Il gusto di sentir Beethoven di Nicola Adelfi

Il gusto di sentir Beethoven Voi e noi di Nicola Adelfi Il gusto di sentir Beethoven Perché questa erisi economica e politica di cui non si intravedono gli sbocchi? Sentiamo che ne pensano alcuni lettori. 11 signor Guido Deipiano, di Torino, si presenta così: « Sono un vecchio ingegnere chimico (84 anni). Chiusi la mia vita di lavoro a 70 anni lasciandomi alle spalle una lunga carriera vissuta in siderurgia, ossia in acciaieria e in ferriera ». E così continua: « Concentriamo il nostro pensiero sulla parola " ferro " e citiamo solo alcune applicazioni di quel materiale: putrelle per costruzioni (civili, industriali, stradali ecc.); tondini per cemento armato; lastre sottili per auto, elettrodomestici, eccetera; lastre pesanti per condotte forzate e per caldaie; tralicci per lince elettriche ad alto potenziale; pali Manncsmann per linee elettriche, aeree, ferroviarie e tranviarie; rotaie per ferrovie e tranvie ». L'elenco è solo esemplificativo e perciò largamente incompleto. « Comunque per ottenere quanto esposto occorre: minerale di ferro che dobbiamo acquistare all'estero in quanto le nostre modeste miniere di Aosta e dell'Elba sono insudicienti; e carbone litantrace, che noi non abbiamo e dobbiamo importare. Se ora passiamo a considerare il rame, ci troviamo nella situazione precedente. Dobbiamo acquistarlo all'estero per le sue innumerevoli applicazioni. Ma come pagare queste materie prime e tutte le altre, il petrolio, la gomma, il cotone? Scioperando? E' mai possibile che i nostri politici non abbiano ancora capito che l'economia italiana è un'economia di trasformazione? ». No, non ci siamo, signor Delpiano. La mia opinione invece è che i nostri politici lo sanno benissimo, e tuttavia poco o niente hanno l'aito per impedire che si l'ormasse quella che viene chiamala « la giungla retributiva ». Ne ho parlalo altre volle, l'er quel che riguarda i lavoratori che trasformano le materie prime in prodotti destinati anche all'esportazione, in genere lavorano più di allrc categorie e sono pagati meno. Questo non è giusto. Ed è comprensibile che cerchino con gli scioperi di ottenere un trattamento meno ingiusto. D'altra parte le categorie privilegiale, comprese quelle più sfacciatamente parassitarie, insistono nello scioperare a spron battuto anche loro, ben sapendo che prima o poi riusciranno ad aumentare i privilegi. E questo non è giusto. Fero, guai a parlare di regolamentazione del diritto di sciopero, anche se a farlo è uno studioso di parte socialista: allora insorgono tutti all'istante, le vittime della giungla e i profittatori (intanto lo spettacolo di questo ammucchiarsi insieme di richieste giuste e di pretese ingiuste, con scioperi che sfiancano pericolosamente l'economia c la politica, suggerisce ad un alno lettore, il signor Liborio Romano, di Novi Ligure, l'idea di far adottare come emblema ufficiale della nostra Repubblica il mono « Voglio, voglio, voglio, voglio». Neppure la lèttera scrinami dal signor Massimo Bràcciforti, da Bordighera. mi trova consenziente. Dilla la lunghezza, la riassumo. Il lettore conviene con me che « la democrazia è la più civile l'orma di governo », e dà per scontato che nei sistemi democratici è lo Stato a porsi al servizio dei cittadini, mentre nei regimi totalitari i cittadini sono tenuti ad obbedire in maniera servile. Tuttavia, dice il lettore. « io penso che non sempre il regime migliore sia adatlo ad ogni popolo. E le porlo un esempio. Anche le tribù primitive amano la musica, lant'è che si costruiscono rudimentali strumenti musicali; ma a chi verrebbe in mente di suonar loro la Nona di Beethoven? ». Lo stesso può dirsi per la democrazia: « E' di certo l'ideale per un popolo dolalo di allo senso civico, ma le pare che il nostro popolo ab¬ bia queste virtù?... E siccome ogni anno che passa si va sempre peggio, giungo alla conclusione che sì, la democrazia è la miglior forma di governo per i popoli evoluti, ma che noi non lo siamo abbastanza. Che ne pensa, signor Adelfì? ». E' presto detto: penso che finché la democrazia è viva, sussiste sempre la speranza di vedere i cittadini correggere i propri difetti, le proprie istituzioni, fare fuori i cattivi politicanti, insomma indirizzarsi verso forme più evoltile di civiltà; mentre se si uccide la democrazia, si uccide anche la speranza di progredire verso forme più alte di civiltà. Per me, è pur sempre preferibile il disordine democratico alla castrazione totalitaria. E per oggi termino con una lettera di rimpianti, quella che mi manda il signor Mario Decisi, da Bagnasco (Cuneo). Socialista, egli si arrovella al pensiero di vedere la grande maggioranza degli italiani, il 70 e passa pei- cento, volare da 30 anni in qua sempre per gli slessi due parliti, il democristiano ed il comunista. A suo giudizio, il socialismo accoglie il meglio di quei due partiti, e ne respinge il peggio. Ma se è così, come mai gli italiani non lo hanno capilo? Secondo il signor Decisi, questo è dipeso per gran parte dai litigi fra i capi socialisti, le conseguenti scissioni, e di riflesso una diffusa diffidenza fra la gente. Tuttavia, conclude il signor Decisi, il socialismo resta ancora o>.gi la strada maestra, anzi l'unica strada, per scampare dal pantano democristiano e dall'insidia comunista. Per conto mio, non ritengo che siano stale soltanto le rivalità tra i capi e le scissioni a diradare l'elettorato socialista che nel ll)4b era maggiore di quello comunista. Vi hanno contribuito altri molivi. I-orse il principale è sialo di aver accettato, i socialisti, di fare i coristi nella compagnia dei comunisti per lunghi anni, e poi dei democristiani per un più lungo periodo. Fosse rimasto sempre se stesso, il partito socialista potrebbe oggi rappresentare quella alternativa democratica al potere democristiano che non si vede spuntare da nessuna parie. Purtròppo, dico io; e così aggiungo il mio rimpiànto a quello del lettore di Bagnasco.

Persone citate: Beethoven, Delpiano, Fero, Guido Deipiano, Liborio Romano, Mario Decisi

Luoghi citati: Aosta, Bagnasco, Bordighera, Cuneo, Novi Ligure, Torino