I dati del confronto governo - sindacati di Giovanni Trovati

I dati del confronto governo - sindacati S'aprono le vertenze d'autunno I dati del confronto governo - sindacati II documento che sarà presentato oggi anticipa la relazione programmatica dello Stato • Nel '76 il reddito crescerà del 2-3% (Dal nostro corrispondente) Roma, 17 settembre. Le tre confederazioni attendevano un incontro con il governo, il governo ha fatto sapere che preferisce consegnare loro un documento sulla situazione attuale e sulle previsioni per il prossimo anno. E' un'innovazione voluta da Moro. In riunioni lunghe e ripetute, sindacati e governo nel passato avevano discusso molto, cominciando alla sera per finire all'alba, ma con risultati deludenti. Anzi, ma lo si ammette solo adesso e sottovoce, le due parti si incontravano già consapevoli di trarne poca utilità. Il motivo primo è che mancava una base concreta di dati per un confronto serio. Per evitare una fatica che deteriora i rapporti e favorisce la sfiducia, si cambia metodo. Il governo elabora i dati in suo possesso, i sindacati li esamineranno, dopodiché si potrà discutere insieme. Se errori furono compiuti, si tenta di non ripeterli. Al fine di offrire un quadro completo il governo aveva pensato addirittura di anticipare la relazione programmatica che per legge deve essere presentata al Parlamento entro il 30 settembre. Ma ci sarebbe voluto tempo, mentre le tre confederazioni avevano annunciato una loro riunione per giovedì 18. Allora si è convenuto di redigere un documento, che sarà presentato domani o dopodomani, con le parti principali della relazione previsionale. Conterrà una valutazione del 1975 e una previsione del 1976, indicherà l'incremento prevedibile del reddito nel '76 rispetto al '75 e che dovrebbe aggirarsi sul 2-3 per cento. Poi porrà il quesito ai sindacati: se questo modesto incremento (che sarà quantificato in lire) andrà tutto in salari non rimarrà nulla per eli investimenti, ossia per garantire e possibilmente accrescere l'occupazione. In tal modo si responsabilizzano le confederazioni, ma anche si riconosce che il governo non è in grado di proporre con autorità una sua linea: la politica economica, nel senso più ampio, può scaturire solo da un confronto o, nel caso peggiore, da uno scontro. Per il 1975 il documento prevede che l'aumento dei redditi di lavoro sia del 22 per cento, superiore all'aumento dei prezzi che dovrebDe aggirarsi, come media, sul 16-18 per cento, mentre il costo del lavoro dovrebbe arrivare al 28 per cento (nel costo del lavoro si tiene conto non solo degli aumenti salariali, ma anche dei contributi e di altri fattori). Il costo del lavoro tocca punte così alte da rendere sempre meno competitiva sul mercato estero, come disse Moro, la nostra produzione. Forse l'unico punto positivo nella valutazione dell'anno in corso è dato dall'aumento dei prezzi calcolato « dicembre (1975) su dicembre (1974) » che sarà contenuto in un 10-12 per cento, e che indica una inversione di tendenza del processo inflazionistico. Il raffronto però tra aumento dei salari e aumento dei prezzi va fatto, per questi ultimi, con il dato che deriva dalla « media su media » ossia dalla media del 1975 rispetto alla media del 1974 e che è, come abbiamo riportato, del 16-18 per cento. I due dati, 16-18 per cento, come « media su media », e 1012 per cento, « dicembre su dicembre », indicano il rallentamento dell'inflazione, che è un punto positivo, in parte però annullato dalla recessione che sinora non diminuisce. Ed è la recessione che comporta riduzione dei posti di lavoro. E' stato detto che gli aumenti dei prossimi contratti non dovrebbero superare il tetto del 10 per cento, se non si vuole mettere in pericolo il sistema. Questa indicazione non trova d'accordo tutti i ministri: alcuni osservano che è la traduzione arrotondata in lire italiane delle 6 sterline inglesi (cifra che quei sindacati si sono impegnati a non superare), ma che non rispecchia la nostra reale situazione nel settore pubblico e nel settore privato, quale emerge dagli ultimi calcoli. Il documento era stato annunciato per questa sera. Moro invece ha voluto riunire ancora una volta i ministri interessati (Colombo, DonatCattin, Toros, Visentin! e il vicepresidente La Malfa) per un'ultima messa a punto. Cosicché sarà consegnato do¬ mani, o forse dopodomani, quando il dibattito del direttivo delle tre confederazioni sarà cominciato. I sindacati hanno accolto la notizia con disappunto: in ogni caso in un Paese dove la lentezza diventa norma meglio il ritardo di un giorno, ma che il documento sia esauriente. Quando Cgil, Cisl e Uil lo avranno esaminato daranno una prima risposta al governi, risposta non facile perché, tra l'altro, dovrebbero essere in grado (per evitare che il salario continui ad essere una variabile indipendente, tesi sostenuta nel 1969, ora respinta a parole, non sempre nei fatti), di concordare con le singole federazioni di lavoratori pubblici e privati quale parte del reddito dividere e come dividerlo, e quale parte destinare agli investimenti per la ripresa economica. Questo richiede un sinda¬ cato « capace di dirigere », la frase di Lama, e di « elevare i livelli di coscienza e di unità delle classi lavoratrici per assolvere meglio alla propria funzione nazionale ». Se il compito del governo è arduo, lo è più ancora quello che si chiede alle confederazioni, perché debbono resistere alle pressioni settoriali e al rischio di una fuga degli iscritti a favore degli autonomi. Così si comprende perché, al di là delle conseguenze del 15 giugno, ritorna la spinta dei sindacati a collegarsi con i partiti. Se l'autunno del 1969 dimostrò ai sindacati qual è la loro forza, tanto che il governo adesso è consapevole che senza di essi non può fare alcuna realistica programmazione, l'autunno del '75 potrebbe dimostrare il grado di maturità sociale dei sindacati. Giovanni Trovati

Persone citate: La Malfa, Lama, Moro, Toros, Visentin

Luoghi citati: Roma