Sindacati e partiti autunno di scelte di Carlo Casalegno

Sindacati e partiti autunno di scelte Sindacati e partiti autunno di scelte Gli scioperi di questi giorni non sono un prologo incoraggiante al difficile autunno sindacale. I cattivi presagi non nascono tanto dalla gravità dei danni, pur ingenti, quanto dai promotori delle agitazioni, dallo sfruttamento politico che su di esse s'imbastisce, dai segni di debolezza o d'impaccio dei grandi sindacati. Ci si deve chiedere che cosa accadrà fra poche settimane, quando incominceranno i negoziati per rinnovare contratti collettivi che interessano circa quattro milioni e mezzo di lavoratori, nel settore privalo e in quello pubblico. Le trattative si presenterebbero difficili anche nelle condizioni politiche e psicologiche più favorevoli. L'inflazione, pur contenuta, continua a limare i salari ed a minacciare una caduta della moneta; la produzione industriale ristagna; il « pacchetto » delle misure d'emergenza non promette miracoli, e comunque può dare qualche frutto solo a media scadenza. Le tre confederazioni sindacali sono costrette a perseguire due gruppi d'obbiettivi egualmente necessari, ma contrastanti: ottenere il massimo possibile di vantaggi salariali per ogni categoria, chiedendo al tempo stesso un'energica difesa dell'occupazione e qualche riforma; non deludere le aspettative della base, inquieta e combattiva, ma non pregiudicare la ripresa economica con un'impennata troppo forte nel costo del lavoro. Per Cgil, Cisl e Uil sarebbe una scommessa ardua, anche se non dovessero affrontare la concorrenza dei sindacati « autonomi » e le insidiose manovre delle due estreme. Se ci fossero soltanto i grandi sindacati, che la vastità stessa delle categorie rappresentate rende più sensibili all'interesse comune, tutto sarebbe più semplice. Ma la pluralità sindacale esiste, stabilita dalla Costituzione e per molti anni incoraggiata da errori sia del potere politico che delle confederazioni; né la doverosa condanna degli scioperi parziali, e selvaggi, di ferrovieri e piloti può tradursi in una condanna di principio degli « autonomi » e delle loro agitazioni. Definirle tutte « corporative » — con un termine usato per comodità, ma impreciso — è illogico: al limite, tutti gli scioperi che non siano politici o per le grandi riforme (cioè talvolta i più inutili) meriterebbero quell'aggettivo. Né si può affrontare la giungla sindacale come suggerisce VAvanti!, chiedendo «ai partiti democratici e al governo di mutare il comportamento tollerante » verso i settori « che esprimono istanze corporative ». Reagire agli scioperi che colpiscono interessi primari della collettività o provocano danni senza misura con la posta in gioco, è un dovere del governo; sfidare i sindacati autonomi anche se sono piccoli, troppi (42 soltanto nella scuola) e poco rappresentativi, sarebbe una iniziativa di dubbia legalità e un incentivo alle speculazioni politiche delle due ali estreme. Non si può ignorare l'incontro fra i fascisti della Cisnal e i gruppettari dei Cub nello sciopero delle ferrovie, né sottovalutare lo spettacolo curioso dei missini che condannano (come il Manifesto) l'intervento dell'esercito in Sicilia e si battono per il blocco dei trasporti in polemica con « la dittatura della triplice », * * L'esito delle trattative d'autunno, e quindi la salute dell'economia, la resistenza della moneta, dipenderanno in larga misura dalla forza e dal senso di responsabilità delle confederazioni, dalla capacità di gestire le richieste di milioni di lavoratori controllandole e inquadrandole in un piano di rilancio. Purtroppo non si potrà giudicare se le rivendicazioni siano giuste, ma quali si possano accettare evitando la bancarotta. Ma molto dipenderà anche dalle scelte del pei, forte se non egemone nel mondo sindacale. Esso affronta la stagione dei contratti in un'ambigua posizione, come partito « di governo » e insieme « di classe », e non può dimenticare né i passi obbligati per concludere ampie « alleanze democratiche », né le spinte da sinistra perché si butti sulla strada dell'« alternativa ». Anche per Berlinguer l'autunno sarà un tempo di prova. Molto dipenderà infine dalle iniziative e dal prestigio del governo. Potrebbe resistere ancora per mesi, sfruttando lo stato di necessità e l'attesa dei congressi socialista e democristiano; ma continuano a insidiarlo il distacco più o meno completo dei socialisti dalla maggioran¬ za e soprattutto la crisi della de, così lontana dalla ripresa. Due mesi e mezzo di esami di coscienza, di cambiamenti al vertice, di enunciazioni programmatiche non hanno chiarito nulla; le parole e i silenzi dei grandi capi sono egualmente assai difficili da interpretare. L'unica certezza è che nell'interno del partito sono sailati i vecchi equilibri di potere; emarginati e divisi i dorotei, le sinistre non più omogenee di prima, sfumati i confini Ira le correnti, rimangono da costruire il volto nuovo c la nuova politica della de. L'appello di Zaccagnini per un ritorno a De Gasperi appare onesto e vago, quanto le linee tracciate da Rumor. Nei discorsi dei leaders sembrano chiari soltanto il rifiuto di spostare a destra la de c In ripulsa dell'accordo con i comunisti; ma nessuno ha spiegato finora come possa avveni¬ re «il confronto di tipo nuovo» con i comunisti « in una prospettiva democratica globale », che pure sarà il problema politico più importante dei prossimi mesi. Lo imporranno, senza possibilità di rinvio, le imminenti trattative sulle amministrazioni da scegliere o da completare: prime fra tutte le più difficili, ìa giunta comunale di Napoli e quella regionale del Lazio. Soltanto Donat-Cattin sembra | avere scelto: nessun compromesso con il pei, nessuna indulgenza con la politica bifronte del psi; o governo di solidarietà nazionale « in cui siano dentro tutti », o elezioni anticipate. E' da chiedersi quanti, nel suo partilo e fuori, siano oggi disposti a seguirlo; e quanti lo seguirebbero fra qualche mese, se l'au- i lutino sindacale e politico smen-i lisse le speranze degli ottimisti. Carlo Casalegno

Persone citate: Berlinguer, De Gasperi, Donat-cattin, Rumor, Zaccagnini

Luoghi citati: Lazio, Napoli, Sicilia