Shostakovic, la musica che lotta con i demoni

Shostakovic, la musica che lotta con i demoni Il maestro ricordato da chi gli fu vicino Shostakovic, la musica che lotta con i demoni « Il poeta era morto. Il suo viso, pure conservando lo stesso pallore, negava qualcosa, un viso che una volta sapeva tutto del mondo... Come possono essi capire quanto sia lungo questo cammino. Il mondo e lui erano stati uniti ». Questi i versi di Rilke usati da Shostakovic per la sua XIV Sinfonia, la penultima. Dmitrij Dmitrievic Shostakovic è morto, il grande maestro è scomparso, logorato dalle sofferenze ma non avvilito, anzi più grande che da vivo, immerso in una sua completa solitudine malgrado la venerazione sincera di uomini a migliaia, in primo luogo in Russia, sconvolti dalla sua tragedia personale. Una tragedia che fu tutt'uno con una vita dedicata alla musica, nella cui lingua egli parlava con l'umanità ricordandole continuamente le forze del male e il loro dominio su di noi. Egli stesso aveva il dono di una tale purezza che né i demoni né i « bene intenzionati », che in patria e all'estero pretesero correggerlo per tutta la sua vita, poterono toc care la sua anima. Com'è arduo comprendere che cosa accadesse nell'animo di Shostakovic in tutti quegli anni! L'amore per la Russia e per la sua gente era senza dubbio sincero ma, malgrado questo, quale aiuto poteva dare? Forse con il suo brigare presso i burocrati, novelli personaggi di Gogol', in favore di qualche artista di talento, di qualche musicista suo collega, privato della casa, della famiglia, del posto al Conservatorio? Sì, egli era più dentro alla vita di quanto paresse. La sua musica raggiungeva talvolta la cima della poesia; quella poesia che secondo Pasternak è anche nell'erba « se solo ci si voglia chinare ». Che i destini umani toccassero profondamente Shostakovic mi è noto anche attraverso un'esperienza personale. Egli tentò infatti di aiutarmi in un momento difficile, provando imbarazzo per la propria impotenza, la debolezza sociale che ci paralizza tutti in clima totalitario. La sua musica è intcssuta di questa tragedia, il mostro pauroso incombente nelle sue Sinfonie è appunto lo spietato, implacabile totalitarismo. Shostakovic visse negli anni in cui esso maturava, ne osservò la ginnastica e il rinsaldarsi dei muscoli, i preparativi per la lotta. Poi, per volontà clel destino, egli stesso diventò parte di questo processo. Nella IV e nella Vili Sinfonia i tromboni gridano disperatamente l'approssimarsi dello tenebre, ricordando il potere sospeso sull'uomo. Il rullo dei tamburi prepara il campo a una battaglia che in realtà non ci sarà, perché le tenebre vinceranno comunque. Ma dopo questa vittoria corporea, non dello spirito, in alcune sinfonie e in altre composizioni, rimane una melodia solinga, sospesa in narcosi, che con la sua dol- cezza infonde non speranza ma torpore, come a rievocare un altro mondo, o forse qual- che misterioso conforto do nato da Shostakovic e mai in- terpretato da alcuno. Il grande musicista Heinrich Neuhaus, che ebbi per maestro, ascoltando la V sinfonia anelava con tale tensione alla risoluzione di accordi • dissonanze nella prima partì che, udito finalmente un puro Do Maggiore, scoppiò a piangere e fece con la mano un gesto, quasi avesse capito di « che cosa » si trattasse. Neuhaus fu il primo a infondermi affetto per Shostakovic. Negli anni precedenti i miei studi con lui al Conservatorio di Mosca, la musica di Shostakovic mi era parsa troppo « zaumnaja » finteilettuale) e complessa. Poi vi furono gli incontri. Con Neuhaus, innanzitutto, quando studiava assieme agli allievi i Preludi dell'Opera 34 spiegando le modulazioni di ogni brano con tanta appassionata chiarezza da far intuire come questa fosse musica scritta col sangue. Seguì l'incontro con Dmitrij Dmitrievic, in occasione di esecuzioni di sua musica in concerti sinfonici e da camera. Vidi per la prima volta Shostakovic nell'estate del 1957 al Conservatorio, dove suo figlio Maksim e io davamo gli esami d'ammissione. Maksim esegui il 2° Concerto per pianoforte, scritto per lui dal padre che lo accompagnò su un altro pianoforte. Io mi trovavo presso la sala in cui si svolgeva l'audizione. Improvvisamente quella musica allegra e spensierata si interruppe e il direttore del Conservatorio Sveshnikov, uscì nel corridoio con entrambi gli Shostakovic: il compositore, me ne accorsi subito, era emozionato quasi che l'esame lo avesse sostenuto lui. Negli Anni Sessanta assistetti al periodo probabilmente più bello nella vita di Shostakovic, se mai vi fu in essa una fase del genere. Ci