Bisogno di utopia

Bisogno di utopia NELLA SOCIETÀ ITALIANA Bisogno di utopia In uno studio dal titolo La struttimi di classe nelle società avanzate, del 1973, Anthony Giddens, sociologo inglese che si rifà in modo autonomo c originale al pensiero di Marx, così descrive quella che a suo avviso costituisce la contraddizione fondamentale della società fondata sul sistema capitalistico di produzione: « Mentre l'evoluzione della società, fino alla fase capitalistica inclusa, espande progressivamente il potere di produzione dell'nomo, e di conseguenza la sfera delle sue capacità di soddisfazione e di realizzazione, lo fa solo a condizioni di lavoro che impediscono o inibiscono l'uso di tali capacità ». E questo fenomeno, secondo Giddens, ha toccato la sua forma più acuta nella società capitalistica avanzata, dove la tensione fra gli « aspetti creativi e quelli abbrutenti della vita in società » raggiunge le sue punte massime, e massima è la consapevolezza dell'esistenza di grandi ricchezze produttive e dell'impossibilità di usarle al servizio dei bisogni umani. Questa appare una delle formulazioni possibili della classica contraddizione marxiana fra forze di produzione e rapporti di produzione, e può essere effettivamente considerata come un elemento centrale della moderna utopia del « socialismo dal volto umano », che è in sostanza quella forma di socialismo che sembra la più adeguata ai Paesi ad alto livello di sviluppo economico e sociale. Per essere considerato un'utopia realizzabile tuttavia esso presuppone una condizione: l'effettiva esistenza di un'ingente ricchezza produttiva, perché là dove questa non esiste ancora le contraddizioni e i problemi prevalenti sono assai diversi da quelli indicati da Giddens, come accade ad esempio nei Paesi che sono impegnati nello sforzo di costruirsi un sistema economico ad alto rendimento produttivo. L'enunciazione di Giddens appare del resto formulata in termini molto generali, e può valere sia per i Paesi capitalistici avanzati, come pure per talune democrazie popolari, là dove questo livello di sviluppo economico si è raggiunto, come la Repubblica Democratica Tedesca o la Cecoslovacchia, Paesi nei quali non pare infatti che la ricchezza sociale sia attualmente destinata in modo preminente a soddisfare i bisogni degli uomini né a dare ampio spazio all'esplicazione delle capacità creative e di autorealizzazione. Ma che dire dell'Italia? La grande divisione storica fra il Centro-Nord e il Meridione e le Isole, e i conseguenti dislivelli economici e le disparità socio-culturali, le cui prime origini Galasso, nella sua storia delle istituzioni e del potere nel nostro Paese, colloca nel periodo che va dal X all'Xl secolo, ne fanno un caso particolare. Si può dire infatti che la prospettiva utopica di Gid dens possa valere nel nostro Paese solo entro limiti geo grafici e sociologici ben definiti. La contraddizione fra possibilità del sistema produttivo e utilizzazione a fini umani del prodotto sociale è avvertita solo da coloro che vivono nelle regioni economicamente più sviluppate e negli strati socia li nei quali una maggiore si curezza economica e un maggiore livello d'informazione possono rendere più chiari i termini del problema. I risul tati delle prove elettorali di questi ultimi anni, sia sui gran di temi delle libertà civili sia sul piano più strettamente politico, si distribuiscono nelle diverse regioni del nostro Paese in un modo perfettamente prevedibile in base all'accer lamento delle condizioni della coscienza sociale delle diverse regioni e dei diversi gruppi sociali. In taluni di essi il « bisogno di utopia » è fortissimo in altri è soffocato da bisogni primari, o di sicurezza economico-sociale, che gli tolgono spazio. * * Questo pone il problema della realizzabilità di simile utopia in tempi ragionevolmente brevi in un Paese, come il nostro, che presenta condizioni tanto diverse e contrastanti. E' chiaro che una politica progressiva che non tenga adeguatamente conto del limite entro il quale è lecito trascurare i bisogni di sicurezza di larghi settori del lavoro dipendente, con misure che mettano in crisi il sistema produttivo che li deve soddisfare, senza provocare reazioni negative, è