Prima che scendessero i Normanni di Lorenzo Mondo

Prima che scendessero i Normanni LA MOSTRA SULLE "SORGENTI DEL ROMANICO,, IN PUGLIA Prima che scendessero i Normanni Rovesciati i luoghi comuni di un'arte addormentata sotto la dominazione bizantina - Una mirabile scuola di scultori (Dal nostro inviato speciale) Bari, settembre. E' aperta nella Pinacoteca di Bari, e durerà fino a tutto dicembre, la mostra intitolata « Alle sorgenti del romanico - Puglia XI secolo »: una rassegna affascinante per il tema in sé e per l'impianto metodologico, ma che deve avvalersi in buona parte di pannelli fotografici e calchi. Non è gran danno, se il visitatore conosce la Puglia o coglie almeno l'occasione museografica per spingersi lungo alcuni 1Linorari privilegiati e toccare con mano le superstiti pietre venerande. La visita potrebbe cominciare idealmente più a Nord, ai piedi di Manfredonia, dove sorge in aperta campagna la cattedrale di S. Maria di Siponto. E' uno strano edificio a pianta quadrata, con due sole absidi, una cupoletta e decorazioni incavate a rombi. Questa chiesa, è stato detto autorevolmente, fa pensare a una sorta di palinsesto, manomesso nei secoli in seguito a terremoti, saccheggi e restauri. Al di là delle origini arcaiche, dell'enorme prestigio goduto prima che i resti di Siponto fossero inghiottiti dalle paludi e sostituiti dall'orgogliosa città di Manfredi, attrae come esempio di quella mescidazione culturale che è il destino della Puglia (nella chiesa si sono scoperte ascendenze anatoliche e armene), per i suoi legami con il mito fecondo della grotta sacra all'arcangelo San Michele: Montesantangelo s'intravede appunto lassù, alta sul promontorio garganico che la luce radente esalta di ombreggiature e pulviscoli. Del resto, in quest'area e poco più sotto, a Canosa, prende vita, attraverso due epigrafi che ne riportano il nome e attraverso il segno dello stile, la figura misterio¬ sa di Acceptus, che si proda- | ma arcidiaconus e sculptor, senza che si spieghi come un ecclesiastico di quel tempo potesse dedicarsi a operazioni manuali. E intorno ad Ac- j ceptus, alle sue splendide a- j quile portaleggio dal simme- | trico piumaggio a squame, I dalla magnetica fissità dello ; sguardo, gira buona parte della mostra, del suo discor- : so « ideologico ». Possiamo leggerlo, questo | discorso, nel dovizioso cata¬ logo a preminente cura di Pina Belli D'Elia, direttrice della rassegna barese. Lo spunto è garbatamente polemico, si vogliono rovesciare i luoghi comuni di una Puglia addormentata dalla dominazione bizantina che soltanto le trombe guerresche di Roberto il Guiscardo avrebbero svegliato. Si vuol dimostrare che non bisognavano costruttori, scultori e scalpellini scesi di Francia, Lombardia, Emilia, perché la regione fiorisse all'arte. Qui esisteva una scuola attivissima almeno 50 anni prima che si ponesse la prima pietra a S. Nicola di Bari (1089) assai prima che i Normanni contassero qualcosa sul suolo pugliese. Fu proprio per la sua vitalità e ricchezza, non insensibile alle seduzioni dell'arte, che la regione fu così aspramente contesa, in quell'alba del secondo millennio cristiano, tra i due imperi e chiese di Occidente e d'Oriente, tra longobardi, saraceni, franchi e la progenie, infine, degli Altavilla. Per quanto riguarda la scultura, bastava liberarsi dai pregiudizi, rifiutare capziose distinzioni e contrapposizioni fra preromanico e bizantino che non sono possibili in Puglia e nell'Italia meridionale. Abbiamo senza dubbio forme che sono nate in Oriente, quello greco o sassanide, conosciute attraverso la mediazione di oggetti piccoli e preziosi come