Luini, il pittore più "classico,, fra i lombardi del Rinascimento

Luini, il pittore più "classico,, fra i lombardi del Rinascimento La mostra dell'artista a IAlino, "fra il sacro e il profano,, Luini, il pittore più "classico,, fra i lombardi del Rinascimento Fu ritenuto solo un seguace di Leonardo: oggi gli si riconosce una vera personalità (Dal nostro inviato speciale) Luino, 18 agosto. Negli ambienti di Palazzo Verbania, sulle rive del Lago Maggiore che qui sembra assumere più intensi valori cromatici, Luino ospita in questi giorni (sino al 9 ottobre) una mostra dedicata a Bernardino Luini, il pittore che /orse vi ebbe i natali intorno al 1480. Morì, non si sa propriamente dove, né in quale giorno esatto, nel primo semestre del 1532. Risulta effettuato il primo luglio di quell'anno, a Lugano, il pagamento di cento lire «a Evangelista figlio del fu Bernardino de Luyno, ver mercede e salario della Passione» che l'artista aveva dipinto nella chiesa di S. Maria degli Angeli. Di lui si ha un autoritratto, anch'esso non più che probabile, nella Disputa di Gesù coi dottori affrescata nel Santuario di Saronno. Il pittore vi è tradizionalmente riconosciuto nell'immagine d'un barbuto dottorone che in primo piano, ai margini della scena, è l'unico a guardare verso l'osservatore. L'artista, che doveva avere allora una cinquantina d'anni, offre un volto dallo sguardo profondamente triste, segnato da una ruga verticale sulla fronte. Di certo restano soltanto le sue opere, molte delle quali neppur più nei luoghi del loro originale collocamento, come quelle di numerosi edifici poi demoliti (dalle chiese milanesi di S. Maria della Pace e di S. Maria della Scala, al monastero delle Vetere e all'ospizio dei Certosini alla Chiusa o la villa suburbana della Pelucca). Sicché oggi esse appaiono divise, se non disperse, in musei e collezioni italiane e straniere cominciando dalle raccolte di Brera. Si tratta di opere anche firmate o con l'indicazione del nome che lo fecero di volta in volta «Louvinus», «Lovinio» o «Luino», mentre in un documento luganese è detto <i Bernardino de Luyno» e nelle smesse carte del Santuario di Saronno, tra il 1525 e il '32, figura come «Bernardino Lovinio», «B. de Louino depentor in Milano», e «B. de Louino». Fu, in ogni caso, un artista apprezzato, «molto probabilmente — come riassume Pietro Chiara nella limpida premessa del catalogo — nativo di Luino, che avrà lasciato poco più che ragazzo per cercar lavoro a Milano... O... nato a Milano da padre luinese...: senza dubbio uomo di paese». Erede e, sotto certi aspetti, continuatore d'una lunga tradizione culturale, il Luini si ricollega, nei suoi inizi, a quella «scuola lombarda» più sensibile agli influssi del Foppa, del Bramantino, del Solario per rivelarsi in seguito articolata in uno svolgimento stilistico assai più complesso e ricco di nessi storici, di quanto poteva far supporre il tradizionale e semplicistico suo collocamento — sia pure 1 in una posizione di prima li-1 nea — nella schiera dei seguaci di Leonardo. Per intendere le più varie e ricche motivazioni del Luini era necessario andare oltre la placida visione, a volte incline persino all'idillio, che sembra caratterizzare molti suoi dipinti. In una forma di geniale eclettismo egli seppe intendere «lezioni» anche diverse, quali potevano venirgli da un Bergognone o da Raffael- j lo, per farsi interprete di un classicismo d'impronta lombarda di cui appare anzi l'e- j sponente più autorevole. i La sua opera spazia — co-1 me vuole sottolineare il titolo I stesso della mostra — tra sacro e profano, con un gusto istintivamente portato al manierismo e alle sue più semplici invenzioni fantastiche, sempre oscillanti tra la favola pagana e la Bibbia. Ma l'artista è artista autentico, capace di serbarsi fedele alle suggestioni del paesaggio lombardo e prealpino in cui s'è formato e soprattutto, come soltanto oggi s'è giunti ad intravedere, aperto anche alla realtà storico-economica del proprio tempo. Egli non rifuggi certo, dai «dati» d'una realtà che non poteva limitarsi ad entrare nei suoi quadri attraverso i volti di uomini e donne suoi contemporanei. Già il Bandelle nel rievocare la tragica vicenda della contessa Bianca Maria di Challant non esitava ad invitare «chi bramasse dì vedere il volto suo ritratto dal vivo» ad andare «ne la chiesa del Monisterio Maggiore» ritrovandone il sembiante nella Santa Caterina dipintavi dal Luini che poteva appunto averne colto il modello all'epoca del fatto, avvenuto due anni prima nel castello di Milano. Ma v'è certo di più. Germa¬ no Mulazzani nel suo saggio sui temi profani e in particolare sugli affreschi eseguiti nella villa della Pelucca, oggi conservati a Brera, sottolinea il significato di quelle scene «agricole» che affiorano persino nei contesti di ispirazione biblica. Nonostante i limiti che gli sono propri — «aveva poca inventiva e poca fantasia», scrisse l'Ottino della Chiesa, con certe figure «in linea come pali di siepe», notò altresì il Venturi — almeno nell'impresa di cui la Villa della Pelucca offre l'esempio, la pittura del Luini sembra riflettere la riscoperta umanistica dell'agricoltura, nei suoi due aspetti del diversivo, di chi vive in città {l'ottura) e di un'attività (il negotìum) ch'essa ripropone come impegno d'una nuova società. La mostra appare così tutta bilanciata tra l'esplorazione della cultura profana del Cinquecento lombardo e una più precisa identificazione dei momenti spirituali che le furono propri e che in uno dei suoi documenti più significativi, qual è il ciclo dipinto dal Luini per il monastero milanese di S. Marta, riverbera l'esperienza di un gruppo di religiosi e laici milanesi e francesi, animati da un forte desiderio di riforma della Chiesa. Angelo Dragone Testa di donna, dagli affreschi di Villa della Pelucca

Luoghi citati: Lugano, Luino, Milano, Verbania