Cristina: hanno voluto ucciderla Forse assassinati altri ostaggi di Piero Cerati

Cristina: hanno voluto ucciderla Forse assassinati altri ostaggi La feroce banda dei sequestri di Castelletto Ticino Cristina: hanno voluto ucciderla Forse assassinati altri ostaggi Dopo un mese di prigionia, nell'agghiacciante cella di Castelletto, la ragazza verso la fine di luglio, stordita dai sedativi e forse già agonizzante, venne accompagnata nella discarica di Galliate e finita con una bastonata al capo - I banditi, con disumano cinismo, hanno continuato a fare pervenire alla famiglia prove contraffatte per farla credere ancora in vita • Come si è giunti alla cattura della banda che probabilmente è responsabile di altri tragici sequestri - Arrestate nella giornata di ieri altre due persone (Dal nostro inviato speciale) Novara, 2 settembre. Cristina Mazzetti è stata uccisa con una bastonata alla nuca: un'esecuzione sommaria. Per definire questa banda di rapitori, che agiva fra Como, Varese e Novara, non vi sono parole, tanto i fatti sono orrendi. La polizia non esclude che la stessa sorte di Cristina possa essere toccata a Stucchi, Riboli, Saronio, tre rapiti dei quali non si è mai più saputo niente. Forse si scaverà ancora nella cavadiscarica dove il corpo della ragazza è stato trovato ieri notte: gli scomparsi potrebbero essere qui, sotto mucchi di rifiuti o nel liquame maleodorante che stagna sul fondo. L'autopsia sul corpo di Cristina, rapita il 1° luglio ad Erba, è stata compiuta oggi, alle ore 17, dal prof. Baima Bollone, di Torino, presente il procuratore capo di Novara, che dirige le indagini. I risultati sono coperti dal segreto istruttorio. Verrà anche eseguito un supplemento di perizia. Ma è quasi certo che sulla calotta cranica della povera ragazza si nota una macchia bluastra, che ieri sera aveva fatto pensare ad un colpo di pistola sparato a bruciapelo. Invece dovrebbe essere una bastonata, come a bastonate sono stati eliminati Ceretto (presso To rino) e Lovati (vicino a Bre scia). Tra i casi non vi sono legami, ma è la ferocia che li rende affini. '• Le indagini sul rapimento e sulla morte di Cristina Mazzotti si svolgeranno da oggi a Novara: lo ha deciso stamane, alle 4, la Magistratura, nel corso di una riunione. L'inchiesta è stata affidata al procuratore capo di Novara, Marcello De Felice. Sei degli arrestati sono giunti alle 15 da Como. Sono: Giuliano Angelini, di 39 anni, la sua amica Loredana Petroncini, di 32 anni, Giuseppe Milan, di 50 anni, Giovanni Geroldi, di 31 anni, e due calabresi dei quali la polizia non ha voluto fornire le generalità, che il capo della Mobile novarese, dott. Madia, è andato a prelevare con nove auto e trentasei uomini. Oggi, dopo un sopralluogo alla cascina di Castelletto Ticino dove Cristina ha vissuto per circa un mese, prigioniera in una « cella », sarebbe stata scoperta a Galliate, ad una quarantina di chilometri di distanza, una seconda prigione della ragazza, in un alloggio. Su questa localizzazione non si conoscono molti particolari: l'unico fatto certo è che sono stati arrestati Cristiana Rosa, 26 anni e Luigi Grenni. I due sarebbero i titolari della casa di Galliate dove Cristina sarebbe stata tenuta prigioniera prima di essere uccisa. Si parla anche del ritrovamento di alcune banconote che facevano parte del riscatto pagato dal padre di Cristina. La banda non è al completo: mancano Sebastiano Spadaro, 23 anni, di Reggio Calabria, e Achille Gaetano, di Gizzeria (Catanzaro): questa è la componente calabrese, che ha fatto pensare alla mafia e all'anonima sequestri. La polizia li sta cercando. Sono anche assenti Libero Bellinari, 25 anni, corriere di valuta, e Fausto Andina, 28 anni, impiegato dell'Union de Banques Suisses, in carcere a Lugano. Il quadro sembra completo, poiché vi sono i carcerieri (Angelini, Petroncini), lo autista e l'uomo delle trattative (Milan e Geroldi), gli esecutori del sequestro e cassieri (Spadaro e Gaetano), vi sono poi alcuni uomini di mano, anch'essi calabresi: per questo si pensava a collegamenti con il caso D'Amico. Secondo la polizia, mancano però alcune persone importanti, poiché la gang doveva essere formata da una quindicina di persone; manca soprattutto chi ha saputo creare indizi e prove che hanno indotto Elios Mazzotti a credere che la figlia fosse ancora viva sino a una settimana fa. Avevo parlato con Mazzotti per telefono, nove giorni or sono, quando chiese per la seconda volta il silenzio della stampa sul sequestro. Nell'appello, una frase diceva: «Siamo nel momento più delicato 'delle trattative, che può decidere della sorte di mia figlia». Gli avevo domandato: «Dalle sue parole mi sembra di capire che lei è certo che Cristina sia viva». La risposta era stata: «Sì». Dal 27 luglio (o dal 31, secondo un'altra ipotesi), in realtà, Cristina era sepolta nella cava di Varallino a Galliate. La polizia non rivela come i banditi abbiano potuto ingannare Elios Mazzotti, perché «le indagini su questa pista possono portare a clamorosi sviluppi». Vi sono però indiscrezioni: il commerciante di Como avrebbe continuato a ricevere le testate di un quotidiano firmate dalla figlia (oltre a qualche biglietto senza data, quindi fatto scrivere in precedenza). Egli sarebbe stato sicuro che la scrittura era di pugno della ragazza. Ciò significa che la banda disponeva di un uomo abilissimo nel contraffare la calligrafia. Forse le indagini sono rivolte in questa direzione. I banditi erano organizzati | e spietati, ottenuto il riscatto, | uccidevano gli ostaggi. Per ot- ; tenere i soldi ricorrevano a | metodi efferati. Il padre di I Cristina sembra sia stato terrorizzato con il racconto delle sevizie che la giovane poteva subire nella sua prigione. «Era la cella più disumana che abbia mai visto — dice il capo della mobile — soltanto un uomo con una vigorìa fisica e psichica eccezionale avrebbe potuto evitare la pazzia, pensate a una ragazza di diciotto anni». In pochi metri quadrati sotto terra, Cristina è vissuta per un mese. Le uniche tracce lasciate nella prigione sono un materasso sporco di larghe macchie di sangue e tubetti di medicinali, forse il «neuroalgan», lo stesso trovato accanto al cadavere. La storia di questa banda va raccontata per disteso, secondo quanto ha detto «spontaneamente» (come sostiene mini inumili miliiiiiiiiimiimi la gendarmeria svizzera) Li bero Bellinari. Giuliano Ange lini e Loredana Petroncini abitavano a Galliate, in una casa vicino alla discarica. L'uomo, nel novembre scorso, veniva però allontanato con foglio di via obbligatorio. Faceva la bella vita, spendeva; poi si scopri che era implicato nel traffico dei Tir rubati, fu accusato per assegni a vuoto, furto e ricettazione. I due a novembre si trasferiscono a Castelletto Ticino, dove affittano la cascina «Padreterno» per seicentomila lire l'anno. Si sono spostati appena di una trentina di chilometri, ma nessuno li conosce (neanche i carabinieri?), infatti fanno amicizie, si spacciano per sposini: lui laureando, dopo aver ottenuto il diploma di geometra, lei casalinga. Allevano lumache, poche galline. Mettono una serie di canne attorno alla rete di cinta «perché mio marito deve studiare». In realtà, l'Ange- i uiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiii'ii tu n i lini sta preparando una prigione sotto terra, a livello del pavimento (ha studiato da geometra, sa farlo). E' in questa cella che dal primo luglio viene ad «abitare» Cristina Mazzotti. Bellinari avrebbe detto: «Angelini fu avvertito che doveva giungere un ostaggio, preparasse la prigione. Ma non si aspettava una donna, per cui rimase sorpreso». In paese si vedono anche il Milan e il Bellinari: sono tutti ex contrabbandieri, che hanno smesso la loro attività diventata ormai poco redditizia. Hanno pensato di passare ai sequestri. Milan lavorava da Tullio De Micheli, uno dei rapiti in Calabria, una certa esperienza in materia poteva averla. Il riscatto richiesto per Cristina è di due miliardi, si tratta e s'arriva a un miliardo e cinquanta milioni, da versare tutti in una volta. La consegna avviene a Cairate (Varese) il 27 luglio. Il denaro è portato con l'auto di alcuni amici dei Mazzotti; segno di riconoscimento: un portabagagli sul tetto. Il percorso da seguire è stato spiegato per telefono, gli inquirenti hanno però intercettato la conversazione e seguono cautamente l'auto con i denari. Riescono a fotografare i banditi da lontano. Ora la polizia e i carabinieri dispongono di alcune foto, mentre la taglia di cento milioni messa dagli industriali del Comasco incomincia a far gola agli informatori. Qualcosa trapela, ed è una terribile ipotesi: Cristina sarebbe stata uccisa. Il giro di denaro smuove le lingue. Ma sembra sia la fortuna ad aiutare in modo decisivo le indagini. Il 19 agosto viene arrestato in Svizzera un corriere di valuta: è Libero Bellinari. Pochi giorni dopo, l'accusa è di correità in se| questro di persona, estorsioI ne e ricettazione. E' uno dei fotografati alla consegna del riscatto per Cristina Mazzotti? Per ora gli inquirenti non lo dicono. Anche Giuseppe Milan viene arrestato a Biandonno (Varese). Bellinari parla: Cristina era a Castelletto Ticino fino al 27 luglio, nascosta in una cascina; spiega che Angelini gli ha raccontato come quella sera (o il 31? resta da accertare) fossero giunte quattro persone con una iiBmvn e avessero detto: «Consegnaci la ragazza e taci»; si erano poi portati via Cristina. Per rendere credibile la storia, Angelini avrebbe aggiunto altri particolari: recatosi a S. Eufemia tra il 6 e l'8 agosto, la mafia lo aveva processato. Quattro incappucciati lo avevano portato in campagna e sottoposto ad una serie di prove per accertarsi se fosse «coraggioso»; una specie di Piero Cerati (Continua a pagina 2 in quinta colonna) unni ni uni iiìiiiiiiiiìiiiiiiiiii Galliate. Il luogo dove è stato trovato il corpo di Cristina Mazzotti (Foto «La Stampa»)