Come l'industriale Alecce tentò di corrompere i due carabinieri
Come l'industriale Alecce tentò di corrompere i due carabinieri Depositata in tribunale la motivazione della sentenza Come l'industriale Alecce tentò di corrompere i due carabinieri macoterapico italiano. x<Il tribunale — si legge nel documento che porta la firma del dottor Mario Battaglini, presidente della prima sezione penale — non ritiene di poter concedere all'imputato la sospensione condizionale della pena. Invero i precedenti penali dell'accusato e la insensibilità morale dimostrata nei fatti considerati durante il processo non consentono di ritenere che egli si asterrà in avvenire dal commettere altri reati». La vicenda risale al 5 maggio di quest'anno. Quella mattina i marescialli dei carabinieri Francesco Paonessa ed Enrico Pavone si presentarono nella sede dell'Istituto farmacoterapico italiano, sulla via Salaria, per notificare ad Antonio Alecce il mandato di cattura firmato dal pretore Veneziano per la questione dell'«Amilit». I sottufficiali furono ricevuti dall'industriale nel suo ufficio e qui sarebbe avvenuto il tentativo di corruzione, come riferirono più tardi in un rapporto. Alee :e, dopo aver letto il provvedimento del magistrato, aveva in sostanza invitato i carabinieri a lasciarlo fuggire, facendo loro delle generiche promesse. «Maresciallo — avrebbe detto, rivolto a Paonessa — mi lasci andar via. Dite chee non mi avete trovato, tanto non vi ha visto nessuno. Fatemi andar via: vi sarò riconoscente. Maresciallo, ci pensi... non se ne pentirà, glielo assicuro. Vi dimostrerò riconoscenza moralmente e materialmente». Il maresciallo Paonessa interruppe l'industriale spiegandogli che lui e il suo collega erano lì per compiere il loro dovere. Alecce, vedendo che le sue proposte non avevano fatto la minima presa, disse: «Allora facciamo una cosa: andiamo a casa mia, mangiamo qualcosa e poi magari mi conducete in una clinica». Paonessa e Pavone anche stavolta risposero con un no. (Dalla redazione romana) Roma, 22 agosto. Giudizi estremamente severi sono stati rivolti all'industriale farmaceutico Antonio Alecce dai giudici del tribunale che nel maggio scorso lo condannarono per aver tentato di corrompere due carabinieri i quali erano andati ad arrestarlo per la vicenda del medicinale «Amilit». La pena che gli venne inflitta per aver cercato di convincere i militi a lasciarlo fuggire fu di un anno di reclusione; qualche giorno più tardi l'industriale ebbe altri venti mesi di carcere per truffa e per aver messo in commercio un farmaco — appunto l'«Amilit» — che invece di far bene ai malati di mente cui era destinato poteva rivelarsi addirittura dannoso. Il tribunale, nella motivazione della sentenza depositata oggi in cancelleria, spiega le ragioni per le quali usò la mano pesante nei confronti del titolare dell'Istituto far-
Persone citate: Alecce, Antonio Alecce, Enrico Pavone, Francesco Paonessa, Mario Battaglini, Paonessa
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