E morto a Mauthausen l'ebreo del testamento nel pendolo ?

E morto a Mauthausen l'ebreo del testamento nel pendolo ? Difficili ricerche dopo la scoperta di Sanremo E morto a Mauthausen l'ebreo del testamento nel pendolo ? Quasi tutti gli israeliti sanremesi furono inviati in quel tragico campo (Nostro servizio particolare) Sanremo, 14 agosto. La pendola è imponente. Occupa mezza parete della «Clinica dell'orologio», la piccola bottega artigiana, piena di cose antiche, raccolte lungo tutta la riviera e aperta in via Corradi, nella città vecchia, da Roberto Viani, 36 anni, antiquario sanremese. E' alta due metri e venti, di legno di betulla, colorato in nero. Sopra il quadrante, un rettangolo di porcellana porta l'anno di fabbricazione: 1723 e il nome del suo costruttore, Jahub Sietury Cki di Czerlonic, uno dei migliori dell'epoca. E' un pezzo raro — dice con orgoglio Roberto Viani. Per trent'anni, questa pendola ha conservata in un piccolo sottofondo, ricavato sotto il vano del movimento, il testamento moraie di un ebreo polacco, scritto poche ore prima che le SS lo arrestassero nella sua villa sanremese e lo deportassero in un lager. Pochi fogli di carta ingiallita dal tempo, rosicchiati dai topi, ricchi di pietà, anche per i suoi aguzzini. «So che vado a morire — ha scritto Gory Swietokrzyski prima che la Gestapo bussasse alla sua porta — il caro amico Franz mi ha avvisato che le SS hanno ricevuto dalla Polonia il fascicolo che riguarda la mia famiglia. Dicono che sono un elemento pericoloso e che l'ordine del Fiihrer è di eliminarmi». «Non voglio fuggire, non posso lasciare la mia cara Anna che riposa nel cimitero della Foce a Sanremo. Beata lei che non ha visto gli orrori di questa guerra. Credo che lassù, a Wloclawek, la mia bella città, non ci sia più nessuno dei miei. L'ultima volta che mi ha scritto il rabbino non mi ha nascosto la verità. Che vale allora sopravvivere a questo immane flagello?». «Scrivo per dire grazie a Sanremo e ai suoi cari cittadini che mi hanno accolto profugo e fuggiasco e mi salutavano mentre scendevo dalla mia abitazione del "berigo" a fare due passi sull'Imperatrice. Lascio tutte le mie povere cose al mio guardiano, il buon Beppe, che ne faccia ciò che vuole. Queste parole siano il saluto alla colonia di stranieri che mi ha accolto nel suo seno, alla brava Maria, la governante. Queste mie parole siano di conforto anche a tutti coloro che si sono visti strappare agli affetti più cari e mi hanno preceduto nel luogo di morte, a tutti coloro che fatalmente mi seguiranno. Perdono i miei aguzzini, rimpiangerò questa bella Sanremo, la mia terra natia, lassù dove scorre la Vistola». Alcuni anni dopo la fine della guerra, la pendola, con dentro il suo segreto, venne ceduta dal «guardiano Beppe», deceduto nel 1956, ad un immigrato meridionale, certo Martino Luise, che la conservò per quasi dodici anni. «Qualche anno fa — racconta Roberto Viani — il Luise ha fatto fagotto ed è tornato nel Sud. Quella pendola gli dava imbarazzo e mi chiamò per venderla. Mentre insieme stavamo controllando il suo stato di conservazione, per fare un prezzo, abbiamo scoperto il sottofondo ed il messaggio. Era scritto in tedesco». Della vicenda sono state informare anche le autorità locali. Il presidente dell'Azienda di soggiorno, Bruno Stilli, ha scritto al sindaco di Wloclawek, per sapere se esistono parenti dello sfortunato ebreo polacco. A Sanremo si fanno indagini, soprattutto nella zona del «berigo», per vedere se è possibile scoprire dove Gory Swietokrzyski abitava. Molte villette, però, sono state demolite, per fare spazio a grossi complessi residenziali e la ricerca si presenta difficile. Tra gli anziani del «berigo», nessuno si ricorda di lui. Al cimitero monumentale della Foce, nel campo comune, sono sepolte cinque polacche. Due si chiamano Anna,!ma hanno cognomi diversi, una Vlonskic, l'altra Mirakovski. Una potrebbe essere la j moglie dell'ebreo polacco, i con il suo nome da signorina. Chissà? Per sapere qualcosa di più della vita di Gory Swie-1 etgbqcrbp«uuaqI smvqgcprscretsvmtplcdcfcdlcstokrzyski, abbiamo interpellato l'ingegner Corrado Saralvo, 82 anni, figlio di ebrei iscritto alla comunità ebraica di Genova. Deportato nel 1944 al campo di sterminio di Auschwitz, porta ancora sull'avambraccio sinistro il marchio incisogli a fuoco dalla Gestapo, il numero di matricola, 13734B. «Sono uno dei pochi sopravvissuti — dice con commozione —. Auschwitz ha ucciso quattro milioni di ebrei». Laureatosi al Politecnico di Torino in ingegneria industriale, ha lavorato per molto tempo a Milano. Da 13 anni vive a Sanremo, abita al settimo piano di un complesso in corso Imperatrice. Sulle atrocità dei campi di sterminio, ha scritto un libro: «Più morti, più spazio». «Non ho mai conosciuto Gory Swietokrzyski — dice —, so però che durante la guerra. Sanremo ha dato ospitalità e rifugio a moltissimi ebrei. Senza dubbio deve essere stato deportato a Mauthausen. Le SS di Sanremo inviavano là tutti i loro prigionieri. Ne sono morti 130 mila. Solo pochi si sono salvati». Roberto Basso gsdudifmtfsadpsssatcepnsqmstpglsttoEfsd Sanremo. Roberto Viani, che ha ritrovato il testamento

Persone citate: Bruno Stilli, Martino Luise, Roberto Viani