Cominciano a parlare?

Cominciano a parlare? Cominciano a parlare? (Dal nostro inviato speciale) Castelletto Ticino, 27 agosto. Diminuiscono sempre più le speranze che sia ancora in vita Cristina Mazzotti, la studentessa milanese rapita quasi due mesi fa a scopo di estorsione mentre tornava nella sua villa in Brianza dopo avere passato una serata in discoteca. Col crescente pessimismo che traspare dall'atteggiamento degli inquirenti italiani, contrastano le dichiarazioni rilasciate oggi dalla polizia cantonale ticinese che ha dato un grosso contributo alle indagini mettendo le mp-A sui corrieri della valuta e ha fornito alla Criminalpol indicazioni precise per arrivare alla prigione di Castelletto Ticino, sulla sponda novarese del fiume in cui Cristina è stata tenuta segregata per parecchio tempo. Per tutta la giornata nei locali della questura di Como il sostituto procuratore della Repubblica dottor Del Franco ha interrogato il geometra Giuliano Angelini di 39 anni e la sua amica Loredana Petroncini di 32, gli affittuari della cascina in cui è stata trovata la prigione della studentessa. I due, arrestati in un primo tempo solo per detenzione di una pistola non denunciata, in serata sono stati indiziati di sequestro e di associazione per delinquere. Ai due sono stati confutati gli elementi di prova trovati dalla polizia nell'irruzione compiuta due giorni fa: un pullover, un anellino e un orologio di marca Rolex riconosciuti dai familiari come appartenenti a Cristina Mazzotti. Davanti all'evidenza non hanno potuto negare. Non è stato possibile sapere quali siano state le loro ammissioni dato 10 stretto riserbo che circonda gli interrogatori. Dalle maglie del segreto istruttorio è comunque filtrato che l'Angelini avrebbe ammesso di aver tenuto nascosta Cristina sotto 11 pavimento della sua abitazione per oltre 25 giorni. La ragazza il 27 luglio, di notte, sarebbe stata prelevata da cinque persone che si sono presentate a bordo di due auto. Proprio in quei giorni la famiglia aveva versato la seconda rata del riscatto, in tutto più di un miliardo. Pochi giorni dopo, secondo la testimonianza di un vicino di casa dell'Angelini, l'uomo era nel cortile della cascina intento a lavare accuratamente una muta da sub. Su di essa le macchie di fango erano evidenti, ma quando oggi la polizia ha esaminato il completo da subacqueo ogni traccia era scomparsa. La muta con tutta probabilità sarà affidata alla polizia scientifica per vedere se è possibile trovare qualche traccia utile. Questa circostanza, unita al fatto che in casa è stata trovata una pianta accurata di un canale, ha fatto temere alla polizia che Cristina non sia più in vita e che il suo corpo sia stato affondato in qualche pozza d'acqua o addirittura nel Lago Maggiore, poco lontano dalla prigione di Castelletto. «Non sono ancora sospetti — precisa uno degli inquirenti — più che altro si tratta di timori, ma in questi casi preferiamo essere pessimisti per scoprire magari poi di esserci sbagliati». Secondo quanto si è appreso, gli inquirenti da parecchio tempo tenevano sotto controllo una quindicina di persone che potevano avere avuto a che fare già con altri sequestri. E proprio con i sequestri più tragici: quelli del trentenne di Olginate (Lecco) Giovanni Stucchi, dello studente Emanuele Riboli di Varese e di Tullio De Micheli di 61 anni di Comerio (Varese). In questi tre casi i rapiti malgrado siano stati pagati i riscatti chiesti, non hanno fatto ritorno alle loro abitazioni. Da questo ad ipotizzare che tutti, e con loro Cristina Mazzotti, siano vittime di una banda che sopprime i propri ostaggi il passo non è lungo. La polizia dunque teneva d'occhio questi personaggi sospetti, si parla di un gruppo numeroso di cui fanno parte parecchi calabresi. E infatti è calabrese uno dei ricercati, Sebastiano Spadaro, 23 anni, j sospettato di essere l'uomo che manteneva i contatti telefonici con la famiglia Mazzotti. Anche l'Angelini a Castelletto Ticino in un bar vicino a , casa usava molto il telefono. | Tutte le mattine chiamava in teleselezione due o tre volte e tutte le sere riceveva altrettante telefonate. E' chiaro che l'uomo non era altro che una pedina, e neppure di grande rilievo, dell'organizzazione e doveva sempre tenersi in contatto con i suoi capi per riferire come andavano le cose e per attendere istruzioni. Gli elementi che orientano in senso pessimistico la polizia italiana sono dunque parecchi e sono in stridente

Luoghi citati: Castelletto Ticino, Como, Lecco, Olginate, Varese