Ritorno al Lido in punta di piedi

Ritorno al Lido in punta di piedi COMINCIA OGGI LA RASSEGNA DELLA BIENNALE VENEZIANA Ritorno al Lido in punta di piedi Si è recuperata giudiziosamente la sede della vecchia Mostra per assistere alle « proposte di nuovi film » (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 25 agosto. Il lettore sa che dalle ceneri della « Mostra d'arte cinematografica » di Venezia, oggetto di tante polemiche, dopo infinito stento ideologico e verbale che è costato in pratica la perdita di due anni, è sorta la « Sezione Biennale Cinema):, incaricata di gestire manifestazioni globali, di carattere spiccatamente culturale. Il nucleo di esse, ciò che più si avvicina al concetto tradizionale di rassegna, si denomina « Proposte di nuovi film »: dizione un po' contorta in cui si continua lo stento di cui si diceva. E' chiaro che se da una parte i film si propongono, dall'altra bisogna per forza leggerli: e cosi sia. Fuor di scherzo, questa fraseologia diciamo pure alquanto falsa, è spia del disagio che ha accompagnato la gestazione della nuova creatura, figliuola della contestazione, e « a monte » del quale (come si usa dire) è il terrore (con punte mistiche) di non avere a stuzzicare per vie impensate il fantasma della vecchia Mostra di origine e statuto fascistico, quella delle complicità industriali e dei deplorevoli « splendori mondani ». Il responsabile del settore, il critico Giacomo Gambetti, che per serietà e preparazione ha tutti i titoli per riuscire un ottimo allestitore, ha così dovuto lavorare in condizioni difficili; e a lui, come al presidente della Biennale Ripa di Meana, va riconosciuto il merito di avere alla fine fatto prevalere le tesi del buon senso: del vecchio edifizio pieno di crepe, serbare i muri perimetrali; non gettar via la vasca col bambino dentro. Tutto questo è però accaduto in clima di eccessivo riserbo, sotto cortine fumogene. Lo stesso Lino Micciche, il critico dell'» Avanti! », ha notato che mentre altre mostre o rassegne o festival anche di terziaria importanza sono prodighi di annunzi e informazioni anticipate, questo ne è stato avalvissimo: specie con la stampa, altrove careggiata, qui temuta. Si riseppe appena in tempo che la manifestazione sarebbe cominciata da una grandiosa « retrospettiva » di Griffith al Lido; ma quando e dove avessero a seguitare le « Proposte », fu per molti giorni semplice oggetto di deduzione. Soltanto all'antivigilia, dai pene¬ trali di Ca' Giustinian è venuta fuori, insieme con la data cronica (26 agosto - 7 settembre), la data topica: Lido, Palazzo del Cinema. Giacché era questo il punto più difficile da spuntare. E qual è il fine di queste « Proposte » che le distingua dalle comuni antologie cinematografiche? Anche qui l'enunciato non brilla per chiarezza. Saranno film (specialmente francesi e americani) che o per la loro « difficoltà » non hanno trovato facile il mercato, o che offrono una peculiare « rappresentatività » nell'ambito qualitativo e culturale. Per gl'italiani invece si è volutamente badato alla loro matrice (Ente di Stato), quale basta a conferir loro un carattere di « testimonianza » circa problemi economici e culturali particolarmente significativi (si sa dove para il discorso). Dunque un ospizio di opere respinte? Un'antologia di registi diffìcili? Un florilegio di cinema politico? Un po' di tutto questo, ma accompagnato, speriamo, con qualcos'altro. Anche il cartellone è venuto fuori precipitosamente, a valanga. Un cartellone particolareggiatissimo, così da volerci la lente; e respingente (almeno fino a questo momento, in difetto d'istruzioni tecniche) il recensore che non vi trova la carta del navigare. Dalla prima mattina a tarda sera, è tutto una proiezione, intercalata di « tavole rotonde », « seminari », « incontri » e « personali d'autore ». Muto d'America Oltre al proseguimento della retrospettiva griffittiana e un'antologia del « muto » americano affidata alla squisita competenza di Francesco Savio (e qui ci sono delle sirene cui vorremmo cedere: Carmen di De Mille, con Geraldine Farrar; Settimo cielo di Borzage, il fondamentale dei « film teneri», rivalutato dal surrealismo; Tol'Able David di King, con Richard Barthelmess, il primo western di grande respiro, debitamente analizzato da Pudovkin e molte altre), il cinema contemporaneo si inserisce, quanto all'Italia, con un gruppo di pellicole dell'Italnoleggio, firmate da Ponzi, Corona, Del Monte, Maiello, Breccia, Barolini e Mida; per la Francia con Thomas di J. F. Dion, Liti aime-moi di Dugowsan, Le homme qui dort di Queysan- ne; per gli Stati Uniti con due film di Cassavetes (Husbands e Minnie and Moskowitz), Child's Play di Lumet, The Blood Sisters di De Palma (il regista rivelatosi col Fantasma del palcoscenico) e, per tacer d'altri, Il mistero delle dodici sedie di Mei Brooks, il regista comico americano sulla cresta dell'onda. Urss e Ungheria saranno presenti rispettivamente con Premija di Serghe Mikaelijan e Nell'attesa di Imre Cyòngyossy. Attesa trepida Come si vede non mancano, a saperli isolare, motivi d'interesse. Né una manifestazione così palesemente « aperta », intrecciata e culturale, si offenderà se delle sue molte « proposte » noi accoglieremo quelle soltan¬ to che ci sarà umanamente possibile accogliere a vantaggio del lettore, rimandando le altre ai musei, alle cineteche, alle sale d'essai, donde molte di esse traggono origine. La nuova « Venezia anno Uno », trepidamente restaurata nello « squallore » ( tutto immaginario) del Lido, promette poco al colorista e nulla al mondano. Già in queste ore di vigilia s'intravedono figure di ci-devant (intendiamo i vecchi « inviati » delle vecchie mostre lagunari, piena la testa dei ricordi dei Chiarini e dei Rondi) perlustrare luoghi e ambienti che sembrano e non sembrano loro gli stessi. Un po' spaesati fra accigliati « addetti ai lavori », « seminaristi » e « gruppettari » che, per poco che sgarrino, sapranno rimetterli in riga. Eppure In. forza delle cose è quella che è, e rende inutili tante cautele. Là dove c'è un'esposizione di film, a Mosca come a San Sebastiano, là corre o dovrebbe correre la gente, libera poi di divertirsi o d'annoiarsi. Quando si pensi che già le ultime di quelle Mostre incriminate erano improntate, sebbene su basi fradicie, all'« austerità », dovrebbe bastare l'aver vinto sul piano statutario-strutturale senza volere stravincere sul resto, infliggendo ideologia e pro- paganda come doveri civili Che delitto sarebbe se dal sussiego della « Biennale Ci- nema » trasparisse uno schema d'antica data, socievole e allegro? Se ne scappasse qualche bel film, fuor d'ogni tendenza? Qualche bella donna? Staremo a vedere. Leo Pestelli

Luoghi citati: America, Francia, Italia, Mosca, Stati Uniti, Ungheria, Urss, Venezia