I compiti dell'Europa

I compiti dell'Europa I compiti dell'Europa (Dal nostro inviato speciale) Helsinki, 1 agosto. Sul più grande spettacolo del mondo, in senso diplomatico, è calato il sipario: che cosa resterà, oltre al ricordo di una folla senza precedenti di Capi di Stato o di governo, di un colpo d'occhio che non si ripeterà più, o chissà quando? Già Helmut Schmidt aveva ammonito, l'altro ieri, che se passi concreti non saranno compiuti per dare un senso pratico ai grandi principi enunciati e sottoscritti, « questa conferenza sarà rapidamente dimenticata». Oggi è stato Gerald Ford a rinnovare il monito, e ad ampliarlo. Ford ha pronunciato un discorso notevole (gli schemi logici kissingeriani più il tono franco di un americano medio). Per tre anni, o quasi, gli Stati Uniti si sono praticamente disinteressati della «Csce», considerandola un esercizio diplomatico o poco più, e anche giudicando che toccasse agli europei dell'Ovest o soprattutto ad essi, sostenere il confronto con l'Urss e i suoi alleati. Per conto loro hanno tentato, talvolta, di sfruttare l'interesse sovietico a una sollecita conclusione al vertice, assecondandolo in cambio di concessioni dell'Urss in altri campi. Poi l'ondata improvvisa delle critiche interne, stimolate dalla predicazione antisovietica di Solgenicyn: Ford non avrebbe tradito i popoli dell'Europa dell'Est firmando a Helsinki un documento che sancisce lo status quo? E la stessa distensione non era per caso un affare in perdita? E' tenendo conto di queste critiche e di questi dubbi che Ford ha parlato alla Finlandia Hall. Il presidente degli Stati Uniti ha detto: la distensione è un impegno costante e profondo dell'America e di tutto l'Occidente, ma è tempo di passare dalle parole ai fatti. Questa conferenza è una grande occasione, ma « il popolo americano, come pure i popoli d'Europa, sanno che le dichiarazioni di buona volontà, i cambiamenti passeggeri negli umori politici dei governi, le lodevoli dichiarazioni di principo, non sono sufficienti» anzi, gli americani « sono stanchi di vedere molte grandi speranze frantumarsi in un gioco di parole vuote ». E' stata una risposta al discorso ecumenico di ieri di Leonid Breznev. La distensione ha un futuro « a condizione che non se ne fraintenda il significalo ». Essa « non può essere una condizione statica, bensì un fatto evolutivo » (vale a dire che il riconoscimento dello status quo non deve significare una cristallizzazione delle differenze fra europei). La distensione deve anche essere « una strada a due sensi »: quindi nessuno deve cercare di trarre vantaggi unilaterali da una situazione di crisi (Portogallo), e neppure è ammissibile che solo una delle parti debba sforzarsi « di ridurre le tensioni » (Medio Oriente). I numerosi progressi fatti finora (l'accordo su Berlino del 1971, i trattati ira la Germania Federale e i Paesi dell'Est, una prima intesa sulla limitazione delle armi strategiche delle due massime potenze, la cooperazione spaziale) sono sufficienti a convincere che si deve andare avanti. Ma per andare avanti, è necessario « affrontare molte nuove sfide », e una in primo luogo: quella di un'informazione libera, o più libera, di uno scambio più agevole e liberale fra le culture e fra i popoli dell'Est e dell'Ovest. Il discorso di Ford può essere considerato una sintesi della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, da un'ottica occidentale. E' una sintesi non pessimistica, bensì realistica. Essa sottintende anche, necessariamente, il persistere di una situazione di equilibrio nei rapporti di forza: e Ford vi ha fatto un esplicito riferimento, riaffermando con molto vigore che la sicurezza dell'Europa dell'Ovest « rappresenta un interesse vitale degli Stati Uniti». In questa situazione d'equilibrio, nel suo mantenimento, sarà tuttavia indispensabile che s'inserisca la stessa Europa Occidentale, non solo o non tanto dal punto di vista militare, quanto da quello politico: la stessa evoluzione del quadro europeo, oltre le divisioni attuali e il tentativo di cristallizzarle, dipende in grande misura dalla capacità degli europei dell'Ovest di diventare un polo alternativo credibile, un serio punto di riferimento. Sennonché le più recenti battute del discorso europeo (dell'Europa dei Nove), ai margini delle ultime

Persone citate: Gerald Ford, Helmut Schmidt, Leonid Breznev, Solgenicyn