Sfida cattolica nelle Università di Carlo Falconi

Sfida cattolica nelle Università UN CENTENARIO IGNORATO Sfida cattolica nelle Università Esattamente un secolo fa, nell'autunno del 1875, cade l'inizio della storia moderna delle Università cattoliche. Nel giro di poche settimane, a Parigi prima, nei locali del seminario dei carmelitani fondato a suo tempo da monsignor Affre, il vescovo morto sulle barricate nel 1848, poi a Lione e a Lilla, in altre sedi più o meno improvvisate, vennero infatti aperti i tre primi « Istituti cattolici » di istruzione superiore a cui dovevano poi seguire, tra il '76 e il '77, i due altri di Angers e Tolosa: l'intero complesso, insomma, delle Università cattoliche francesi che è rimasto immutato sino ai nostri giorni. Contemporaneamente altre Università cattoliche incominciavano la loro attività in altre parti del mondo: a Beirut nel Libano, nel 1875, a Montreal, in Canada, nel 1876, a Detroit e a Pittsburg, negli Stati Uniti, rispettivamente nel 1877 e 1878, ecc. Fino al 1875, prescindendo dalle Università cattoliche romane, tutte specializzate del resto solo in discipline sacre, esistevano nel mondo appena nove Università cattoliche, due delle quali (quelle di Lovanio nel Belgio e di Manila nelle Filippine) vecchie addirittura di secoli, e tutte le altre di datazione ottocentesca, ma circoscritte esclusivamente all'America settentrionale (2 nel Canada, a Ottawa e a Quebec, e 5 negli Stati Uniti) in quanto espressione tipica dell'espansionismo cattolico in quei Paesi. Come mai dunque il boom del 1875? In quell'anno non era ancora iniziato il pontificato culturalmente mecenatizio di Leone XIII. Pio IX, il papa del Sillabo, durante il cui governo ultratrentennale la Chiesa romana aveva ignorato la più modesta politica culturale, non era ancora uscito di scena. E se anche non è del tutto privo di significato il suo appoggio in quegli anni all'Università illegale di Palazzo Altemps, non si può dimenticare che l'iniziativa — dovuta al suo vulcanico ex ministro delle armi, nonché sagacissimo operatore economico soprattutto nello sfruttamento delle aree fabbricabili, ma non nuovo neppure a realizzazioni scolastiche, monsignor De Mérode — fu da lui usata più che altro per contrastare l'ex « Sapienza » divenuta, dopo la Breccia di Porta Pia, la principale Università laica e anticlericale italiana. Ma se a Roma predominavano e angustiavano le preoccupazioni del « temporale », in varie Chiese « locali » d'Europa, sensibilizzate anche dall'esempio di quella del Belgio che, appena riacquistata la libertà dal Paese, aveva ridato vita alla propria Uni- versila di Lovan.o (1834)' sop- pressa dai francesi nel 1797,' si era sempre più maturata la consapevolezza della necessità di opporre delle élites intellettuali credenti al mondo ufficiale della cultura, tuttora imbevuto di illuminismo e di laicismo. Di qui una politica scolastica che non poteva non riguardare anche, anzi soprattutto, il mondo universitario. Specialmente in Francia questo divenne un punto d'onore dei cattolici dopo che nel 1850, con la legge Falloux, essi avevano ottenuto la libertà d'insegnamento nelle scuole secondarie. Ai cattolici francesi il successo arrise appunto nel 1875, con la legge sull'insegnamento superiore che venne votata il 12 luglio con 316 voti favorevoli e 266 contrari. Il timore che la nuova Camera, che doveva essere eletta quanto prima, avrebbe potuto abrogare la legge, spinse i vescovi francesi a bruciare le tappe per mettere la nuova maggioranza di fronte al fatto compiuto della sua applicazione. Di qui l'allestimento febbrile delle prime Università nel giro di pochi mesi col minimo obbligatorio di tre facoltà ciascuna previsto dalla legge. Quando nel 1880 una nuova legge tornò a interessarsi degli istituti superiori di cultura, essa si limitò a stabilire che il titolo di Università dovesse rimanere esclusivo di quelli dello Stato. Le Università cattoliche francesi si denominarono perciò semplicemente «Istituti cattolici». Nonostante ciò esse costituirono presto, con Lovanio, il prototipo e il modello delle altre Università cattoliche. Lo scorcio finale dell'Ottocento — quando l'esplosione degli Anni Settanta era ormai un ricordo — vide soltanto la fondazione di altre tre Università cattoliche, ma di no tevole importanza soprattutto emblematica: quelle di Santia go nel Cile, del 1888, che do veva rimanere per decenni la sola Università cattolica dell'America Latina, di Maynooth in Irlanda e la Catholic University of America di Washington, del 1889. Più stanca ancora fu la proliferazione universitaria cattolica nel primo quindicennio del Novecento, che vide sorgere appena la Pontificia Università di Madrid (1904) e, fatto però notevole, la « Sophia » di Tokyo (1913). Durante la prima grande guerra e il periodo fra le due guerre mondiali, le fondazioni furono sette: a Lima (Perù), nel 1917, a Lublino (Polonia), nel 1918 e via