bronzi, acquamantili, bruciaprofumi, scacchi, stoffe; ma « tradotte nel marmo, subordinate alla struttura architettonica, assumono lina nuova monumentalità, una propria autonomia e soprattutto una dimensione che potremmo in senso lato definire classica ». Il chiarimento è pronunciato per i mirabili elefanti che reggono, elaboratissimi e astratti, il trono vescovile di Canosa; è tuttavia estensibile a buona parte di questa produzione, a documentare un lento precesso « di recente grecizzazione e di avanzante latinizzazione ». E' la riscoperta della dignità classica 1 della pietra che ubbidisce a ' una duplice spinta: « a retii dere pubblico quanto era riI servato a pochissimi, a rendere durevole quello che | era destinato a scomparire». Più difficile era il ritrovaì mento delle architetture. Si ; trattava di liberare le fa.itI briche alterate dai rifacij menti, di leggere entro edii fici sconciati o nobilitati ] il disegno originario, per i quanto umile e irrecupera; bile. Si è proceduto quindi i a una campagna fotografiI ca, ad un vero e proprio in' ventano ricco di sorprese, I ad una inchiesta filologica I affiancante all'indagine dii retta sui materiali e sugli I stili, lo spoglio degli archivi, la memoria dei contemporanei e dei posteri. Assecondati dall'intenso lavoro compiuto, negli ultimi anni, nel campo del restauro dei monumenti. Dalla cattedrale di Bovino, pressocché distrutta nel 1930 da un terremoto e ricostruita con assoluta fedeltà, all'ambiente con tracce di mosaico che si stende sotto la cattedrale di Bari, all'abside della cattedrale di Taranto; dal Gargano al Tavoliere, dalle Murge al Salento, passando per abbazie e chiese rurali, ritagliando dalle chiese più famose, in genere posteriori, un fregio, un archivolto, una cripta interrata, un capitello erratico, una traccia della loro vita primeva. Il modello è offerto per lo più dalle basiliche paleocristiane, in ottemperanza alla riforma liturgica, al movimento di riorganizzazione e « riconquista » della Chiesa romana; ma non mancano, si è visto, gli influssi orientali. E questo patrimonio suggestivo — altra voce clamante — è purtroppo in pericolo, rischia di depauperarsi irrimediabilmente. Si passa per le sale della Pinacoteca richiamando alla memoria, attraverso un reperto, attraverso un'inquaI dratura, chiese abbaglianti ; pronte a salpare sulle acque ' o sulle stoppie, muri color , miele che vibrano insieme ' all'aria col frinire delle cil cale. Poche le testimonianze per ! quanto riguarda gli arredi, j il materiale mobile e depe. ribile che agli ambienti da\ va colore e decoro. Possia! mo immaginare che cosa I fossero le pitture attraverI so gli « Exultet » miniati di Bari. I mosaici di Santa | Maria delle Tremiti — i cer! biatti, il grifo stupendo — I ci aiutano a srotolare stoffe e tappeti. Più che i guanti i pontificali di San Sabino, con i medaglioni di seta ornati di perline, attira il rarissimo sontuoso « Mantello del firmamento » conservato a Bamberg: fu commissionato da Melo, il campione dell'indipendenza longobarda, per l'imperatore Enrico II; ci sono ricamati, a filo d'oro, i personaggi della cristianità, le costellazioni, i segni dello zodiaco, il potere dell'imperatore che regna sul mondo contrapposto a quello di Cristo signore del cosmo. Restano, ancora, i due olifanti d'avorio del British Museum: quasi un'eco di Roncisvalle perduta nelle terre del Sud, in attesa che i Normanni venissero a ridestarla, in una identificazione eroica e fantasiosa che verrà registrata a lungo perfino sui carretti di Sicilia. Lorenzo Mondo

Persone citate: Altavilla, Canosa, Gargano, Melo, Nicola Di Bari, Pina Belli D'elia, Roncisvalle