I disoccupati occulti

I disoccupati occulti La forza-lavoro nel piano anticrisi I disoccupati occulti In un articolo pubblicato su La Stampa si fa rilevare che l'intestazione di una delle tabelle contenute nel documento trasmesso dal governo alle organizzazioni sindacali è sbagliata: non si tratta infatti del rapporto fra forza-lavoro e popolazione attiva, come è erroneamente indicato, ma del rapporto fra forza-lavoro e popolazione presente in Italia e in altri Paesi industriali. E' un refuso evidente, in quanto i dati pubblicati si riferiscono al rapporto fra forza-lavoro e popolazione presente, ma è utile esaminare più a fondo la questione, anche perché a sua volta l'articolista de La Stampa commette due errori, quando afferma che fra forza-lavoro e popolazione attiva non vi è alcuna differenza, mentre si tratta di due nozioni del tutto separate fra loro e diverse, e quando dice che il basso tasso di partecipazione (come tecnicamente si definisce) in Italia dipende dal fatto che la popolazione presente è inferiore a quella residente per effetto dell'emigrazione, mentre è vero l'opposto. Secondo l'accezione usata dalla generalità delle rilevazioni statistiche dei Paesi industriali, la forza-lavoro comprende quella parte della popolazione che, alla data della rilevazione, o è occupata a tempo pieno (o parziale) o è in cerca attiva di occupazione. La forza-lavoro non è quindi una nozione demografica bensì economica: essa misura, cioè, l'offerta di lavoro in un certo periodo di rilevazione. La parte di forza-lavoro che è in cerca di occupazione misura il livello della disoccupazione, mentre il rapporto fra il numero di disoccupati e il totale della popolazione (presente) è convenzionalmente chiamato il tasso della disoccupazione. La popolazione attiva è invece un concetto demografico: essa indica tutta la popo¬ lazione in età di lavoro (che nella tabella del documento comprende le persone di età superiore a 14 anni, con esclusione di alcune particolari categorie numericamente limitate), indipendentemente dalla loro appartenenza alla forza-lavoro, indipendentemente, cioè, dal fatto che abbiano o ricerchino attivamente un'occupazione. Per passare dalla popolazione attiva alla forza-lavoro bisogna sottrarre alla popolazione attiva quella parte di popolazione in età di lavoro che non ha, né ricerca occupazione. Forza-lavoro e popolazione attiva non sono quindi la stessa cosa; in tutti i Paesi, come è ovvio, la forza-lavoro è considerevolmente più bassa della popolazione attiva, in quanto non tutte le persone in età di lavoro hanno o cercano un'occupazione. Il dato, tuttavia, che più colpisce in un confronto della forza-lavoro italiana con quella di altri Paesi, e sul quale la tabella del documento del governo intende richiamare l'attenzione, è il basso rapporto fra forza-lavoro e popolazione complessiva nel nostro Paese rispetto ad altri Paesi industriali. Quali sono le cause che influiscono su questa differenza? In particolare, si può ritenere che «volontariamente» le persone in età di lavoro nel nostro Paese non si presentino sul mercato del lavoro o si deve piuttosto ritenere che questa minore offerta di lavoro rispetto ad altri Paesi rifletta da un lato la ristrettezza del mercato di lavoro e dall'altro l'assenza di «condizioni sociali di contorno», come sono definite nel documento del governo — per esempio, carenze degli asili nido e delle scuole a tempo pieno — che impediscono a una parte della popolazione italiana in età di lavoro di ricercare attivamente un'occupazione? Se la spiegazione è la secon- da, come suggerisce il confronto fra la situazione italiana e quella di altri Paesi industriali, ne segue la conseguenza che l'effettivo numero di disoccupati nel nostro sistema economico è ben più alto di quello, già assai elevato, rilevato dall'Istat, e comprende non solo i disoccupati per così dire «palesi», ma anche quelli che non figurano fra i disoccupati perché all'atto delle rilevazioni dell'Istat non si dichiarano in cerca di occupazione, convinti che non vi siano occasioni di occupazione o per l'impossibilità di accettare un'eventuale occupazione per le carenze di servizi collettivi di cui si è detto. Va anche rilevato che, nel pubblicare questa tabella, il governo prende implicitamente posizione in una discussione che è durata a lungo in Italia a questo proposito fra l'Istat da un lato e la maggioranza degli economisti dall'altra. Quella discussione verte essenzialmente sul carattere più o meno volontario della riduzione della forza-lavoro italiana che si è verificata negli ultimi anni e del basso livello a confronto con altri Paesi. Gli economisti hanno sempre sostenuto che il basso livello della forza-lavoro rifletta soprattutto la debolezza del mercato del lavoro e le carenze dei servizi collettivi. L'implicazione politica dell'avere attirato l'attenzione sui confronti internazionali riguardanti il tasso di partecipazione della forza-lavoro è che il problema della disoccupazione in Italia, che appare già molto serio dalle rilevazioni statistiche ufficiali, ha dimensioni ancora più gravi di quanto non si possa in pratica valutare. Il fatto che il governo abbia esplicitamente richiamato l'attenzione su questo punto rappresenta uno degli aspetti più significativi e politicamente rilevanti del documento trasmesso ai sindacati. Giorgio La Maifa

Persone citate: Giorgio La Maifa

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