Realismo di Aldo Rizzo

Realismo Realismo L'accordo italo-jugoslavo, clic il governo ha presentato alle Camere, è un atto di realismo quasi elementare e anzi troppo a lungo rinvialo. Si possono addurre almeno due ragioni. La prima è che la situazione di fallo della zona B, quale durava da più di vent'anni, eia immodificabile, a meno di non pensare all'ipotesi Tolle e stravagante di un confronto militare con la vicina Repubblica: la «provvisorietà» dell'amministrazione jugoslava era puramente teorica. L'altra ragione è che era necessario eliminare un motivo latente, e periodicamente acino, di tensione col governo di Belgrado, e invece riconoscere l'interesse italiano alla stabilità di uno Stalo come quello jugoslavo, esposto a pericoli separatistici e ad avverse influenze d'oidi- i ne internazionale. li memorandum di Londra del 1954. col quale si rinunciava al piogeno di un «territorio libero» di Trieste e s'istituivano due zone amministrative, una italiana e l'alila jugoslava, non rappresentò una sistemazione territoriale definitiva e formale, non statuì in tema di sovranità. Questo è vero. Però apparve ovvio fin d'allora che la spartizione di fallo avrebbe acquistato, presto o lardi, vesle giuridica. L'Italia nella Zona A e la Iugoslavia nella Zona B si sono comportate, in questo ventennio, coerentemente con quell'assunto tacilo. Se l'Italia ha protestalo a volle, non era per rimettere in discussione l'intesa di Londra, ma per respingere i tentativi jugoslavi di formalizzarla senza un negoziato globale sul contenzioso di frontiera. Questo negoziato alla fine si è svolto e si e concluso con successo Lo «sdegno nazionale», del quale pretendono di Tarsi interpreti i fascisti, è perciò, chiaramonte, un volgare pretesto polemico. Si potrebbe semmai rispondere che se l'Italia ha dovuto rinunciare alla Zona B e. prima ancora, a più cospicui territori istriani e dalmati, è a causa e in conseguenza della guerra assurda che il fascismo impose all'Italia. Certo, la rinuncia, ormai anche giuridica, è da molli punii di vista dolorosa, per migliaia di italiani profughi dalla Zona B è la fine della speranza, che però era solo illusione, di un ritorno nei luoghi d'origine. Ma le guerre perse si pagano, e 10 scollo italiano è in fondo minimo rispetto a quello, per esempio, tedesco. Ma c'è, dicevamo, un'altra ragione per credere che una soluzione definitiva della vertenza con Belgrado fosse ormai inevitabile e necessaria. Ed è che tutto ciò che può aiutare la Jugoslavia a conservare la sua slabilità e la sua identità, in quella vitale zona di cerniera tra il nostro Paese e il blocco sovietico, risponde a un preciso interesse politico italiano. La Iugoslavia è un Paese particolare, molte nazionalità tenute insieme da una struttura federale, che non sempre regge bene alla spinta degli interessi e delle emozioni particolari. C'è una questione croata, una questione macedone, una questione slovena, una questione albanese (il Kossovo). Quella macedone, in particolare, è acuta, anche perché dietro c'è la Bulgaria, e dietro la Bulgaria c'è l'Urss. La definizione della questione «italiana» attenua e riduce le preoccupazioni del potere centrale jugoslavo, anche perche cosliluisce un precedente incoraggiante per altre dispute più pericolose. Il grande timore è che l'uscita di scena dell'ullraottantenne maresciallo Tilo, simbolo e garante personale dell'unità degli «slavi del Sud», possa essere il segnale di un processo centrifugo, e che di tale processo possa approfittare l'Urss per rislabilire la sua influenza diretta sulla Repubblica adriatica c sul suo comunismo scismatico. Non e mancato in Italia, in questi anni, chi ha sostenuto che avremmo dovuto attendere 11 dopo-Tito per prendere parie anche noi alla divisione della torta. E questo è delirio, follia. L'interesse italiano e tutt'altro, è a incoraggiare l'unità jugoslava, la sopravvivenza di un grande Paese indipendente e non allineato ai nostri confini orientali. Naturalmente l'esito reale di quella che è, o che sarà la crisi jugoslava non dipende dall'Italia, la partita è assai più complessa. Ma il nostro atto di realismo, a Est di Trieste, è nella direzione giusta, giova a noi non meno che agli jugoslavi, giova a lutto il quadro europeo. Aldo Rizzo odcdteatlvrsprtdi—sgsdtsculgatnda

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