Si pagano ancora i sussidi per il Risorgimento (1848) di Mario Salvatorelli

Si pagano ancora i sussidi per il Risorgimento (1848) Viaggio tra le cifre del bilancio statale Si pagano ancora i sussidi per il Risorgimento (1848) Sono stanziati 28 milioni per «assegnazioni vitalizie alle famiglie dei danneggiati politici del 1848-'49 delle province napoletane e siciliane e a quelle dei danneggiati e benemeriti politici del Risorgimento» (Dal nostro inviato speciale) Roma, 28 agosto. Nella prima «tappa» di questo viaggio nelle cifre del bilancio dello Stato (un grosso volume di 430 pagine, formato Gazzetta Ufficiale, di cui è, infatti, un supplemento, stampate in fitti caratteri), ci eravamo soffermati, tra l'altro, sui 20 miliardi, il doppio dell'anno scorso, che quest'anno dovremo ancora pagare per (d'esecuzione del trattato di pace» dell'ultima guerra, finita nel 1945. Il nostro stupore era fuori luogo: infatti il bilancio dello Stato si trascina dietro oneri relativi anche alle guerre precedenti. Non fanno «notizia», ovviamente, i 50 miliardi per i combattenti del 1915-18, insigniti dell'ordine di Vittorio Veneto.' Non solo è un assegno doveroso, e troppo a lungo fatto sospirare agli aventi diritto, ma qui si tratta di uomini dai 75 anni in su, che in Italia (compresi i non combattenti, ovviamente) si calcola siano intorno agli 800.000 (contro oltre 1 milione 300.000 donne). Può stupire, invece, che quest'anno siano stanziati nel bilancio dello Stato 20 milioni e mezzo per «pensioni ed assegni ai veterani delle campagne di guerra per l'indipendenza nazionale, loro vedove ed orfani, e pensioni diverse». Se non andiamo errati, l'ultima guerra per l'indipendenza fu quella del 1870, quindi i partecipanti ad essa — per non parlare delle altre — dovrebbero avere oggi almeno 125 anni, le loro vedove poco meno, i loro figli cent'anni circa. Evidentemente, sottovalutiamo la longevità della nostra razza: rivalutarla è sempre un piacere. Tanto più che dobbiamo risalire ancora indietro nel tempo (si potrebbe dire, nei secoli). Infatti, sempre quest'anno, pagheremo 28 milioni e rotti per «assegnazioni vitalizie e sussidi alle famiglie dei danneggiati politici del 1848'49 delle province napoletane e siciliane ed a quelle dei danneggiati e benemeriti politici del Risorgimento». E' probabile che questi milioni — po- ca cosa, del resto, in un bilancio di oltre 30.000 miliardi — vadano ai benemeriti del Risorgimento, che con il 1848 s'iniziò, ma non si concluse, perché se effettivamente esistono ancora danneggiati dagli eventi «politici» di 125 anni fa, ci sarebbe da gridare al miracolo. Il segreto, la spiegazione «terrena», sta forse in quella parola: «famiglie», che, almeno in questo caso, non pone limiti alla discendenza. Ma non è solo nelle glorie del passato che il bilancio dello Stato sembra non porre limiti alla spesa del contribuente presente. Anche le calamità naturali sono lente ad esaurire i loro effetti dolorosi. Tra i 78 miliardi 811 milioni stanziati dal ministero dei Lavori Pubblici nel 1975, «in dipendenza di pubbliche calamità naturali», figura un miliardo «per il completamento del trasferimento degli abitati di Gairo e Osini (Nuoro)». Non sapremmo dire, così su due piedi, quando il trasferimento cominciò, ma possiamo osservare che in tutto avrebbe dovuto riguardare non più di 4000 persone. Ma c'è un'altra voce, assai meno costosa ma molto più antica: 15 milioni per «concorsi e sussidi ad enti pubblici ed ecclesiastici in dipendenza dei terremoti del 28 dicembre 1908 e del 13 gennaio 1915». Si sa che lo Stato è un operatore economico «sui generis»: rapido nell'incassare, con severissime indennità di mora per i ritardatari, ma lento nel pagare. In questo caso, però, si tratta di calamità naturali rispettivamente di 60 e di 67 anni fa. Forse la denominazione della spesa iscritta in bilancio è manchevole: alle parole «concorsi e sussidi» doveva aggiungere «eterni». Il bilancio dello Stato, infatti, se è molto scrupoloso nei totali delle spese, tanto da prevederle fino alle mille lire: 30.373 miliardi 904 milioni 201.000 lire quest'anno (non si spinge più sotto, evidentemente per la nota scarsità di monete metalliche), non è molto preciso quando si tratta di spiegare certe spese. E' un peccato che, mentre s'invitano le società per azioni a compilare bilanci chiari, senza voci oscure, e si sta attuando una riforma in proposito, lo Stato non dia il buon esempio, con il proprio bilancio. Tra le spese di molti ministeri, per esempio, oltre a quelle di cui si è già parlato nelle precedenti «analisi», ricorrono spesso voci che suonano, semplicemente, così: incarichi speciali, spese riservate, spese casuali. Ne abbiamo incontrato per circa 900 milioni nel preventivo di spesa del ministero del Tesoro, per 600 milioni in quello delle Finanze (ma qui, almeno, c'è un'aggiunta: «spese riservate I del servizio informazioni svol¬ to dalla guardia di Finanza»), per mezzo miliardo nelle spese del ministero Affari Esteri, ed altre ancora. Non si capisce bene perché, mentre una società per azioni privata deve rendere pubblici — e comprensibili al pubblico — i propri bilanci, lo Stato, che gestisce il denaro pubblico, possa presentare bilanci che hanno tanti punti oscuri, e che, per giunta, nel complesso, sono a disposizione del pubblico, quello che paga, solo per modo di dire, cioè solo per chi è a conoscenza che esistono questi «supplementi alla Gazzetta Ufficiale» ed è disposto a spendere 4200 lire per acquistarli. Sarebbe troppo pretendere che lo Stato ne inviasse copia, gratuita, se non a tutti i 16 milioni di capi-famiglia italiani, almeno a quelli iscritti negli elenchi dei contribuenti per le imposte dirette (e sarebbe già poco, perché le imposte indirette, com'è noto, sono la colonna portante del bilancio di Stato)? Quanto meno, in questo periodo di disservizio ferroviario (non parliamo di quello aereo, ormai abituale), il pubblico potrebbe ingannare le ore di attesa nelle stazioni, leggendo il bilancio dell'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, dal quale risulta per quest'anno un disavanzo di oltre 1086 miliardi di lire. E' un passivo che supera gl'incassi del traffico della rete ferroviaria, dei traghetti e di altri servizi accessori, al netto delle somme versate dal ministero del Tesoro «per oneri relativi agli obblighi di servizio pubblico». Dove la parola «obblighi», evidentemente, va considerata in senso molto elastico. Mario Salvatorelli

Luoghi citati: Gairo, Italia, Nuoro, Osini, Roma, Vittorio Veneto