Giorno per giorno il calvario di Cristina di Piero Cerati

Giorno per giorno il calvario di Cristina Giorno per giorno il calvario di Cristina (Segue dalla 1" pagina) sostiene la Criminalpol di Milano), Sebastiano Spadaro, Achille Gaetano e il fratello, il primo luglio rapiscono Cristina presso Erba. La portano a Castelletto Ticino, in un bosco vicino alla cascina dove abitano Giuliano Angelini (un geometra, implicato in ricettazione, furto di autocarri, assegni a vuoto) e l'amica Loredana Petroncini. Sino a sei mesi prima avevano affittato dall'ingegner Telemaco Tomasetti, di Milano, un villino a Galliate, nella riserva di caccia. Un'abitazione appartata, d'una certa eleganza. I carabinieri avevano però diffidato Angelini e cercato di allontanarlo dal paese per il suo comportamento. Nulla da fare: Angelini aveva presentato ricorso, tramite avvocati, ottenendo di rimanere. Nel febbraio però gli giunge il foglio di via obbligatorio e si trasferisce a Castelletto Ticino, dove ha affittato una cascina a 600 mila lire l'anno. Qui riceve l'ordine di preparare una cella sotterranea per un rapito; forse glielo impartisce il Milan, che è già in contatto con i Gaetano. Angelini è geometra, ha le capacità tecniche per preparare una «prigione» adatta. La sera del primo luglio Cristina giunge alla cascina, forse è narcotizzata. Angelini si stupisce: «Aspettavo un uomo» dice. La ragazza viene messa nella cella: una tana sotterranea di pochi metri quadrati nel portico. Dentro si respira a malapena, c'è un quarto dell'ossigeno necessario ad una persona; lo spazio non esiste: distesa su un materassino, con due coperte, la ragazza deve restare quasi immobile. Per ventisette giorni Cristina vive in queste condizioni. I carcerieri si alternano: sono Angelini e la Petroncini, Libero Ballinari, cittadino elvetico (utile per portare la valuta in Svizzera), Rosa Cristiano, amica di Angelini, ma ora innamorata di Luigi Gnemmi. La donna vive con due figli e lo Gnemmi a Galliate, dove hanno una gelateria; è stata accolta nella banda perché Angelini e la sua compagna hanno bisogno di uscire, di farsi vedere in giro per non destare sospetti. Si recano sovente al bar «Pergola» di Rosella Minghini, da dove telefonano a diverse persone: danno ragguagli sulle condizioni dell'ostaggio e riferiscono le risposte che ottengono alle loro domande per far capire ai genitori che Cristina è ancora viva. Sono infatti cominciate le trattative. Milan, Spadaro e Vittorio Campino telefonano ai familiari e fanno le richieste. Il padre di Cristina, Elios, chiede prove per sapere se la figlia è ancora viva. Angelini telefona al Milan e viene informato sulle domande che deve fare a Cristina. Ottenute le risposte, Angelini ritelefona. Ma la prigione è troppo angusta, Cristina sta morendo lentamente avvelenata dall'ossido di carbonio, forse ha anche la polmonite, di certo non è più lucida. Allora, per far sapere che è' viva, le fanno firmare la testata di un quotidiano e la inviano ai genitori; le fanno anche scrivere alcuni biglietti, brevissimi, perché la ragazza incomincia a perdere la memoria ed ha bisogno di cure. C'è una pausa nelle trattative, poi i banditi telefonano al padre della ragazza: «Te la seviziamo», e gli spiegano i particolari. Vogliono il riscatto ad ogni costo. E si giunge ad un accordo: un miliardo e 50 milioni, da consegnare a Cairate, su un'auto che seguirà un percorno obbligato Cristina dev'essere liberata quattro giorni dopo, Elios Mazzotti chiede però una prova per aver la certezza che la figlia è ancora in vita o che non sta trattando con «sciacalli» inseritisi nella vicenda: i banditi dovranno dirgli qual è l'ultimo acquisto fatto dalla ragazza alla Rinascente e qual è il dolce preferito dalla moglie di Johnny, un suo amico. Angelini e la Petroncini interrogano Cristina, inutilmente: la ragazza non ragiona più, è avvelenata per la poca aerazione della cella; da giorni non mangia più. Occorre farla parlare a tutti i costi, il miliardo è a portata di mano. Si ricorre a un farmaco. Quale? Nel dicembre del 1974 è stato messo in commercio l'Espiran (una scatola vuota è stata trovata sull'auto dello Gnemmi, usata anche dalla Cristiano), serve per curare polmoniti, enfisemi e per ossigenare il sangue arterioso. Una dose massiccia può ridare lucidità mentale per qualche attimo a Cristina. La ragazza viene portata fuori dalla cella, nell'alloggio della cascina. Dodici iniezioni le ridanno uno sprazzo di lucidità: ricorda qualcosa, risponde alle due domande. Angelini è soddisfatto; telefona a Milan, che incarica Spadaro di riferire ai genitori. Il 28 luglio il riscatto può essere pagato. Cristina però è in coma. Il clan calabrese della banda ha capito che la polizia li sta braccando: Spadaro e Milan sono stati fotografati nelle cabine telefoniche (lo dice la Criminalpol di Milano), ma hanno fatto perdere le tracce. Inoltre Angelini ha già predisposto di far scomparire la «prigione»; ha assoldato i muratori «per coprire una fossa, che dà fastidio nel portico». Gli operai il 27 luglio giungono a dirgli che sono pronti per il lavoro: lo anticipano perché nel periodo delle ferie hanno minori impegni. C'è un altro fatto: il 27 mattina il «geometra» vede carabinieri e polizia aggirarsi nella zona, s'informa