A Cuneo un po' di ottimismo di Renzo Villare

A Cuneo un po' di ottimismo A Cuneo un po' di ottimismo L'industrializzazione della provincia si è avuta senza traumi sociali e la produzione agricola, di alta qualità, è destinata soprattutto all'esportazione - La crisi che ha investito il Paese ha avuto, comunque, anche a Cuneo i suoi riflessi negativi e gli occupati in Cassa integrazione sono cresciuti rispetto al 1974 (Dal nostro inviato speciale) Cuneo, 25 settembre. L'atmosfera che sì respira a Cuneo è migliore che altrove in Piemonte e non solo per l'aria pura che arriva dai monti vicini. L'economia della zona ha risentito e risente meno dell'attuale crisi congiunturale anche se i riflessi negativi si sono accentuati nell'ultimo perìodo. Cuneo « possente e paziente » è riuscita a raggiungere e superare altre province piemontesi fino a ieri assai più progredite non solo per una industrializzazio. ne realizzata senza traumi sociali ed ecologici (« non ha guastato né il paesaggio, né il turismo » ci ha detto il direttore dell'Unione industriale della provincia di Cuneo, Aldo Lombardi), ma anche per aver saputo realizzare un'agricoltura redditizia che contribuisce con nuove abitazioni, ammodernamento delle colture e meccanizzazione a sostenere edilizia ed industria. Qualità « La nostra produzione agricola — sostiene Giuseppe Chiesa, presidente della locale Camera di commercio — è molto vasta qualitativamente, tutta pregiata ed in gran parte destinata all'esportazione. Tra industria ed agricoltura Cuneo ha esportato l'anno scorso prodotti per 117 miliardi contro meno di 80 nel 1973 con un incremento del 46,7 per cento. Ciò non toglie — ha aggiunto — che la nostra bilancia commerciale sia stata passiva per 43 miliardi (le importazioni sono state per 160 miliardi). Questo significa che nel 1974 l'industria ha tirato ed abbiamo avuto bisogno di abbondanti materie prime ». Ora le cose vanno meno beile e su questa constatazione sono d'accordo tutti. La crisi che ha investito il Paese, e il Piemonte in particolare, ha toccato anche Cuneo e per questo le previsioni non sono buone. Gli imprenditori ■— si sostiene negli ambienti produttivi — che finora hanno saputo resistere ai colpi e ai contraccolpi della recessione, hanno dovuto rassegnarsi a ridurre la produzione rispetto all'anno scorso, attraverso un maggior ricorso alla cassa integrazione che ha raggiunto, nei primi sei mesi, un milione 335 mila ore, record assoluto per le industrie manifatturiere della provincia. Per Giuseppe Trosso della segreteria della Camera Confederale del Lavoro, il numero dei lavoratori in cassa integrazione tenderebbe però a diminuire: dai 3 mi¬ La situazione economica in Piemonte dopo le ferie estive la operai ad orario ridotto in gennaio con una punta di S000 in aprile, si è scesi in luglio, a 2600 e, secondo un'analisi ancora molto parziale, settembre si profila migliore. Altro motivo perché Cuneo resiste di più ai danni della crisi è. per il direttore dell'Unione Industriale, quello di « una produzione notevolmente diversificata che ha permesso di lavorare anche nei momenti più diffìcili con un rapido incremento del reddito, superiore alla media piemontese e nazionale. I posti di lavoro sono cresciuti, infatti, con una media di 2000 all'anno e negli ultimi 15 anni sono raddoppiati. Purtroppo oggi assistiamo ad una battuta d'arresto ». La graduale trasposizione dall'agricoltura all'industria (il 59,4°« della popolazione attiva apparteneva all'agricoltura e il 20,7" a all'industria nel 1951; oggi le posizioni si sono quasi invertite con il 40 per cento all'industria e il 30 all'agri\ coltura/ molto diversificata come settori e ben distribuita come localizzazione è I il frutto di una politica seguita anche dalle aziende più importanti. Fra queste ricordiamo le maggiori: la Michelin che fabbrica pneumatici c occupa oltre 6 mila dipendenti nei due stabilimenti di Cuneo e Fossano; la Miroglio Vestebene nel settore dell'abbigliamento con 3 mila dipendenti; con 