Viaggio nella dc di Stefano Reggiani

Viaggio nella dc UN "QUIZ,, CULTURALE Viaggio nella dc Se uno parte per un viaggio nella de, lungo le province dove la de non ha perduto troppo potere, deve avere un obbiettivo o un cruccio iniziali. Se è un viaggiatore impolitico, nel senso che usava Thomas Mann, questa spinta gli verrà dalla gente piuttosto che dagli uomini di partito, dal mutamento di una situazione culturale piuttosto che dallo sconcerto di un regime. Dopo il 15 giugno s'è capito che la barriera di indifferenza e cinismo tra chi governa e chi è governato s'era infranta di colpo, chiamando un'onda di partecipazione al dibattito. C'è stato subito un gran discutere, un'euforia di confronto: l'interesse, nato sui giornali più attenti, per i meccanismi e gli episodi della vita politica italiana era maturato in una richiesta brusca di cambiamento. E' un dibattito appena cominciato, che non concede franchigie, e coinvolge con i partiti la cultura e il costume. Anche in chi era lontano cento miglia dalla de, la crisi del regime ha posto domande dirette. Il pei col suo forte incremento elettorale è il protagonista obbligato; ma l'interprete del 15 giugno è la de. Dalle zone bianche può venire un'indicazione a chi vuole rifondare il partito? L'interrogativo di partenza era ancora più largo e « impolitico »: che ruolo può avere da ora in avanti la de in Italia? Che parole scambieremo con il suo elettorato per non caricarlo pregiudizialmente degli errori del partito? Soprattutto (ed era, confesso, la mia curiosità personale) chi amministrerà il moderatismo italiano? Ancora la de? O, per annessione d'ordine e di robustezza agerarchica, il pei? Queste considerazioni dopo il viaggio (nel Cuneese, in Lucchesia, nel Veneto, nel Molise, nel Salento) sembrano offrire, quanto alla gente, un ritratto sociologico abbastanza omogeneo. Si vota ancora in maggioranza de dove prevale la filosofia contadina o dove la città terziaria lega guadagni e salari all'ente locale e alla pubblica amministrazione. Nel contadino l'adesione alla de è profonda, in qualche modo metafisica, vi hanno peso la religione e l'attaccamento alla piccola proprietà, la diffidenza contro le rivoluzioni e le parole. Nel cittadino il voto de è interessato e clientelare, meno profondo; ma certo chi in buona fede crede di conservare una piega dei valori passati e teme la religione del dissenso dà alla de anche un'adesione « ideologica », forse la sola teorizzabile politicamente. Curioso e impolitico, spesso ironico e dubbioso sul ruolo e sui privilegi dell'osservatore, ho fatto questo rapido viaggio nella de come chi scorra un grande continente sconosciuto, ma ricco di belve familiari. Soltanto un'alterigia aristocratica, una spocchia irritata possono indurre a confondere la de con la sua base popolare, i capi storici e i maneggioni provinciali con la realtà dell'elettorato. Anche la proposta comunista del compromesso storico, giudicata impraticabile o lontana, consiste in una petizione di principio: i cambiamenti di una società, ove accadano nella formula democratica, nascono in una dialettica fra progressisti e moderati, in un consenso «storico» al mutamento o, almeno, alle riforme. « La base è sana, disponibile a un serio discorso riformista » diceva nel Veneto l'avvocato Gozzi, uno dei de più sinceri e autentici che abbiamo incontrato. Tuttavia ammetteva che c'è troppa distanza ormai tra de legale e de reale, e che il partito è diverso perfino dai suoi capi storici, contestati ed erranti. Si dice nel Veneto che per arroganza la de ha perso anche il suo sense of Rumor. * ★ Cos'è questa arroganza del potere, intesa come la piaga più sanguinante della de, quando si passa dal centro alla periferia? Non è soltanto il piccolo sottogoverno locale, la possibilità di trattenere i voti con la clientela: questo difetto sembra strutturalmente legato alla debolezza economica dei cittadini, alla difficoltà di trovare lavoro, alla convinzione che in un modo o nell'altro essere amici degli amici frutti qualcosa. L'arroganza è un difetto della vista, una miopia sugli sviluppi politici, una ignoranza sulla capacità di riscatto e di punizione del metodo democratico. Ed