Tre "capi,, della mafia calabrese coinvolti nel rapimento D' Amico?

Tre "capi,, della mafia calabrese coinvolti nel rapimento D' Amico? Forse a una svolta decisiva le indagini per il sequestro Tre "capi,, della mafia calabrese coinvolti nel rapimento D' Amico? Forse sono gli stessi che capeggiano la sanguinosa guerra fra i « clan » per conquistare gli appalti del porto di Gioia Tauro - Oggi l'armatore romano sarà messo a confronto con il suo presunto carceriere e visiterà casolari dell'Aspromonte dove sarebbe stato tenuto prigioniero - Riscatto pagato: oltre 1 miliardo (Dal nostro inviato speciale) Lamezia Terme, 25 agosto. Grossi nomi della mafia calabrese entrano nelle indagini per il sequestro di Giuseppe D'Amico, l'armatore che ha pagato un miliardo di lire per la sua libertà. Si parla di tre ordini di cattura, probabilmente per tre patriarchi della 'ndragheta. Le prossime ore potrebbero essere decisive per questa inchiesta, iniziata il 12 agosto, dopo il rilascio dell'armatore. D'Amico arriverà domani, accompagnato dal vice-capo della «Mobile» di Roma, dottor Cioppa e dal capitano dei carabinieri Alfieri. Dovrà dire se la sua prigione è tra i tre casolari localizzati alle pendici dell'Aspromonte, nei boschi di Castellace, Oppido Mamertino e Ferrantini, su strade praticabili, addirittura a portata di automobile. Ma forse polizia e carabinieri sono arrivati troppo tardi perché una costruzione non esiste quasi più. Il fuoco l'ha danneggiata lasciando pochi resti. Un'altra prova attende l'armatore: i confronti. Quello sicuro sarà con Antonio Giorgi, classe 1933, presunto carceriere e autista il giorno del suo rilascio. Giorgi, detto «Cicero», arrestato sabato scorso a San Luca, è considerato un esperto nel settore degli esecutori perché come pastore (possiede cinquanta capi di bestiame) conosce ogni angolo della zona jonica dell'Aspromonte, un feudo dominato dal clan di Antonio Nirta. Nei prossimi giorni, poi, di fronte a D'Amico potrebbe essere portato anche Domenico Lento, il costruttore in carcere dal 22 scorso con un ordine di cattura per l'armatore e un arresto provvisorio per Paul Getty junior. Lento, tramite i suoi avvocati, ha già avanzato ricorso in Cassazione e oggi la moglie, Isabella Averte, una donna sulla cinquantina piccola e paffuta, ha fatto, ai giornalisti, la difesa d'ufficio del marito. «Lo conosco da irent'anni: se fosse un mafioso lo saprei», ha detto. Di Capena, la località sulla via Tiburtina nei pressi di Roma dove sarebbe stato condotto D'Amico il 29 giugno subito dopo il rapimento, Isabella Averte ha fornito questa versione: «In giugno il cantiere era in allestimento, la casupola dove l'armatore sarebbe stato nascosto prima di partire sulla famosa betoniera, non era ancora stata costruita. E poi perché dovrebbe entrarci mio marito? Se il luogo di partenza è stato Ca¬ pena, bisogna anche dire che nel cantiere poteva entrarci chiunque senza che mio marito potesse esserne informato». Ma le indagini ormai si sono spostate da Capena e dal Lazio. Ora si svolgono tutte qui in Calabria, nel triangolo che va da Castellace a Seminara (luogo famoso pelle faide sanguinose tra due famiglie) a Oppido Mamertino, a Gambaria sull'Aspromonte (dove Oronzo D'Amico, fratello di Giuseppe, ha pagato i 1200 milioni del riscatto), e sul lato ionico, a San Luca, paese di Antonio Giorgi. Queste sono le zone di dominio dei c/077 più potenti; i Piromalli, i Mammoliti, i Nirta, la cosca di Mico Tripode I mafiosi che concorrono alla «gara» del sangue, la guerra tra cZa?7. per conquistare il controllo sugli appalti e i subappalti del porto di Gioia Tauro, un giro di miliardi che sono solo il primo assaggio degli enormi interessi che stanno dietro alla costruzione del quinto centro siderurgico. Una «gara» che in un anno ha provocato quarantadue morti e ventisei feriti: da «zi Felice», Vincenzo Arfuso, patriarca, ucciso il 27 luglio del '74, all'assassinio dell'avvocato generale della corte d'appello di Catanzaro, Francesco Ferlaino, freddato a Lamezia il 3 luglio in pieno giorno, da kilZers a volto scoperto. Il magistrato, si dice ora, stava indagando sugli interessi della mafia a Gioia Tauro. Questa mattina, durante un vertice tenuto tra magistratura, polizia e il questore di Lamezia, Gallucci, sono state tirate le somme delle indagini. Ora si aspetta soltanto D'Amico. Silvana Mazzocchi maggio e rilasciato dopo sessantasette giorni di prigionia, dietro il pagamento di 700 milioni. Parte del riscatto fu recuperata dopo il conflitto a fuoco, in regione Frontes, nelle campagne di Orgosolo, fra gli agenti e i malviventi, culminato nella uccisione di uno dei rapitori, il pastore Antonio Maria Putzolu, di Orotelli. Sembra anche che i banditi abbiano provato una maschera al figlio del commerciante, probabilmente per accrescere l'angoscia dei suoi genitori. Nella loro scorribanda all'interno della villa, i rapitori hanno frugato ovunque, asportando anche gioielli di proprietà della signora Ada, per un valore imprecisato. E' un particolare, questo, che sembra possa indurre gli inquirenti a ritenere che ad operare il rapimento non siano stati i soliti pastori della j Barbagia del Nuorese. Proseguono le battute in1 tutto il Nuorese e nelle montagne della Gallura, in quanto, nonostante il ritrovamento dell'auto a Fonni, in piena Barbagia, non si esclude che l'ostaggio sia tenuto prigioniero nelle campagne del Goceano, nel Sassarese, f. c. Roma. L'armatore Giuseppe D'Amico fotografato dopo il suo rilascio a Lamezia