Tibet, un socialismo lassù tra le nuvole
Tibet, un socialismo lassù tra le nuvole Tibet, un socialismo lassù tra le nuvole Pechino, 10 settembre. Dieci anni fa, il 9 settembre 1965, veniva annunciata la formazione dell'assemblea della regione autonoma del Tibet, la prima a essere eletta nella storia del Paese. Il partito e il governo cinese hanno deciso di dare grande rilievo a questo anniversario, e di cogliere l'occasione per ribadire la loro politica nei confronti delle minoranze. Pechino ha inviato a Lhassa una nutrita delegazione, giiidata dal vice-primo ministro Hua Kuo-feng, in cui sono rappresentate molte minoranze nazionali e in cui sono presentì numerose donne, come si fosse voluto dar l'idea che le passate oppressioni degli uomini o degli han (il gruppo etnico cui appartiene il 94 per cento della popolazione cinese. n.d.rj traessero origine dagli stessi principi che oggi vengono combattuti. La regione tibetana è terribilmente lontana da Pechino. Agli occhi dei cinesi, questo mondo gelato, appollaiato al di sopra delle pianure fertili, a quattro chilometri di altitudine, appartiene a un altro universo. Il Tibet ha pochi abitanti e un immenso territorio: sono, oggi, un milione 300 mila persone, ossia un cinquecentesimo della intera popolazione cinese. Ma occupano un territorio che è un ottavo della Cina, posto alla frontiera del nemico indiano: la sua importanza strategica è del tutto sproporzionata alla sua popolazione. Che è accaduto in dieci anni? Prima di tutto, la collettivizzazione. Mentre nelle pianure le comuni popolari, federazioni di cooperative, erano divenute un fenomeno generale già nel 1958, il Tibet, all'inizio del 1965, non conosceva in pratica che i piccoli gruppi di mu tua assistenza. Fu solo il 5 ottobre 1974 che l'agenzia Nuova Cina potè annunciare che oltre il 90 per cento dei villaggi tibetani aveva formato le «comuni popolari». In questo Paese sottosviluppato, bloccato dai tabù e dalle superstizioni, l'ideologia socialista ha pur finito col penetrare. A poco a poco, il partito è riuscito nella sua impresa: si è dedicato al reclutamento, soprattut¬ to tra i giovani, così da evitare che il comunismo apparisse come una peculiarità degli han, straniera ai tibetani. Lo sforzo si è intensificato in questi ultimi anni: nel '72 e nel '73, per esempio, sono stati reclutati più di undicimila comunisti. Tutte le «comuni popolari» hanno ora un bureau di partito, e quasi tutti i membri di questi bureaux sono tibetani. Tuttavia, è ancora difficile trovare dirigenti tibetani in numero sufficiente. Queste difficoltà si riflettono nella composizione del comitato regionale del par- tito. Il primo segretario, Ren Rong, è un han; degli otto segretari che l'assistono, quattro sono han. Infine, sette dei dieci altri membri regolari escono dalle minoranze nazionali. La situazione è cominciata a migliorare dopo il 1970, e la maggioranza tibetana si afferma progressivamente grazie all'entrare dei giovani nei posti di responsabilità. In condizioni ambientali così ingrate, l'industrializzazione non è facile. Tuttavia, si nota qualche prògl'esso. Il numero di fabbriche e officine è passato in dieci anni da sessantasette a duecentocinquanta; si tratta soprattutto di centrali elettriche, cementifici, concerie, industrie tessili, fabbriche di macchinari agricoli ecc. L'incremento economico è notevole, ma bisogna tener conto del livello di produzione iniziale, assai basso, e del fatto che si tratta senza dubbio della regione più povera del Paese. La produzione industriale in dieci anni pare sia quadruplicata (come il numero delle fabbriche), la produzione di cereali è aumentata del 48 per cento e ha ormai reso la regione autosufficiente per ciò che riguarda il grano. Nell'allevamento, si è registrato un incremento, dal 1958 a oggi, del 280 per cento, ma l'aumento del 25 per cento nell'ultimo decennio è insufficiente. La popolazione del Tibet si è accresciuta, dal 1950, di trecentomila unità, cioè una percentuale tra il 25 e il 30. malgrado le fughe del 1959, dopo la ribellione. Non si ha alcuna cifra per ciò che riguarda gli anni più recenti, ma senza dubbio il miglioramento delle misure igieniche e il sensibile innalzamento del livello dì vita dovrebbero rinforzare la tendenza all'aumento. Uno sforzo enorme è stato compiuto nel campo dell'educazione. La trasformazione più decisiva è probabilmente quella della mentalità tibetana. In nessuna altra parte del territorio cinese i divieti, il misticismo e le mistificazioni erano stati spinti tanto oltre. Venti, nuvole, tempeste di neve portavano forse a credere alle forze soprannaturali, ma anche l'ignoranza e la brutalità del passato regime avevano giocato un loro ruolo. Nel complesso, la politica seguita nel corso degli ultimi dieci anni si è rivelata efficace, e il Tibet è rimasto abbastanza tranquillo. Qualche scontro sporadico vi è stato ancora, in qualche regione, durante la rivoluzione culturale. Però, né Ciang Kai-shek né la Cia americana hanno più i mezzi di paracadutare armi e di addestrare combattenti come una volta, e la ribellione perde forza. Il Nepal ha costretto i guerriglieri Khampas a divenire sedentari. Alla Cina non resta che sforzarsi ancora di raggruppare i fuorilegge e di continuare a offrir loro una possibilità per rientrare al Paese natale. Ma questo problema passa ormai in seconda linea. Alain Bouc Copyright di « Le Monde » c per rimili] de « La Slampa » tChugucha/<\ r ° t-^Urumchi . _ f* oLopNor S ' DESERTO DEL TAKLA MAKAN
Persone citate: Alain Bouc, Ciang Kai-shek, Hua Kuo-feng, Rong
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