è anche un difetto che viene dal lontano. In Veneto dicevano: « Dopo la guerra i cattolici sono entrati ndsl nella politica con la tentazione di considerarla un mandalo esclusivo, una egemonia naturale seguita alla vittoria della società clericale su c/nella liberale ». Il resto (ma quanto era, questo resto!) stava fuori dei confini: soprattutto la cultura, lasciata per supremazia ideale allo storicismo marxista o alle frange dell'illuminismo liberale. La de ha lavorato per anni nelle sue stanze dei bottoni, senza vedere fuori delle finestre una società che cresceva diversa e una cultura che cercava di interpretarla, anche con equivoci e presunzioni. Adesso, girando per le province bianche, troviamo i democristiani, anche quelli «vincitori», tutti presi da questa scoperta culturale, pieni di mea culpa, di distinzioni, di autocritiche. Chissà se fanno sul serio. Non so, ma certo avvertono i tempi; soprattutto sentono con dolore e colpa la distanza dei giovani. Il movimento giovanile della de è ormai inesistente, dove c'è (e giustamente battagliero) viene messo alla porta, tenuto in quarantena, punito e umiliato. Ai giovani fino a ieri si offriva, a lunga scadenza, un posto e una carriera politica. Non basta più. La distruzione dell'Azione | Cattolica è stata per la de una i perdita più forte e grave di quanto essa abbia inteso. Dal- ; a Fuci, dagli uomini cattolici i venivano dirigenti zelanti, con qualche spolverata ideologica, con una fede magari integralista ma piena delle astuzie e delle macerazioni di un dibattito fatto sui filosofi (Maritain) e sulla cosiddetta dottrina sociale della chiesa (Toniolo, anche Dossetti). Il potere ha cancellato le lunghe discussioni « oziose » sulla filosofia, e il partito ha finito per identificarsi alla periferia, con i ceti meno aperti, con gli interessi più grevi e immediati. Può darsi, come dicono nel Cuneese e nel Veneto, come affermano sogghignando in Lucchesia, come non dicono in Molise e Salento, che ci sia una de parallela alla prima, una de buona di fronte a una de colpevole. Ma, perbacco, dove si è nascosta? La verità è che la tendenza alla rottura, tra « destra » e « sinistra » è sempre più forte. Tanti morotei, basisti, forzanovisti di provincia si augurano che tutti i conservatori e i reazionari confluiscano in una loro de ultramoderata e non si sgomentano al pensiero di restare un partito più piccolo del psi. La spaccatura appare probabile se teniamo d'occhio i nuovi ideologi cattolici, i preti e i ragazzi di Comunione e Liberazione, i quali sono eredi dell'integralismo e di una polemica sociale patcrnalistico-populistica. Essi hanno almeno dalla loro uno slancio fideistico, una intolleranza alle mezze misure, un contenuto emotivo che rassicura e cementa l'azione. Dove condurrà la forza di CL? A un nuovo partito popolare, come si augurano, col ministro Sarti, i de di Cuneo? O a un'alleanza sanfedista? Poiché CL è anche un integralismo antiborghese c'è chi pensa che il movimento cercherà di stare a sinistra, dentro il compromesso storico. Per mio conto, sono troppo distratto e con.emp1 itivo, lontano dall'esegesi democristiana (che chiede esperti di stretta applicazione) per dire dove andrà il partito. Ma il nostro viaggio non offre troppe spe ranze a chi crede in una rige ncrazione facile e rapida dal l'interno. Uno può dire: peg gio per loro, se la sono volu ta. Un altro: bene, finalmcn- te faremo i conti sulle idee e sui progetti politici piuttosto che sulle occasioni di potere. Ma altri lecitamente pensa che l'ipotetico squaglio, definitivo e veloce, della de dalla scena nazionale sia una frattura troppo brusca della dialettica democratica. E' un elettorato ancora di maggioranza che ci pesa sulla coscienza e ci tormenta; sono cittadini, sono compagni di lavoro che vogliono parlare e discutere. Dai domini della cultura e del costume, dove si stava così bene senza de e senza pensieri democristiani, si alza uno sbuffo di rabbia e di impazienza: proprio adesso che perde e viene punita, la de diventa un problema nazionale. Stefano Reggiani

Persone citate: Dossetti, Gozzi, Maritain, Rumor, Sarti, Thomas Mann

Luoghi citati: Italia, Molise, Salento, Veneto