Come Sadat porta l'Egitto all'accordo con gl'israeliani
Come Sadat porta l'Egitto all'accordo con gl'israeliani Al Cairo si dà per sicura la firma tra domenica e lunedì Come Sadat porta l'Egitto all'accordo con gl'israeliani (Dal nostro invialo speciale) Il Cairo, 29 agosto. Ormai la cosa è certa, an- che se non ancora ufficiale: ì l'accordo sarà parafato dome-!nica o lunedì ad Alessandria e a Tel Aviv, con i suoi tre documenti, israelo-americano, egitto-americano e «tripartito». La radio egiziana racconta la «spola» di Kissinger che tornerà domattina da Israele, dopo aver rinviato al 3 settembre il suo discorso all'Onu, e spiega come e perché l'intesa raggiunta circa il «secondo disimpegno» nel Sinai sia una grande vittoria egiziana che nello stesso tempo non attenua per nulla la decisione del Cairo di continuare la lotta per la liberazione di tutti i fratelli arabi. «7o non ho mai trattato con Israele — ha detto questa notte il presidente Sadat in una breve conferenza stampa nel palazzo-giardino di Mamura — ho trattato soltanto con il segretario di Stato americano». E così, seguendo questa linea di intransigenza verbale, la radio mette in rilievo che l'accordo ha un carattere unicamente militare, locale e temporaneo e ripete che una «pace globale» con Israele è | una eventualità ancora tanto lontana da non poter esser nemmeno presa in considerazione. Ciò che importa, dice, è liberare i territori egiziani occupati, ed è ciò che è stato ottenuto, sia pure in misura molto limitata, con l'accordo attuale. Così pure era importante allontanare il «nemico sionista» — come si esprimono abitualmente i giornali di qui — dalle immediate vicinanze del Canale di Suez, e anche questo è stato ottenuto. Ed era importante, infine, riavere i pozzi di Abu Rodeis che possono produrre quattro milioni di tonnellate di grezzo l'anno, e pure questo si è avuto. Anche se, a quanto si afferma, ma la voce è incontrollabile, il giacimento è stato sfruttato dagli israeliani in maniera addirittura «stakanovista», e i pozzi sono parzialmente allagati, così che, per qualche anno, sarà ben difficile agli egiziani ricavare una goccia di petrolio. In realtà il raggiungimento d'un accordo, sia pure con tutte le restrizioni, è un successo per le due parti. L'Egitto poi aveva bisogno dell'accordo non meno di Israele. Le spese di guerra erano diventate mostruose e assolutamente insostenibili — specialmente dopo la cessazione pressoché totale degli aiuti militari sovietici — per un Paese come l'Egitto che si trova sull'orlo del disastro economico e dove è impossibile trovare un lavoro per tutti. In ogni ufficio, incarico, negozio o bottega ci sono almeno cinque persone dove una sarebbe più che sufficiente. I generi alimentari scarseggiano, persino il tè, che è la bevanda più comune, deve essere importato, come lo zucchero e la carne. In pari tempo il presidente Sadat (che dimostra sempre più d'essere un tattico di eccezionale levatura oltre che l'indiscusso signore del Paese) aveva bisogno di consolidare il successo della guerra del Kippur e segnare con esso l'avvio di una nuova strategia che gli permettesse di assumere la leadership effettiva del mondo arabo. Non può certo sconfessare formalmente Nasser (la cui memoria è ancora venerata dalle masse ma i cui ritratti scompaiono ogni giorno un poco), ma può prenderne le distanze così da garantirsi il massimo di flessibilità verso ogni settore dell'opinione pubblica araba. Nei giorni scorsi, e non è un caso, hanno giurato fedeltà a Sadat gli sceicchi di Marsa Matruh e 8U u,ema dell'Università Al ,Azhar\_11 fuo im'^° personale Achraf Maruan duomo che più d'ogni altro, forse, fa cilitò la vittoria di Sadat nel! marzo 1971 contro la fazione di Ali Sabri che tentava un colpo di Stato) sta concludendo il suo giro in dodici capitali del Medio Oriente per procurargli l'appoggio dei go- verni arabi. Nello stesso tem po i nuovi tecnocrati del Cai¬ ro cercano di ottenere (sijparla d'un grande consorzio internazionale con Francia, Giappone, Germania, oltre naturalmente gli Stati Uniti) un sostanziale apporto di capita li esteri per quella «rifonda¬ zione» industriale senza la | quale l'Egitto non può vera- i mente rinnovarsi. Ma questa azione politica, I co e sociale (l'Egitto di oggi sostanzialmente rivolta alla pace e al progresso economi- si guarda bene, ad esempio da ogni eccesso di confessionalità islamica, come accade in Libia) Sadat non può perseguirla che fino a un certo punto, fino al punto, cioè, di non urtare i sentimenti delle i masse. Opinione pubblica è un termine moderno, ma il fanatismo popolare è un feno- meno una larga parte, quella più legata al culto di Nasser, gli si rivolterebbe contro. Può soltanto (Sadat ha due ani- me, una occidentale e una meno antico. Sadat non può I dire: «Sono disposto a lare I oggi la pace bilaterale con Israele», perché in questo caso il suo stesso popolo, o al- orientale) agire con i fatti, lentamente, un passo oggi e un passo domani. E c'è di più, si può ormai credere con certezza che Sadat sia riuscito a trarre dalla propria parte lo stesso presidente siriano Assad. La Siria oggi vuole soprattutto una cosa, le alture del Golan, ma sa di non poterle ottenere, tranne appunto con quell'accordo di pace «globale» che coinvolgerebbe i palestinesi e che per ora non è nemmeno ipotizzabile. Ma sa altresì che l'accordo per il Sinai è una premessa per un accordo analogo sul Golan. Secondo quanto è lecito presumere attraverso tutte le indiscrezioni avutesi e in base a un'analisi logica dei fatti, Sadat ha persuaso Assad a temporeggiare e a non opporsi, intanto, a un accordo limitato al Sinai. In cambio, quando a Ginevra la terI za fase dei negoziati per l'at- j ! ] | i tuazione del disimpegno sarà javanzata, Sadat potrà intervenire, sempre a nome della I presunta solidarietà araba, a favore d'una intesa parziale anche per la Siria. E in una prospettiva più lontana, quando la posizione di Kissinger si sarà ulteriormente rafforzata e avrà alle spalle un presidente eletto, e quindi in grado di premere con maggior sicurezza nei confronti di Israele, allora forse anche l'accordo con la Siria diventerà possibile. Magari alle spalle dei palestinesi. Non per nulla, in tut i|to questo sottile gioco diplo- matico, c e un grande silen-1zioso, re Hussein di Giorda- jUmberto Oddone I
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