furono allora le prime esecuzioni della XI e della XII Sinfonia e, con la prima esecuzione dopo un intervallo di trent'anni, l'effettiva rinascita della IV e della Vili Sinfonia, del Concerto per violino, composto in epoca remota, e inoltre la ripresa dell'opera « Katerina Izmajlova ». Queste esecuzioni furono altrettante conferme della statura del compositore, del suo genio e dell'enorme popolarità. Assistetti anche alla prima esecuzione della XIII Sinfonia, fra tutte la più umana e la più politica, composta sul poema « Babij Jar » (La fossa Babij) di Yevtushenko. Shostakovic era presente al concerto, e nella sala vidi dei gruppi di ebrei che lo applaudivano freneticamente gridandogli « Spasibo! » (Grazie). Generalmente, soprattutto in Occidente, evocando questa Sinfonia si mette in rilievo solo l'esplicito poema di Yevtushenko sul i destino degli ebrei fucilati , . ! dal nazisffl * *iev e mai com "S'è S°' ! vletlcne- ! In essa il russo Shostako i vie, affrontando, con la sua \ struggente conflittualità do 1 stoevskiana, il tema dell'e I braismo, ha mostrato quan to esso appartenga anche ai j russi perché il destino degli I ebrei, scacciati dalla loro pa- tria, si estende all'intera umanità alla quale la terra natia da lungo tempo vien meno sotto i piedi. Ma si trascurano un po' le altre parti della sinfonia, che invece considero la più alta espressione civica di Shostakovic: come la melodia insistente che esi rime la paziente sfibrante .'ita quotidiana delle donne, delle madri sovietiche. Un'altra parte («Le paure») è una pagina autobiografica nell'opera del musicista. Tuttavia finisce per vincere l'umorismo, che in Russia, pur bandito e perseguitato, riesce sempre a sopravvivere. Il compositore era presente a tutti questi concerti. Usciva sul palcoscenico della grande sala del Conservatorio, impacciato come sempre quasi avessero suonato musiche di un altro, sussultando e sollevando impetuosamente le braccia del direttore, per lo più K. Kondrashin; poi si allontanava dopo qualche convulso inchino da marionetta. Davanti a Shostakovic suonai una sola volta, un brano non suo ma di un anziano compositore nord - coreano, cui avevo promesso di eseguire, all'esame di licenza,» le opere per pianoforte e l'accompagnamento di quelle vocali. Shostakovic, che presiedeva la commissione, ringraziò tutti con cordiali strette di mano, quasi fossero meritate... L'ultimo mio ricordo di Shostakovic (mi ero intanto trasferito in Italia) è legato allo studio e all'esecuzione degli Aforismi, brani giovanili poco eseguiti, e della 2' Sonata per pianoforte. I dieci brevi Aforismi palesano l'interessante evoluzione del giovane Shostakovic, che negli Anni Venti non ripudiava la tecnica dodecafonica né quella politonale, né in genere quella atonale, come mostra il loro uso in queste composizioni. Sorprendente è il Notturno, brano inaspettatamente non conforme alla tradizione, colmo com'è di visioni agitate, paurose, e di assonanze taglienti. Così il musicista immaginava la notte, la « musica notturna », simile in ciò ai personaggi pietroburghesi di Gogol', Dostoevskij, o a quelle di M. Bulgakov e Olesha. La 2" Sonata è opera geniale, completamente sinfonica, composta nel 1943 poco dopo la VII Sinfonia, sotto l'impressione della guerra e, durante l'assedio di Leningrado, della morte dell'amato maestro di Shostakovic, il pianista L. V. Nikolaiev, al quale è dedicata. Per essa il compositore scelse la tonalità più mesta, quella in Si Minore, prediletta da Chopin, Liszt, Beethoven e Brahms. Il ciclo della Sonata è per Shostakovic come il ciclo stesso della vita: vi risuonano, soprattutto nella prima parte, le pulsazioni di un'epoca terribile, disumana. Nella seconda parte, insieme a una melodia funebre, fiera, di grande altezza, batte sordamente il cuore umano. Nelle Variazioni del Finale una voce solitaria, di stile affine a quello della canzone popolare russa, cresce gradualmente fra i merletti di un ritmo affannato. Un cuore ansimante, oppresso da muri insormontabili, fa un ultimo sforzo. Dopo un concerto, un ascoltatore sensibile mi disse che questa parte della Sonata gli suscitava un ricordo d'infanzia: lo sforzo di divaricare le due metà di un ramo (l'operazione primitiva dei fanciulli per farsi una fionda) quando, nell'attimo più bello, si crede raggiunto lo scopo: e invece il legno non resiste e si spacca. « La morte è onnipotente. Vigila anche sulle ore felici. Nell'attimo supremo della vita patisce con noi, vive e brama, e piange in noi ». (Rilke). Valerij Voskobojnikov Dmitrij Shostakovic

Luoghi citati: Italia, Leningrado, Mosca, Russia