Prezzo petrolio: aumento forse più del 10 per cento di Mario Ciriello

Prezzo petrolio: aumento forse più del 10 per cento La riunione a Vienna dei Paesi produttori Prezzo petrolio: aumento forse più del 10 per cento Solo l'Arabia Saudita su posizioni moderate - Le altre nazioni chiedono rialzi tra il 15 e il 18 per cento - Probabilmente la "battaglia" di Yamani potrà, tutt'al più, contenere l'aumento entro un 12-14 per cento - Proposta "mediatrice" degli Emirati /Dal nostro inviato speciale) Vienna, 26 settembre. L'Opec è ancora spaccata dal conflitto tra l'Arabia Saudita e gli altri Stati sul prezzo del petrolio: ma si delinea forse un compromesso. La proposta che, questa sera stessa o domani, potrebbe aprire la porta ad un accordo è quella di Mana Saeed Al-Otaiba, ministro per il petrolio degli Emirati arabi uniti, secondo cui il prezzo dovrebbe essere innalzato del 6 per cento il primo ottobre, di un altro 6 il primo gennaio e indi «congelato» per almeno un anno. E' un progetto che ha il merito della semplicità, perché si inserisce tra le rigide posizioni dei due avversari, ovvero tra il 10 per cento dell'Arabia Saudita e il 15 dell'Iran. Zaki Yamani, tornato da Londra all'alba dopo un colloquio telefonico con re Khaled ora a Taif, non ha alleati nella sua battaglia, deve o cedere o dissociarsi dalle decisioni altrui. Su due punti sembra esservi una convergenza di idee. Primo: sull'opportunità di imporre l'aumentT in due tempi, il 1" ottobre e in gennaio, per non creare un'atmosfera nociva nei prossimi tre mesi al nuovo tentativo di decollo del dialogo tra consumatori e produttori. E' un ragionamento che pare un po' ingenuo. Non sarà quel trimestre d'intervallo ad attenuare le preoccupazioni dell'Occidente: e l'attesa della seconda rata prolungherà, anzi, il malumore. L'altro punto concerne la nuova «moratoria», che dovrebbe abbracciare tutto il 1976. L'amara, amarissima pillola del rincaro sarebbe cosi addolcita. All'aumento seguirebbe una seconda stabilizzazione, tanto più importan¬ te in quanto il mondo vivrà ancora per qualche tempo in regime inflazionistico . Qui però sorge un'interrogativo. «Si dice — è impossibile ahimé essere più precisi — che la tregua del '76 non sarebbe incondizionata, ma verrebbe legata ad una serie di concessioni da parte dell'Occidente. Spieghiamoci meglio. Europa, America e Giappone dovrebbero dare finalmente prova di buona volontà e, in collaborazione con l'Opec e il Terzo Mondo, porre la prima pietra di un «nuovo ordine economico». Si è senza dubbio alla vigilia di sviluppi storici; nonostante le sue difficoltà, l'Occi¬ dente sembra pronto adesso ad affrontare più costruttivamente e più generosamente il problema dei rapporti tra «ricchi e poveri»; gli Stati Uniti non sono più contrari a negoziati sulle materie prime. Insomma, i tredici dell'Opec vorrebbero accelerare tutto questo processo e la moratoria potrebbe essere il loro pungolo. Questo, a lungo termine. A breve termine, c'è il rincaro del petrolio, e le prospettive sono scoraggianti. Diciamo, per comodità di calcolo, che l'aumento sia del 10 per cento sul prezzo attuale del petrolio-guida, il «grezzo arabo leggero», 10 dollari e 46 cents per barile. Ciò aggiungerebbe almeno dieci miliardi e mezzo di dollari alle spese petrolifere dei consumatori. Per l'Italia, il nuovo onere sarebbe di circa 650 milioni di dollari l'anno (circa 450 miliardi di lire). Ma la botta sarà certamente più dura. Non si vede come l'Arabia Saudita possa prevalere su tutti gli altri: e se anche non si avrà il 18 per cento ancora richiesto dall'Iraq, dalla Libia, dalla Nigeria e dal Gabon, e se anche non si avrà il 15 per cento voluto dall'Iran, si dovrà subire un colpo tra il 12 e il 14 per cento. E' poco rispetto ai sensazionali rialzi tra la fine del '73 e l'inizio del '74 — quello dell'ottobre '73 fu del 77 per cento e quello del gennaio '74 di oltre il 260 — ma non è poco ora che le esangui economie occidentali tentano affannosamente di ritrovare slancio e fiducia. Resta infine da rispondere a una serie di., affascinanti domande. Perché l'Arabia Saudita è scesa in campo contro tutti? Perché Yamani si è battuto con eccezionale riì gidità per quel « 10 per cenI to e non oltre »? Perché ieri, e ancora stamane, non ha ; fatto nulla per celare ai gior| nalisti l'asprezza dello scon, tro, certo il più lacerante nelI la storia dell'Opec? Ci sono | varie teorie. C'è la teoria più ! semplice, quella che sostie| ne: i sauditi sono sinceraj mente convinti che la strutI tura industriale, finanziaria nonché politica dell'Occidente non possa sostenere oggi altri fardelli petroliferi. A ! Riad si teme che un lungo ! travaglio economico possa agevolare l'ascesa al potere | dei comunisti in tre nazioni j mediterranee, Italia, Spagna I e Portogallo. Un'altra teoria ! insiste che i sauditi vogliono ! ristabilire a Washington la ; loro « credibilità » come moderati, dopo le molte e vane promesse di ridurre i prezzi. Forse, tutte queste ipotesi J sono valide, le grandi stratei jie diplomatiche non hanno j mai un unico bersaglio. Ma non c'è dubbio che l'Arabia I Saudita ha voluto inoltre sfi! dare l'Iran nel tentativo di ] affermare una propria suprei mazia. Un braccio di ferro, 1 insomma, una prova di for za tra i giganti dell'Opec. Co( nosceremo domani l'esito di ' questo duello, che non sembra però destinato a spaccare l'alleanza. Le battaglie in seno all'Opec non sono molto diverse, spesso, da quelle tra i ministri europei a Bruxelles: invettive oggi e abbracci domani. Solo il tempo mostrerà se l'Arabia Saudita intenda veramente aggirare e piegare l'Opec. Potrebbe farlo producendo barili e barili del suo petrolio meno costoso: ma è improbabile,. Questa sera, già si parla di «fratellanza ». Mario Ciriello

Persone citate: Arabia I, Mana Saeed Al-otaiba, Yamani, Zaki Yamani