destinata a sfuggire di mano alle forze politiche che la promuovono in un regime di democrazia politica. Il caso cileno è forse l'esempio più drammatico di questo fenomeno. Ciò non significa dichiarare il « socialismo dal volto umano » Qual¬ cosa d'irrealizzabile e di astratto in Italia. A condizione però che tale utopia venga considerata come una prospettiva strategica da non perdere mai di vista, per adeguare ad essa l'azione politica che deve muoversi « seguendo tutte le pieghe della società italiana », e cioè non trascurando nessuno dei dati di fatto che ne facilitano o ne ostacolano la realizzazione. Una visione piatta e miope della realtà italiana, che ne colga solo il particolarismo e l'arretratezza, onde poterli manipolare e sfruttare allo scopo di gestire un potere corrotto e corruttore, come è stato nei propositi di certo integralismo democristiano di destra, non può che accelerare il processo di disfacimento sociale; una visione presbite di questa stessa realtà che guardi solo alla meta utopica, senza darsi cura degli ostacoli che si frappongono ;il suo raggiungimento, non può condurre ad un risultato migliore. * ★ 11 problema del resto non è solo italiano e non è riducibiunicamente entro i limiti nei quali e stato enunciato da Giddens. Il sistema dell'economia di mercato, come sistema autoregolato, presenta molte altre contraddizioni, che Karl Polanyi ha messo in luce in un'opera, La Grande Trasformazione, del 1944, la cui notorietà è in Italia assai inferiore al suo valore, quasi profetico, di analisi della situazione attuale. Ma anche Karl Polanyi sottolinea la difficoltà, per non dire l'impossibilità, per il nostro tipo di società, di utilizzare la « grande ricchezza sociale », prodotta dal sistema di economia di mercato, al fine di soddisfare i reali bisogni umani. Uno dei problemi centrali del nostro tempo sembra proprio essere questo. La società industriale si trova di fronte a una sfida, per usare i termini di Toynbee, alla quale non ha ancora saputo dare una risposta adeguata. E se questa non verrà trovata, non è detto che alla nostra società non tocchi un destino diverso da quello delle grandi civiltà del pas¬ sato, che si sono estinte per la loro incapacità a raccogliere le sfide della storia. Le polirrìssement des sociélés, di cui parla Jean Duvlgnaud in un libro recente, è un fenomeno già in atto. Per affrontarlo nel modo dovuto è necessario un discorso molto attento ai fenomeni nuovi ed emergenti, e diverso da quello intellettualistico e schematico di tanta parte della sinistra politica italiana, per la quale la dinamica dei fenomeni politici sembra talvolta svilupparsi in una dimensione del tutto svincolata dalle realtà economiche e dalle diverse forme della coscienza sociale dei gruppi e delle classi. Ho letto di recente in un settimanale di critica e d'informazione politica italiano il resoconto di un dibattito fra alcuni degli esponenti più in vista del psi, sulla situazione italiana dopo il 15 giugno. Le espressioni maggiormente ricorrenti nel loro discorso erano di questo tipo: la filosofia del centro sinistra, le larghe convergenze finalistiche, la funzione libertaria e cogcstionalc, la piattaforma definita sulla linea fondamentale dell'alternativa di sinistra, il coagularsi delle forze di sinistra e via di questo passo. Non una parola sulla realtà economico-sociale del Paese e sulle diverse forme di presa di coscienza della società civile. Certamente ognuna delle espressioni usate si riferisce a situazioni complesse dall'analisi delle quali essa è stata a suo tempo ricavata. Ma le parole tendono a sopravvivere alla realtà che esse hanno contribuito a identificare col nominarla, e resistendo nel tempo anche dopo una sua profonda trasformazione ce ne restituiscono un'immagine cristallizzata e irreale. In questo modo le parole si sostituiscono al pensiero, che muove sempre dalle cose concrete, e il discorso fatto di queste parole rischia di passare sopra, mascherandoli, ai problemi veri in rapporto ai quali ogni discorso, che sia genuinamente politico, può solamente definire il suo significato. Carlo Tullìo-Altan

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Italia, Repubblica Democratica Tedesca