2 mila dipendenti nello stabilimento di Alba: la cartiera Burgo di Verzuolo. Licenziamenti A queste si aggiungono le medie e le piccole imprese che, insieme alle grandi e all'artigianato, occupano oltre 70 mila persone. « Sono le piccole aziende — dichiarano i sindacati — a preoccuparci maggiormente e proprio da queste sono venuti, nel periodo delle ferie e in quello immediatamente successivo, i primi licenziamenti ». Il provvedimento è confermato da Aldo Lombardi, il quale ha dichiarato che « proprio in questi giorni i nodi sono venuti al pettine e quattro aziende, per un totale di oltre cento dipendenti, sono state costrette a chiudere o a ridurre l'occupazione ». I Sono la « Exportplast » che j ha licenziato 15 dipendenti, I la Sifir che ha chiuso (30 ■ dipendenti), la Imar e la [ Almar che hanno sospeso 30 , dipendenti ciascuna. Tra i settori industriali j più colpiti, stando ad una i classificazione nel ricorso j alla cassa integrazione, si trovano il cartario (22"o del totale), il metallurgico-meccanico (15,3"o). il tessile 114.7"a), quello chimico e della gomma (13,S".'o), l'abbigliamento (11,6". a), l'estrattivo (6.6".u), quello del legno fSVo) e l'alimentare (4 per cento). Quali le prospettive per il restante periodo dell'anno? In una indagine che la Camera dì commercio ha appena terminato e che il dottor Chiesa ci illustra, le cose non dovrebbero ne migliorare, né peggiorare: oltre la metà degli imprenditori interpellati, infatti, e di questo parere. Ne deriva che anche l'occupazione non dovrebbe subire trainili gravi. Se l'industria riuscirà a tenere pur su bassi livelli, l'agricoltura — si sostiene a Cuneo — farà il resto. Oggi la provincia è il frutteto del Piemonte: produce j la maggior parte delle fra j gole, delle pere, delle mele. la Ferrerò, la più grossa in- dustrìa dolciaria d'Europa. delle pesche e delle nocciot le di tutta la regione e solo per l'uva non può coni i petere con Asti ed Alessani dria. A questo proposito, pe- I rb U Presiclente della Carne- I ™ d* commercio fa notare I che « la produzione villico] la è tutta "doc", cioè a de¬ nominazione di origine controllata e quindi primissima qualità, come di qualità pregiatissima sono le carni del Cuneese ». E' interessante notare — ci dice ancora il dottor Chiesa — la « maturazione sociale » degli agricoltori, il loro passaggio dalla tradizioiiale mentalità individualistica, tipica del contadino, alla coscienza di quanto possa essere più redditizio il lavoro in comune. Le cantine sociali sono bene amministrate, le « stalle sociali » si stanno moltiplicando con ottimi risultati. E' sorto un grande caseificio sociale in Valle Stura, ci sono varie iniziative di vendita diretta. C'è poi un altro aspetto positivo dell'agricoltura del Cuneese: il suo apporto all'edilizia che anche qui sarebbe paralizzata se i contadini non la tenessero in piedi attraverso le numerose opere di edilizia rurale. Capitali La figura « operaio-contadino » è andata in un primo tempo a vantaggio dell'agricoltura (le fabbriche albesi Ferrerò e Miroglio hanno senz'altro contribuito a risanare la Langai; oggi è l'agricoltura che salva in parte un settore tanto importante quale è l'edilizia attraverso l'apporto di capitali nuovi. Ciò non toglie che anche l'agricoltura del Cuneese guardi con qualche preoccupazione al domani. proprio per questo suo stretto legame coti l'industria. A Cuneo non si fa eccessivo affidamento sui vantaggi che potranno derivare dal pacchetto congiunturale varato il mese scorso dal governo; ritengono che esso potrà essere in parte utile come intervento immediato, « ma agli effetti della vera ripresa non sono questi i provvedimenti che potranno servire. Occorre — ha concluso il dottor Chiesa — che le iniziative vengano aiutate e non mortificate e che il mondo politico ripristini le condizioni necessarie al formarsi di un risparmio produttivo che aiuti gli investimenti ». Renzo Villare

Persone citate: Aldo Lombardi, Almar, Giuseppe Chiesa, Giuseppe Trosso, Miroglio