura, forse un po' utopistica, occorrerebbe arrivare ad un coordinamento affidato all'ente locale. Si giungerebbe ad un migliore sfruttamento delle strutture: certi impianti dell'acquedotto potrebbero produrre elettricità, l'energia residua di una centrale potrebbe essere utilizzata per il riscaldamento centralizzato, come avviene già nei Paesi d'oltre cortina. Si dovrebbe arrivare ad un'azienda "multipla"». Parliamo del prezzo dell'elet¬ tricità. « Se oggi costa cara — afferma Bonicelli — è colpa soltanto della crisi energetica. Abbiamo un 50 per cento di centrali termoelettriche, fino a due anni fa pagavamo la nafta 12 o 13 lire il chilo, oggi la paghiamo 50 lire. Ma il prezzo mi pare livellato con le altre forme di energia, solo il gas è lievemente più economico. Se il mercato fosse libero, si giungerebbe ad un livellamento completo, un tanto per caloria ». Sino al '73 il bilancio dell'Aem è stato in pareggio formale, con un utile di circa due miliardi e o e e n m n i che veniva versato al Comune sotto forma di interesse sul capitale. Lo scorso anno l'ammontare dell'utile si è trasformato in deficit; per il '75 era previsto il pareggio, ma c'è stato un forte calo di prelievi nell'utenza industriale. Vi saranno rincari di tariffa all'infinito? «Io credo al prezzu di mercato. Il prezzo politico crea un deficit che sposta soltanto il problema: il cittadino paga ugualmente. Il prezzo politico rischia di deformare la realtà ». In questo caso c'è anche il rischio di vedersi costretti a tor¬ nare alle candele, ai lumi ad acetilene. Qual è, secondo lei, il futuro dell'elettricità? « Io vedo un buon futuro, i consumi dovrebbero aumentare, anche se non come un tempo. Se non fosse così, sarebbe il crollo totale. In futuro, anzi, si dovrà ricorrere maggiormente all'energia elettrica per motivi ecologici. Regredire da certi usi elettrici oggi vuol dire aumentare l'inquinamento. La percentuale di energìa elettrica sull'energia totale è sempre cresciuta dall'inizio del secolo ». Pensate ad altre fonti? « Si guarda di nuovo agli impianti idroelettrici, c'è un maggior ricorso al gas naturale. Per l'impianto di Moncalieri si sta facendo l'allacciamento alla rete di metanodotti. Altre fonti — il sole, il vento, le maree — sono molto limitate, la grossa centrale solare è ancora lontana. Come risolverebbe il problema se l'azienda fosse sua? « Cercherei di tornare all'idroelettrica. Tenterei di realizzare l'azienda "multipla", o almeno un certo coordinamento che oggi non esiste. Sul piano aziendale, farei il possibile per ritornare ad una situazione attiva ». Lei è un manager della vecchia scuola: quali sono i suoi criteri direttivi? « Ho sempre creduto nel rapporto umano, nella convinzione piuttosto che nella costrizione. Penso di poter vantare rapporti di amicizia con il personale. Credo nel discorso sereno e aperto con le organizzazioni sindacali. Questo mantenendo la necessaria carica di autorità e prestigio». A parte il lavoro, quali sono I suoi interessi? « Conoscere, cercare di comprendere nei limiti del possibile. Quindi viaggiare, non stando al bar dell'albergo ma cercando II contatto con la gente, osservare la natura, leggere. L'hobby più bello è quello che più amplia l'orizzonte ». Mario Varca

Persone citate: Bonicelli, Giolitti, Guido Bonicelli, Mario Varca

Luoghi citati: Brescia, Italia, Modena, Moncalieri, Parma, Torino