Il nuovo doge è socialista

Il nuovo doge è socialista VENEZIA STA VIVENDO MOMENTI DECISIVI Il nuovo doge è socialista Il Comune vuole salvare la zona industriale e il centro storico, il lavoro e i monumenti: chiede fiducia e contributi a tutte le forze culturali - Grossi pericoli vengono tuttavia dai Piani particolareggiati, dalla possibilità di abbattimenti e speculazioni (Dal nostro inviato speciale) Venezia, settembre. Chi ci conserverà Venezia? Due retoriche si combattono nella Laguna: quella d'importazione colta, ormai vinta dal pessimismo, e quella indigena, insofferente del mito, facile e sbrigativa. Da una parte gli uomini di cultura e i loro generosi complici che disperano di vedere il « caso Venezia » risolto secondo i suggerimenti e le richieste internazionali. Può darsi, dicono, che la città abbia smesso di sprofondare, ma è inarrestabile la degradazione ambientale, è visibile l'abbandono che insidia la Bellezza, come una vendetta dei tempi, o una morale ineluttabile. Dall'altra parte della disputa, i veneziani, convinti che il troppo amore altrui per la città abbia distorto i segni del male, abbia frainteso i veri problemi, si diletti nella visione di una Laguna assolutamente mistificata e vuota di popolo. Certo, ci mettiamo di buon grado tra i testimoni apocalittici, e tra quelli cui il troppo amore fa velo e si tramuta in egoismo (« Voglio che Venezia resti bella e intoccata per me, per quando abbia voglia di ritrovarla »J. Forse il problema di Venezia ha esaurito sul piano culturale il prologo delle sue battute: ed ora si è fatto strettamente e seccamente politico. Il compito degli uomini di cultura, dei cittadini sensibili, non è più di discittere. ma di far la guardia ai politici, con intransigenza, ostillazione, precisi divieti. « Dateci tempo, dateci fiducia per un anno o due. Dopo deciderete se meritiamo il vostro appoggio » dice il nuovo sindaco di Venezia, Mario Rigo. E' un uomo di scarse parole, anche con una punta d'impaccio burocratico. Ma chi ha detto che il sindaco di Venezia debba essere come il doge di una allegoria salvatrice? Magari un gran vecchio con la barba bianca e dietro le immagini della Serenissima e della Laguna, intese come due donne a poppe nude? Rigo è socialista, presiede la giunta di sinistra uscita dalle elezioni del 15 giugno, è portatore consapevole della necessità di un radicale cambiamento politico e amministrativo nella città. E' anche legato al passato, perché è stato vi- cesindaco nella giunta del de- mocristiano Longo e ha par- tecipato al tentativo di mini- compromesso storico, quan- do si decise che il problema di Venezia deve vedere tutte le forze alleate intorno a un programma. « Anche adesso crediamo che si debba stare uniti. Socialisti e comunisti intendono coinvo:gere la democrazia cristiana nello sforzo per vivificare Venezia». Rigo ap- partiene alla corrente demartiniana: in Consiglio comunale ci sono altri tre del suo gruppo, poi quattro lombardiani, un manciniano e un incerto. I comunisti han- so 22 seggi, la democrazia I cristiana 1S: per arrivare al totale di fio concorrono un demoproletario, che appog già la giunta, 3 socialdemo- cratici, due repubblicani, 2 | missini, un liberale. Vicesin I daco è fon. Gianni Pellico ni. comunista; assessore al l'Urbanistica Salzano. « che H Pd — ricordano — ha I chiamato da Roma, in previ I sione dell'incarico». Nessuno I dubita che Venezia sia un | grande banco di prova, an i c''!e Per Pc'- « Qual è il punto essenziale per noi veneziani veri? ». dice Rigo, opponendosi idealmente ai veneziani d'affezione, e a quello che li rappre- senta, seduto davanti a lui come interlocutore. E' un punto conosciuto, il perno della polemica: «Dobbiamo conciliare due esigenze, il vivere quotidiano e la dife¬ sa dell'arte, il lavoro e il pa trimcnio culturale. Con l'avvertenza che Venezia non sopravvive senza uno dei due termini, senza gli abitanti o senza i monumenti ». Il dissidio, per chi viene da fuori, precipita subito ci suoi interrogativi ultimi, se gli abitanti non finiranno, dolorosamente, per diventare nemici della Conservazione, spinti per Jiecessità alla figura di Progresso che sta alle loro spalle, Mestre e Marghera. Il politico veneziano pensa prima di tutto ai cittadini, visti come elettori e lavoratori. « Bisogna salvare i posti di lavoro a Marghera, la sai- vaguardia culturale deve essere compatibile con la nostra vita, con il nostro lavoro ». Ma i fumi, l'inquinamento? «Insieme bisogna avviare trattative con l'industria privata per risanare l'ambiente, per riconvertire entro un certo periodo ,?li impianti che avvelenano l'aria ». Il sindaco non fa il nome della Montedison, parla, più sobriamente, del settore petrolchimico. C'è un'ombra di rispetto verso i fumi di Marghera che poi si spiega in una nuova ellissi: « La terza zona industriale non sarà la ricerca di altre aree inquinanti. Non ci saranno ulteriori intetrr. mentì della Laguna ». Una parte della superficie esistente, si presume già interrata, sarà usata per il porto commerciale, il quale ila la prerogativa di non gettare velini nell'atmosfera. E il famoso cenale dei petroli, da cui tutti temo'io squilibri all'armonia lagunare? «Si farà. La convinzione che esso faciliti le alte ■".aree non è lor.