Dovremo dire addio alla pastasciutta?

Dovremo dire addio alla pastasciutta? Dietologia a Saint-Vincent Dovremo dire addio alla pastasciutta? St-Vincent, 13 settembre. «Siamo tutti omogeneizzati»: questa non me l'aspettavo all'apertura delle «Riunioni internazionali di alimentazione e dietetica», aperte oggi a Saint-Vincent per discutere sull'educazione e l'informazione dei consumatori. Più o meno, sappiamo che gli omogeneizzati sono cibi trattati in modo da rompere le strutture I delle componenti, per trasforI marli e renderli meglio assimilabili; ma il prof. Luigi I Travia, che apriva i lavori — è il direttore dell'Istituto di scienza dell'alimentazione a Roma, uomo di altissima autorità nel campo conversatore immaginoso — usava queste parole, per dire che anche le strutture umane cambiano. Diventiamo sempre più particelle di una massa, la massa della civiltà consumistica. Siamo passati da una società patriarcale agricola, in cui si mangiava soprattutto quello che si otteneva direttameni te dalla terra, ad una società ] industriale, in cui abbiamo a disposizione risorse alimentaI ri molto maggiori, ma non sappiamo servircene. Mangia| mo troppo o troppo poco, troppo di certe cose, poco di altre; siamo in una grossa confusione. La dietetica ha avuto un'evoluzione molto rapida, è passata per fasi tumultuose di sviluppo. Solo adesso si incomincia a preoccuparsi di fare qualcosa di più per arrivare a risultati concreti nel tessuto della vita sociale. Avete pensato, per esempio, a tutto quello che si potrebbe fare nelle mense aziendali? Ecco un punto scottante. Nelle mense di tutte le collettività si cerca di dare un cibo e un sistema di cibo il più possibile vicino a quelli familiari, senza pensare a rivedere razionalmente il discorso. Ma se ci si provasse, non si rischierebbe di provocare diffidenze, ostilità? E gli ospedali? Contro la dieta negli ospedali, si sono pronunciati sia Travia, sia l'altro relatore, il professor Edoardo Turchetto dell'Università di Bologna, il professor Publio Viola, che rappresentava «Minerva Medica», promotrice da quattro anni di questi incontri (mode] ratore il professor Marcello Proja), e numerosi altri specialisti intervenuti. Per uno come me, che assisteva da profano, la scoperta che negli ospedali spesso dan¬ no da mangiare in modo errato e magari molto errato, è stata choccante. Danno la dieta per la malattia — ho sentito — non per il malato. Cioè, danno la dieta per curare il fegato, per esempio, ma dimenticano a chi appartiene quel fegato, cioè l'uomo, l'organismo nel suo insieme, con le sue esigenze più complesse; e così finiscono per fare danno, invece di aiutare. Ho sentito in proposito alcuni dati impressionanti, rivelati da una indagine sempre all'Università di Bologna, dove stanno portando avanti una grossa azione di divulgazione dei principi di una dietetica moderna. Ben 65 persone su 80 sono risultate carenti nella loro alimentazione della famosa vitamina C, per errata scelta dei cibi, e questo, proprio in Italia, Paese della verdura e della frutta. Per altre vitamine, la carenza si era rilevata in percentuali da 40 su 80 a 79 su 80. Tutto questo per sistemi di alimentazione sbagliati, o anche per uno sbagliato trattamento degli alimenti. Seguivo questi ed altri discorsi nelle due sedute di oggi e un po' mi riconsolavo, un po' mi preoccupavo, con la mia modesta passione della buona tavola, che non vuol dire certo ghiottoneria smodata, bensì ricerca dei cibi che abbiano ancora un gusto genuino, incontro umano, rifugio dalla frenesia e dallo stress della vita di oggi. E mi domandavo ancora una volta: ma insomma, dovremo imparare a mangiare scientificamente, dovremo vivere da malati o da robot — attenti ai grammi, ai grassi, a questo, a quello, usando uno slogan che non posso mettere da parte —, per morire sani? E come facevano i nostri avi senza tutta questa tecnologia alimentare? Per fortuna, sono venute anche affermazioni correttive. Tutti, incominciando da Travia, hanno sottolineato che bisogna pur tenere conto di certe componenti psicologiche, che il cibo non è solo un combustibile da mandar giù indifferentemente. Qualcuno ha detto: «Lo gnocco fritto degli emiliani è pesante da digerire, come no; ma tira su il morale, con le pillole non ci riusciremmo». Così, scacciata la gola dalla porta, rientra, tutto sommato, dalla finestra. Vincenzo Buonassisi

Persone citate: Edoardo Turchetto, Travia, Vincenzo Buonassisi

Luoghi citati: Italia, Roma, Saint-vincent