Traditi da un falso alibi i terroristi neri di Brescia

Traditi da un falso alibi i terroristi neri di Brescia A che punto è l'inchiesta sulla strage Traditi da un falso alibi i terroristi neri di Brescia Dicono gli inquirenti: «Ancora non è stato rivelato tutto quello di cui siamo venuti a conoscenza » - Come agiva il nucleo fascista: dai Mar di Fumagalli all'esecuzione del giovane in motoretta, all'eccidio di piazza della Loggia il 29 maggio 1974 (Dal nostro inviato speciale) Brescia, 13 agosto. Il 29 maggio 1974, meno di 24 ore dopo la strage di piazza della Loggia, le indagini dei carabinieri avevano già preso la direzione giusta, quella che dopo un anno di lavoro ha permesso ai magistrati di spiccare sei ordini di cattura per il reato di strage, mentre un settimo è forse in procinto di essere firmato da un giorno all'altro. Rimesso in forma da due settimane di vacanza («i primi giorni di vero riposo dopo 14 mesi di lavoro»), il capitano Francesco Delfino, 37 anni, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Brescia affronta lo scottante argomento con un malcelato sorriso di soddisfazione. Obbediente alla consegna del silenzio, rigido tutore del segreto istruttorio, anche questa volta il capitano Delfino finisce col dire poco o nulla, ma dalle sue parole traspare una sicurezza insolita. «Abbiamo preso subito la diregione giusta, sfruttando un errore tecnico prima ed un alibi inventato in seguito. Le posso dire che non abbiamo mai avuto dubbi fin dal primo giorno. I fatti ci stanno dando ragione: le critiche che sono state mosse all'inchiesta si stanno smontando di fronte all'evidenza dei fatti. Ed ancora non è stato rivelato tutto quello di cui siamo venuti a conoscenza in tanti mesi di paziente ed ostinato lavoro». L'ottimismo degli inquirenti e dei magistrati che dirigono l'inchiesta (i giudici Francesco Trovato e Domenico Vino) fa bene sperare, anche se buona parte dell'opinione pubbli' a di fronte alle notizie degli arresti si è posta una domanda a cui nessuno oggi sembra ancora in grado di dare una risposta precisa: finiti in carcere gli esecutori materiali dell'attentato, i manovali della strage, sono stati scoperti i mandanti, gli ideatori del tragico complotto terroristico che ha causato la morte di otto persone ed il ferimento di altre centodue? Una domanda che è inutile porre ai due magistrati od al capitano Delfino: anche se conoscessero la risposta non parlerebbero. Ma appare evidente che, almeno per il momento, la risposta non c'è. Certo gli inquirenti sono a conoscenza di fatti e circostanze che sommati insieme portano, o dovrebbero portare, abbastanza vicino alla soluzione del problema, ma molte incognite non sono ancora state chiarite, l'identità dei mandanti è appena sfumata, ci sono dubbi (tanti), sospetti (molti), ma mancano le prove conclusive, quelle che inchioderanno i veri responsabili della strage alla loro pesante responsabilità. In quel tragico maggio '74 accaddero a Brescia due episodi che secondo gli inquirenti potrebbero essere direttamente collegati con la strage: 1) Il 9 maggio vengono arrestate quattordici persone imputate di traffico d'armi ed esplosivi destinati a rifornire gli arsenali di una vasta organizzazione eversiva di destra che comprendeva gruppi fascisti di Brescia e Milano. L'operazione provoca un grande smarrimento nei covi «neri» della Lombardia: fra gli arrestati c'è infatti uno dei personaggi più in vista del neofascismo italiano, Carlo Fumagalli, il fondatore dei Mar (movimenti di azione rivoluzionaria), nati nel 1962 per «affondare il centro-sinistra impedendo un dialogo fra socialisti e cattolici». 