via a Milano (1920), Nimcga (Olanda, 1923), Pechino (1923), New Orleans (1925) e Bogot.i (1937). Lo stesso ritmo, prcss'a poco, fu mantenuto tra il 1940 e il 1958, cioè sotto il pontificato di Pio XII, che vide sorgere 11 atenei cattolici. Poi un nuovo boom tornò a verificarsi a partire dal 1960. Soltanto le nuove Università cattoliche canonicamente erette (e cioè riconosciute da Roma: non tutte infatti le Università cattoliche lo sono, anche perché non tutte lo chicdono) risultano ben 12 nel giro di neppure un quindicen-1 nio. E il fatto più rilevante è che appartengono tutte al mondo ibero-americano. Sono infatti spagnole le Università di Pamplona e di Bilbao riconosciute rispettivamente nel 1960 e '63; portoghese quella di Lisbona, riconosciuta nel 1971; e centro-sud-americane quelle di Buenos Aires (1960), di Guatemala, Managua (Nicaragua) e Valparaiso (Cile) nel 1961, di Caracas (Venezuela), Asunción (Paraguay); Panama, El Salvador e Ponce (Portorico) tra il 1963 e il 1972. Oggi, soltanto le Università cattoliche canonicamente erette dalla Sacra Congregazione romana competente, quella per l'educazione cattolica, sono 46: le altre, alcune decine. Un bilancio rispettabile, anche se non sbalorditivo, che va però soprattutto considerato e valutato in base alla distribuzione geografica dei vari istituti. Sempre riferendoci esclusivamente alle Università riconosciute da Roma, perché offrono la statistica più sicura, si riscontra immediatamente come i continenti privilegiati sono esclusivamente due: l'Europa con 15 Università (per i due terzi in Francia e in Spagna: l'Italia, ha la sola Università cattolica di Milano) e l'America tanto del Nord (6) che del Sud (19). Mentre però nell'America del Nord lo sviluppo delle Università resta effettuato prevalentemente nell'Ottocento, nel CentroSud esso è appunto storia recente. Eccezion fatta per gli istituti di Bogota (Colombia) e di Santiago (Cile), che risalgono ' e al 1888, tutti gli altri, infatti, sono sorti nel Novecento, 4 prima del 1950, 13 tra il 1950 e oggi. Le Università dell'America Latina sono anzi un simbolo dello sforzo sostenuto dalla Chiesa cattolica per influen- rispet£vamente;' al 1622 ' zare questo continente del Terzo Mondo sul quale riposano tante sue speranze per l'avvenire. Ancora ai primi passi è invece la sua azione sugli altri continenti « terzomondisti »: l'Africa e l'Asia. In Africa, soltanto due Università cattoliche sono state finora riconosciute: la prima nello Zaire (ex Congo belga, a Kinshasa) e la seconda in Etiopia (all'Asmara). Quanto all'Asia (4 istituti), tutto è bloccato ancora a fondazioni preottocentcsche (Manila), ottocentesche (Beirut) e del primo quarto del Novecento (Tokyo c Pechino, dal 1961 trasferita a Taipeh, Formosa). Un certo numero di studenti del Terzo Mondo, comunque, approda, e in crescendo, nelle Università cattoliche europee e nordamericane. Attualmente però questo contatto non costituisce sempre l'ideale, dato lo stato di crisi in cui notoriamente queste Università si dibattono. Una crisi, co- j me usa dire, d'identità: e cioè di ricerca della propria inconfondibile qualificazione. Oggi infatti è generalmente contestata la finalità apostolica fino a ieri ritenuta preminente tra le ragioni che hanno ispirato la loro fondazione: ossia la garanzia di un ambiente prò tettivo della propria fede e dei propri costumi, quindi, nettamente confessionale, offerta ai propri iscritti. Questa preoccupazione è stata praticamente superata dal crescente pluralismo dell'attuale società e dal decrescente anticlericalismo che caratterizzava invece gli ambienti universitari fino a qualche decennio fa. Questa evoluzione però non avviene senza contrasti e difficoltà. Soprattutto gli elementi più conservatori della Chiesa resistono con tenacia. La storia, secondo loro, insegna come le Università ispirate soprattutto all'ambizione di conciliare la scienza e la fede finiscono per rivelarsi in realtà dei focolai di eresie. Come è avvenuto, appunto, per l'Istituto Cattolico di Parigi specie quando, tre anni dopo la fondazione, vi si volle aprire una scuola supcriore di teologia. Fatalità volle, infatti, che tra i primissimi studenti, nel 1878, vi approdasse Loisy, il futuro leader del modernismo. Dei primi quattro insegnanti, il professore di dogmatica, C. M. Jovene, un gesuita italiano, finì per lasciare la cattedra e la Chiesa e sposarsi, e quello di storia ecclesiastica, Duchesne, per vedere, sia pure molto più tardi, messa all'Indice la sua Storia della Chiesa. Del resto lo stesso Loisy tornò nel maggio dell'81 all'Istituto per salirvi la cattedra di lingua ebraica e poi di esegesi biblica. E vi rimase fino al 1893 incubando le sue convinzioni scientifiche più rivoluzionarie, finché non venne espulso. Quando nel 1900 passò alla Sorbona, egli aveva già lasciato i germi del modernismo in molti discepoli che lo affiancarono nella sua lotta. Carlo Falconi