e viene a sapere che cercano una ragazza rapita (la denuncia è stata fatta dai genitori di una giovane di Borgo Ticino, che ha fatto tardi la notte per ballare). Decide allora di trasferire Cristina in un luogo che sembra più sicuro: avverte Rosa Cristiano che allontani l'amico dall'alloggio di Galliate con una scusa, perché ne ha bisogno. Luigi Gnemmi viene mandato con i due ragazzi della Cristiano presso Gignese (Stresa), poi dalla suocera a Margherita di Savoia (in Puglia). La donna gii dice che deve andarsene perché dopo una rapina un corriere di valuta è rimasto ferito e dev'essere ospitato nell'alloggio. Lo Gnemmi dopo un po' riceve soldi da Rosa (che gli racconta di essere nel giro delle rapine) e chiede il permesso di acquistare una gelateria. Gnemmi se ne va e alla sera del 27 arriva Cristina. L'accompagnano Angelini, Ballinari e Giannicarlo Geroldi (chiamato però semplicemente Gianni). La ragazza è messa a letto; è già in coma, ma per essere sicuri che non si svegli e chieda aiuto, le somministrano del Valium. Ora sembra che dorma, con addosso soltanto una maglietta, rannicchiata, nella posizione che le è sempre stata abituale, quando viveva con i genitori. Non sente più nulla, i giorni felici non le possono più tornare alla memoria, si spegne lentamente. Il 29, i carabinieri si recano dalla Cristiano per accertamenti sul permesso chiesto dallo Gnemmi per la gelateria (sia chiaro: non hanno il compito né la possibilità di fare una perquisizione). La Cristiano resta impassibile, risponde alle domande, ì carabinieri se ne vanno. Chi protesta è Gianni Geroldi: «Non me la sento, non me la sento di restare ancora in casa con la ragazza». Il 31 mattina Cristina si spegne. Muore nel sonno per la massiccia dose di medicinali. Bisogna sbarazzarsi di lei, ma occorre attendere la sera, per cui il corpu rannicchiato assume la rigidità cadaverica. L'Angelini trova una soluzione: gettare Cristina nella discarica, dove andava a sparare col flobert ai topi. E' un'idea sua, o qualcuno gli suggerisce il mezzo per far scomparire ogni traccia, con assoluta sicurezza, come qualcuno bene addentro alle cose medico-scientifiche gli ha già suggerito di usare l'Espiran? Interrogativi senza risposta. I periti sostengono che provare scientificamente qualcosa sarà quasi impossibile. Che ogni ipotesi è valida. Ha ragione Ballarmi che ora dice: «Angelini propose di portarla alla discarica perché aveva già gettato un altro cadavere e più nessuno ne aveva saputo niente». Due auto partono la sera del 31 luglio: su una ci sono Milan, Spadaro e Achille Gaetano; sono diretti a Segrate, dove giungono verso le 23; ritirano i soldi del riscatto dagli amici di Elios Mazzotti e ripartono. Milan va a Varese dov'è pronta la cella che deve ospitare Cristina prima di essere liberata, Gaetano a Turbigo per attendere l'arrivo dell'Angelini con la ragazza e prelevarla; Spadaro con i soldi si reca a Lamezia Terme. Sull'altra auto sono Ballinari, Angelini e Geroldi: si dirigono verso il Varallino, giungono alla discarica e gettano il corpo di Cristina tra i rifiuti, quasi sull'orlo dell'orrida pozza di liquame. Il Ballinari scende, trascina il corpo uri po' in su, poi lo ricopre con terra e rifiuti, gli mette sopra una carrozzina: una bambola rotta esce fuori e finisce vicino a Cristina. Ballinari prende del catrame e copre la tomba. I complici l'attendono, poi tutti salgono sull'auto e se ne vanno. Milan e Gaetano non li vedono arrivare e decidono di sparire, capiscono che qualcosa non è andato come doveva. Sanno che i soldi dovranno andare a prelevarli al Sud e così fanno. Angelini in Calabria assiste al litigio tra Achille Gaetano e «Franco». Gaetano strepita: «Ci avete fatto rapire una persona che non rendeva molto». «Taci tu — risponde "Franco" — so io che cosa faccio e come faccio va bene». Angelini è venuto a Lamezia Terme con la sua auto targata Novara (gli inquirenti ora cercano il garage dov'è stata lasciata) e viene rimproverato da tutti. Quella vettura dà troppo nell'occhio. E' fatto salire su una «127» e portato a ritirare 104 milioni del riscatto da dividere con Ballinari, Petroncini, Cristiano, Geroldi. Quando la banda del «geometra» torna al Nord, affida al Ballinari i soldi da cambiare in Svizzera, dov'egli è nato. Una prima «spedizione» riesce, ma durante la seconda, Ballinari è arrestato e parla. Forse gli inquirenti sono risaliti a lui attraverso l'inchiesta sul traffico di valuta (in carcere finisce anche Fausto An\ dina, impiegato dell'Union de Banques Suisses, che avrebbe preso il 20 per cento delle somme convertite); mentre s'indaga sulla posizione dell'agente di cambio sanremese Francesco Russello, arrestato per ricettazione, perché sorpreso a depositare in banca denaro del riscatto. Ballinari, di fronte alle foto dei complici che telefonano e che prendono il miliardo a Cairate (l'auto era stata seguita dalla Criminalpol), racconta tutto. Sedici persone vengono arrestate, due ricercate (Achille Gaetano e Sebastiano Spadaro). E' arrestato anche Alberto Menzaghi, macellaio, di Mornago (Varese) che dice: «Io ho soltanto dato due milioni per finanziare l'impresa». Aver ucciso una ragazza di 18 anni, torturato i genitori per due mesi, rimane per Menzaghi una «impresa». Piero Cerati