Otto ore nelle mani dei banditi rinchiusi nella banca a Milano di Piero Cerati

Otto ore nelle mani dei banditi rinchiusi nella banca a Milano Undici persone prese in ostaggio durante una rapina Otto ore nelle mani dei banditi rinchiusi nella banca a Milano Entrati nell'istituto di credito, i due rapinatori sono stati visti da un vigile che ha dato l'allarme - Accerchiati da ingenti forze di polizia hanno minacciato di uccidere gli ostaggi se non gli fosse stata data via libera e 200 milioni - Dopo estenuanti trattative, si sono lasciati convincere e si sono arresi - Tutti salvi gli undici prigionieri Milano, 8 settembre. Terrore a Milano: due banditi per quasi otto ore hanno minacciato di uccidere undici persone prese in ostaggio durante una rapina in banca. Asserragliati negli uffici, circondati dalla polizia e dai carabinieri, tenuti sotto mira dai « cecchini » appostati tutto attorno alle finestre, con una serie di ultimatum hanno tenuto la vita degli ostaggi legata a un filo. Sono state ore di terrore, di estenuanti trattative mentre la folla faceva ressa davanti alle grandi vetrate della banca. Alle 17 i banditi si sono arresi: sono usciti con i passamontagna sul volto, scortati dai tiratori scelti con giubbotti anti-proiettìle e pistole di precisione in pugno, mentre migliaia di persone tentavano di avvicinarsi. C'è stato qualche grido ostile: « Alla forca, alla forca »; un tentativo di scagliarsi contro i due rapinatori è stato bloccato daini' Battaglione meccanizzato dei carabinieri che faceva cordone. I rapinatori prima di arrendersi hanno ottenuto di essere portati nell'ufficio del loro avvocato, Gianni Colaleo, e di essere arrestati «per tentata rapina» dal sostituto procuratore Ferdinando Pomarici. Hanno voluto la presenza del giornalista Maffei dell'ansa «come avallo morale dell'accordo». Erano le 18 quando i due rapinatori, Vincenzo Bellardita, 31 anni, di Caltagirone, e Nicola Ventimiglia, 27 anni, di Stromboli, entravano in carcere a San Vittore. Ventimiglia ha dichiarato: «Mi sono arreso per non fare male agli ostaggi e perché l'avvocato mi ha convinto che non valeva la pena rendere trent'anni dì prigione per una stupidaggine così. Il mio torto è che non mi sono accontentato dei dieci milioni che avevo già preso, ne volevo di più e mi hanno catturato». II Bellardita ha invece dichiarato: «Mi raccomando che si sappia che una delle due pistole era finta. Io facev ol'autista per questo colpo. Il primo a entrare in banca è stato Ventimiglia con la pistola vera; io avevo quella finta. Abbiamo sempre minacciato gli ostaggi con la pistola finta. Stamattina alle 9,20, il vigile urbano Giuseppe Gazzola vede in piazza Insubria angolo via Pistrucci una donna che fugge spaventata dall'agenzia numero 7 del Credito Commerciale. Capisce che sta accadendo qualcosa, estrae la pistola e si avvicina alla banca: dalle vetrate vede alcune persone a terra, sta per allontanarsi e dare l'allarme quando un bandito col passamontagna azzurro calato sul volto esce dagli uffici, scorge il vigile e rientra subito. Da quel momento inizia l'assedio. Arrivano i vigili Pierluigi Cabrini, Antonio Catenazzo e Roberto Martinelli, mettono le auto di traverso la via per impedire la fuga dei rapinatori. Pochi minuti dopo giungono anche carabinieri e polizia. I banditi hanno la loro Affetta bianca, rubata, parcheggiata davanti alla banca. Sembra siano quattro, con due mitra j e due pistole, poi alcuni pas- j i santi precisano che sono tre. I Alle 10, i rapinatori telefonano dalla banca al 113: chiedono al dottor Sciscio di ritirare tutte le auto: il funzionario risponde che non può, anzi ne giungeranno altre. Allora telefonano a Osvalda Mazzocchi e le dicono: «Signora, siamo banditi, suo marito è nelle nostre mani, dica alla polizia e ai carabinieri di lasciarci an dare altrimenti lo uccidia mo». Passa mezz'ora e il sostitu- to Ferdinando Pomarici parla con i banditi dal telefono del bar «Ottolina», quattro metri a sinistra della banca: «Arren- detevi, dice il magistrato, un reato di tentata rapina non è un tentalo omicidio; rischiate meno galera». Come risposta, i banditi dicono di voler un'auto, 200 milioni e la via libera per la fuga. Il procura- tore capo Micale respinge la —' j richiesta, ma sollecita l'inter! vento dell'elicottero dei cara\ binieri, pilotato da Benedetto j Cardino, per inseguire i ban' diti qualora diventasse indi• spensabile lasciarli scappare. j Due giornalisti parlano con i \ rapitori, si offrono come i ostaggi per dimostrare la j buona volontà di trattare, ma | Micale si oppone, Le ore passano, i banditi I per telefono minacciano di ! cominciare ad uccidere uno : per uno clienti e dipendenti della banca. Verso le 11,30 hanno però un ptimo cedimento, lasciano uscire un ostaggio: Antonio Brivio; poi esce un bambino di sette anni, quindi altre quattro persone. Ora negli uffici sono sotto il tiro delle armi rimangono quattro clienti e sette dipendenti della banca. Alle 13,55 nuova telefonata al bar: i raj pinatori chiedono l'intervento ; del loro avvocato, Gianni Co; laleo, e ottengono panini e bi; bite per tutti. Una «volante» ì porta il legale al caffè «Ottoli| na». Per telefono icominciano , le trattative: i rapinatori chie; dono l'Affetta e via libera per Piero Cerati (Continua a pagina 2 in prima colonna) Milano. Il momento della resa: uno dei rapinatori, incappucciato, viene condotto fuori (F. Goletti - La Stampa) Milano. Carabinieri cercano di trattenere la folla intorno alla banca dove sono asserragliati i banditi (F. Goletti)

Luoghi citati: Caltagirone, Milano, Ventimiglia