Crudeli giochi di ragazzi al Lido

Crudeli giochi di ragazzi al Lido Un forte film americano ha aperto la nuova rassegna di Venezia Crudeli giochi di ragazzi al Lido «Child's play », di Sidney Lumet : si scatena la violenza in collegio - «Il caso Raoul» di Ponzi: dramma di uno schizofrenico (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 27 agosto. Ha preso il via, con la bora, senz'ombra di ufficialità, nel primo pomeriggio, davanti a falangi di pubblico piccole ma serrate, la Biennale Cinema. Precedentemente, un lungo intrattenimento col presidente Ripa di Meana e il direttore Gambetti aveva chiarito molte idee e infuso buone speranze sul «nuovo corso», della manifestazione. Lo schermo del Palazzo del Cinema s'è acceso la prima volta per uno di quei film americani che avevano attratto l'attenzione del Consiglio direttivo per la loro sfortuna commerciale, sentita, da buon intenditore, come blasone di nobiltà. E si che Sidney Lumet non è un regista da sbaragli, ma un consumato volpone del cinema ambidestro (per la critica e per il pubblico), l'autore di La parola ai giurati, Uno sguardo dal ponte, L'uomo del banco dei pegni, per citare soltanto i suoi titoli maggiori. Ma questa volta, cioè nel 1972, con Child's play, che lo sceneggiatore Leon Prochnik ha tratto da un testo teatrale di Robert Marasco, egli è uscito fuori con un'opera avviluppata e tetra, senza donne, di sapore ingrato, e tuttavia incisiva. Almeno per qualche giorno non dimenticheremo questo collegio maschile St. Charles, retto da sacerdoti cattolico-romani frammisti ad insegnanti laici, dove tutto si fa sentire corrotto e di pertinenza satanica. Ogni tanto le esercitazioni sportive vi traboccano in cupa violenza; ogni tanto un giovane è martoriato dai compagni, e poi lasciato lì, con intenzione blasfema, tra nicchie e altari, all'attenzione esterrefatta dei didattici, che dal canto loro foscheggiano per mancanza di carità. Ma quel ch'è più grave, è che il martoriato, scansando i coni forti, sembra aver fatto lega ' coi suoi aguzzini. Un ex alunno che ritorna al collegio come insegnante di ginnastica. ha modo di costatare quanto tutto vi sappia di sulfureo. Il punto è di scoprire la sorgente di tanta corruzione. Il rettore arcigno? Certi pretini dalle movenze punto raccomandabili? L'anziano professore di latino, che fa dell'analisi logica uno strumento sadico e su cui grava l'accusa di dilettarsi di pubblicazioni pornografiche, il da tutti detestato Jerome Malley? O sarà invece il benvoluto insegnante d'inglese Joe Dobbs, colui che si dà aria di mette re ordine morale in tanto disordine? Un punto preciso non c'è; il male è nell'aria che si respira. E dal modo con cui alla fine, dopo che Malley s'è gettato da una finestra, i collegiali trasfigurati in demonii si stringono addosso ai superstiti, compreso Dobbs e lo stesso insegnante di ginnastica, per farne polpette, si capisce che il colpevole sono tutti e nessuno, o per meglio dire è il satanismo che va di moda anche nel cinema. Negheremmo a Child's play il merito di una profonda esplorazione nel male di tipo cattolico. Si capisce che là dove manca religione vera, tutto ne può prendere il posto e menarvi il trescone. Sì capisce anche quello che il film non si stanca di ripetere: che «la fiducia, siccome l'anima, quando sparisce, sparisce per sempre». Gli riconosciamo invece il pregio di una rappresentazione cattivante, tutta sull'orlo del mistero, e quali parti integranti di essa, la prova di un eccedente James Mason (il depresso Malley) e quelle dei non meno efficaci Robert Preston (Dobbs), Beau Bridges, Ronald Weyand e degli altri. Della fiducia che la Biennale Cinema ripone nei registi italiani giovani, hanno dato prova le due successive «proposte», dedicate rispettivamente al romano Maurizio Ponzi (critico cinematografico e già aiuto di Pasolini) e all'esordiente Peter Del Monte, autore delle Ultime lettere di Jacopo Ortis realizzato due anni fa per la radio-tv. Entrambe non sono da prendere sotto gamba; e perché della j seconda Cirene Ireneo si sa che avremo presto comoda occasione di parlare, occupiamoci in questo sommario della prima. Il caso Raoul, tratto da una storia vera che si svolge in una grande città tedesca tra il '50 e i nostri giorni. Il caso di Raoul è quello di uno schizofrenico di cui non sarebbe facile dire perché lo sia. Ma soccorre un'epigrafe di Ronald D. Laing: «Schizofrenico potrebbe essere semplicemente colui che non è riuscito a sopprimere i suoi istinti normali per conformarsi a una società anormale». Abbandonato dalla giovane mamma a due «adottivi», il piccolo cresce triste, con una piega per i giochi crudeli. Egli sa bene che colei che gli I hanno insegnato a chiamare mamma è una figura posticcia; e d'essere stato ripudiato dalla madre vera crede che la ragione sia in lui, in una certa sua inclinazione alla malvagità. Malinteso fatale; e perché tenuto gelosamente in corpo, doppiamente fatale. Cresciuto e diventato attore Raoul sembra normale, corre le sue avventure, e poco o nulla si ricorda della sua madre fasulla (Alida Valli). Ma il tarlo nel profondo non lo abbandona, e lo rode. Più tardi, avvenute certe sorprendenti agnizioni circa i genitori adottivi e il vero padre, addirittura quel tarlo lo distrugge. Per disgrazia egli ha frattanto sposato una soave creatura (Delia Boccardo), da cui ha avuto un bimbino. Vuole la legge del nostro schizofre| nico che quanto più le perso¬ ne ch'egli tratta sono buone, tanto più lo mettono in una disposizione cattiva. Tenerissimo col bambino, frusta la moglie e un giorno la trabocca giù dalle scale, ponendo le basi perché in suo figlio abbia a ripetersi la sua stessa sorte di abbadono, solitudine e angoscia. Così i soggetti freudiani he fanno altri, se la società, migliorando in se stessa, non produce interruzione. Ponzi ha condotto con cura il suo film, affidandone la parte più difficile al giovane jugoslavo Stanko Molnar e altre, di qualche importanza, a Milena Vukotic, Monica Monet. Laura Belli e Antonio Pierfederici. Ma il dramma di Raoul, oltre a presentare qualche punto oscuro nelle circostanze di fatto, poggia su una spiegazione più eloquente e tecnicamente suggestiva (per «flashes back»), che non persuasiva all'ultimo grado; quel grado che in questo genere di cose bisogna attingere. Vi si sente però in parecchi punti la presenza di un regista dotato; e II caso Raoul, rispettosamente accolto, può matricolarsi tra quelli che si dicono «film d'autore». Leo Pestelli

Luoghi citati: Meana, Venezia