2) Il 19 maggio Silvio Ferrari, 22 anni, estremista di destra, salta in aria mentre con la sua motoretta portava una carica di tritolo innescata per un attentato ai danni del locale notturno «Blue Notte». Quello che sembra un «infortunio sul lavoro» si rivela in seguito un omicidio: Silvio Ferrari è stato ucciso dai suoi camerati che gli hanno consegnato una bomba ad orologeria la cui esplosione era stata deliberatamente antincipata sull'ora stabilita. Quali sarebbero i collegamenti fra questi due episodi e la strage di piazza della Loggia? Secondo gli inquirenti, l'arresto di Fumagalli e dei suoi complici sarebbe avvenuto proprio alla vigilia di una serie di azioni terroristiche che avrebbero dovuto precedere un tentativo di colpo di Stato: finiti in carcere gli ideatori della congiura, nelle file dei neofascisti si è avvertito un pericoloso sbandamento. Ci sono dei ripensamenti: forse Silvio Ferrari si è reso conto dell'assurdità di questo piano criminale, ha avuto paura ed ha cercato di tirarsi indietro. Ma, come hanno più volte ripetuto con tono sprezzante durante gli interrogatori Ermanno Buzzi e Nando Ferrari, i personaggi principali di questa compagnia delinquenziale in cui ideologie nazifasciste sono impastate con una confusa storia di perversioni ssvzogsi sessuali (parecchi degli arrestati sono pederasti), furti e violenza, da queste organizzazioni ci si può ritirare soltanto in due modi: «uccidendosi o fuggendo all'estero». Qualcuno perciò, deciso a proseguire l'azione terroristica ideata dal Fumagalli, pensa di sfruttare l'attimo di debolezza di Silvio Ferrari per raddrizzare le traballanti sorti del gruppo fascista e ridare fiducia ai camerati tremebondi. Il giovane viene «giustiziato», la responsabilità della sua morte è fatta ricadere sui «rossi» e il 28 maggio in piazza della Loggia il «camerata assassinato» viene vendicato con l'esplosione della bomba nascosta in un cestino dei rifiuti. L'attentato resta un fatto isolato (mentre il programma eversivo di Fumagalli prevedeva una serie di azioni terroristiche «a catena» su tutto il territorio nazionale) e serve solo a soddisfare, col sangue di tante vittime innocenti, la folle e criminale esaltazione di un gruppetto di neofascisti che con quel gesto hanno inteso vendicarsi per l'arresto del loro capo o, più semplicemente, hanno cercato di sostituirsi a lui nel tentativo di rovesciare gli ordinamenti del governo democratico ed instaurare una repubblica presidenziale di destra. Ermanno Buzzi, Nando Ferrari (che non è parente di Silvio Ferrari), Angelino Papa, Raffaele Papa, Giordano Cosimo, Mauro Ferrari (fratello di Silvio) e Marco De Amici: è da questi personaggi che è scaturita la strage del 28 maggio '74. I primi sei sono in carcere, incriminati formalmente per il reato di strage, il settimo è stato riconosciuto in un confronto all'americana da Angelino Papa come uno dei due «forestieri» che all'alba del 28 maggio si incontrarono col gruppetto capitanato dal Buzzi in un bar di Brescia. Il secondo «forestiero» sarebbe stato indicato in una fotografia da Angelino Papa: si tratterebbe di Luciano Bonocore, già leader della «maggioranza silenziosa» e fiduciario del msi, colpito da mandato di cattura per l'inchiesta sull'organizzazione eversiva «Sam-Fumagalli». Come si vede le piste si intersecano: con sempre maggiore frequenza il nome di Fumagalli e dei suoi complici ritorna nelle indagini sulla strage di piazza della Loggia. Anche se gli inquirenti mostrano di non dare grande credibilità, almeno per ora, al riconoscimento del Bonocore da parte di Angelino Papa, non bisogna dimenticare che all'indomani della strage Kim Borromeo e Giorgio Spedini, i due «corrieri del tritolo» arrestati il 9 marzo '74 dal capitano Delfino, hanno rivelato il loro diretto legame col Fumagalli affermando che l'esplosivo trovato sulla loro auto faceva parte di un trasporto per conto del Mar e mostrando di essere a conoscenza di molti particolari sulla missione dinamitarda affidata a Silvio Ferrari e conclusa con la morte del giovane neofascista. Analizzando questi fatti, si può presumere che forse gli inquirenti hanno già individuato la strada che può portare ai mandanti della strage, ma i loro nomi non sono ancora noti. f. for.

Luoghi citati: Brescia, Lombardia, Milano