Viaggio nella Russia d'oggi di Alberto Ronchey

Viaggio nella Russia d'oggi LA CRONACA DELLA TELEVISIONE Viaggio nella Russia d'oggi Iniziato il documentario di Sergio Giordani e Alberto Ronchey Dopo gli Stati Uniti d'oggi, colti da Furio Colombo nei varii aspetti della vita sociale, privata, quotidiana, ecco l'Unione Sovietica ritratta più o meno con lo stesso si- ^J^^^^^TiJ^ un'analisi completa e minuziosa, il che costituirebbe un'impresa ciclopica da venti o trenta puntate (le quali, poi, apparirebbero fatalmente sempre lacunose), ma una serie di colpi di obbiettivo su una determinata realtà giudicata indicativa e significativa; sette le puntate, sette gli argomenti. La trasmissione, che è partita ieri sul « nazionale » alle 21 e 45, s'intitola Russia allo specchio ed è stata realizzata da Sergio Giordani, autore di numerosi servizi giornalistici, che si è avvalso della consulenza e della competenza di Alberto Ronchey, della collaborazione di un altro esperto come Alfonso Sterpellone, dell'assistenza in materia etnografica di Diego Carpitella e del commento musicale di Piero Piccioni. Si è voluto dunque fare le cose senza economia, e difatti non ci si è serviti di pellicola di repertorio, ma si è girato tutto sul posto, percorrendo in lungo e in largo l'immenso territorio dell'Unione Sovietica. Da un punto di vista tecnico il programma, nel suo esordio, ci è parso ineccepibile: inqua- J Arature sapienti, fotografia suggestiva, ritmo sorvegliato, effetti Ai sicura presa. Quest'esordio non è mai stato noioso; anzi, sempre teso, sempre spettacolare. E la sostanza? Il risultato, vogliamo Aire? Di risultato si potrà par¬ lare, a nostro avviso, solo alla fine, quando le sette puntate si saranno concluse. Adesso è troppo presto. Dell'Unione Sovietica è stato illustrato ieri sera un unico aspetto, quello patriottico e militare. Al termine il pubblico aveva nella testa una immagine insistita e martellata: l'Unione Sovietica è un immenso campo di esercitazioni dove ciascun cittadino è idealmente in divisa sin dalla nascita e dove le ceriìnonie di tipo celebrativo sono all'ordine del giorno. Dietro tale immagine — prepotente, e impressionante, in primo piano — c'era il discorso più accessibile per noi della molteplicità di popoli che abitano l'Unione Sovietica e della necessità di tentare di avvicinarli e cementarli con un forte sentimento patriottico: e dietro aticora. ma lontano e sfumato, l'altro discorso dell'amalgama tra popolo ed esercito. Ma, ripetiamo, il « racconto » era incentralo massicciamente — con notevole abilità — sull'apparato militare sovietico e sul culto delle memorie belliche. Ecco il pellegrinaggio a Stalingrado (oggi ribattezzata Volgograd), ai piedi di una gigantesca vittoria alata, con l'intervista ad un colonnellodonna, nell'esercito dal 1919, che ha il vasto petto letteralmente ricoperto da una cascata di medaglie. Ecco la partenza delle reclute dall'Armenia (la ferma è di due o tre anni): dovrebbe essere una festa popolare e invece la sequenza è profondamente triste, sottolineata da ima musica struggente, con quei ragazzi che vanno via am¬ massati siti camion, nel vento, e le donne che li salutano correndo tra la polvere. E poi c'è la cerimonia del giuramento della recluta: passi marziali, schieramenti ferrei, visi severi, bandiere, generali, graduati, giovani che affermano di essere pronti a versare il loro sangue per la patria... Incalzante, il documentario non perde occasione per ribadire il concetto: marciano i bambini impettiti e pure loro scandiscono solennemente le parole impegnative di un giuramento di fede; e i giovanetti portano berretti da combattenti e imbracciarlo un moschetto o un mitra; e gli adulti sfilano in cortei interminabili con simboli, cartelli, insegne, vessilli, acclamati da gruppi di autorevoli personaggi che battono le mani ritmicamente con gesti che sembrano meccanici, o assistono con reverenza compunta allo scoprimento di una statua di Lenin in una sperduta cittadina della Siberia... Per questo dicevamo che è meglio aspettare: molto probabilmente, anzi certamente, le altre puntate ci offriranno dell'Unione Sovietica un volto più umano, più articolato, meno rigido, meno da caserma. Della serata ricordiamo ancora la ripresa da Castrocaro di Voci nuove per la canzone dove si è esibita la debuttante torinese Grazia Sanvitale: presentatore Mike Bongiomo il quale s'affaccia di quando in quando alla tv dalla porticina di servizio in attesa, presumibilmente, di una solenne rentrée. u. bz.

Persone citate: Alberto Ronchey, Alfonso Sterpellone, Diego Carpitella, Furio Colombo, Lenin, Mike Bongiomo, Piero Piccioni, Sanvitale, Sergio Giordani