ò.ata. Le statistiche dimostiano anzi cne in questi anta il vero pericolo alla città s venuto dalle basse maree ». Il canale censiste in uno scavo del fondo lagunare da Malamo;cc a Marghera che faciliterà la navigazione di super| petroliere e navi containei'3, I > riducendo i ..osti di tra| sporto ». cana.e è una scelia politica, si può difenderi la in nome di Marghera' è j rischioso difenderli in nome di Venezia. Mancano 1800 metri di scavo, dopo potranno salvarci solo le statisti: che. Si ha l'impressione che Rigo abbia accantonato, per il bene e per il male, tutte le polemiche, gli stupori e gli sdegni dei cittadini foresti. Anche il mistero dei trecento miliardi che finanziano la legge speciale « per la salvaguardia di Venezia » è lasciato al gusto romano dei sofismi. Da dove vengono? Da un prestito internazionale? Il governo lasciò intendere a suo tempo che il denaro del prestito era già stato impiegato altrimenti. « Non ci interessa la fonte del denaro, l'importante è che ci sia. Il prestito internazionale non era un regalo del mondo a Venezia in pericolo, ma una cessione di denaro caricata di tutti gli interessi ». La legge elei 1973 è comunque piena di eccellenti propositi: « La Repubblica garantisce la salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua lagima, ne tutela l'equilibrio idraulico, ne preserva l'ambiente dall'inquinamento atmosferico e delle acque e ne assicura la vitalità socioeconomica, nel quadro dello sviluppo generale e dell'assetto territoriale della regione ». Nella legge la città viene prima dei cittadini, secondo l'ottica internazionale del problema. I trecento miliardi vi appaiono già tutti ben distribuiti: 93 miliardi per l'equilibrio idraulico ed opere connes- se, 58 miliardi per acquedotti e fognature, cento miliardi per il risanamento del centro storico. « In realtà sono novanta miliardi, perché dieci vanno alla terraferma. Con questo denaro — dice Rigo — si comincerà un'opera improcrastinabile ». Anche un'opera di terribile difficoltà: si tratta di mettere le mani su Venezia, di pulire, restaurare, conservare, abbattere, ricostruire « perché i veneziani emigrati tornino in città, perché le case più povere siano condotte a un decoro civile, perché se ne vadano i villeggianti della seconda casa e restino i residenti ». Osserva Rigo che ci sono tredicimila pendolari fra Mestre e Venezia, e che il tessuto economico cittadino non è tutto raccolto attorno al turismo, ma ha artigianato, servizi e commercio (porto). Aiutare questi settori vuol dire «vivificare» Venezia: ma a che prezzo? Il Consiglio comunale ha approvato nel dicembre scorso i cosiddetti Piani particolareggiati, una specie di variante generale al Piano regolatore che indica i modi e i criteri per intervenire su Venezia. E' chiusa nei Piani una divisione della città in zona A e zona B che ha fatto gridare di giusta pena gli urbanisti. Nella zona A, corrispondente ai luoghi deputati del turismo, si potrà solo restaurare: nella zona B, nella Venezia minore e periferica, si potrà parzialmente abbattere e ricostruire. Se no spartizione restasse così \ ruvida e tranciante si aprirebbe la via alta più scomposta speculazione edilizia. E poi, con che criterio si e tagliata Venezia in due? Rigo precisa: « I Piani so- i ! | i i no stati approvati per non I fare scadere i tempi legali, per mantenere nelle nostre mani uno strumento urbanistico. Sappiamo benissimo che sono pieni di errori e di approssimazioni. Atten- diamo i ricorsi dei cittadini e ci proponiamo di autoe- mendarci ». Lo attendiamo anche noi. « Ogni casa di Venezia — dice il sindaco — ha una storia propria, fa esempio a sé, per ognuna si dovrà studiare il restauro o la ricostruzione ». E' un principio che trova d'accordo molti urbanisti, ma che non cessa di farci soffrire: Venezia non è una somma di case, ma un bene ambientale omogeneo, una casa unica. Si capisce che il capitolo del restauro è ancora tutto da inventare. Da una parte la bestemmia calcolata: « Ci seno case di nessun valore anche nel centro storico »; dall'altra la postilla disarmante: « Dove troveremo i muratori esperti, gli artigiani del restauro ormai scomparsi da Venezia? » Tra utopia ed errori, tra proposta culturale e politica locale, sono momenti decisivi per Venezia, giunta al confine dove le parole finalmente si confrontano con la realtà. « Noi cerchiamo credibilità — esclama Rigo —. Non vogliamo imporre nessuna soluzione preconcetta, desideriamo un largo confronto con tutte le forze culturali ». Bisogna subito prenderlo in parola. Venezia. Turismo in gondola (Foto Solavaggione - "La Stampa")

Persone citate: Foto Solavaggione, Gianni Pellico, Longo, Mario Rigo