Usa e America Latina verso nuovi rapporti? di Vittorio Zucconi

Usa e America Latina verso nuovi rapporti? Dopo la fine dell'embargo economico a Cuba Usa e America Latina verso nuovi rapporti? (Dal nostro corrispondente) ! Washington, 31 luglio. La fine della «guerra commer- eiale» contro Cuba, decretata dalle 21 nazioni dell'Osa (Organizzazione degli Stati Americani) con l'appoggio degli Stati Uniti, c il primo prodotto visibile della inquietudine profonda che si è insinuata nei rapporti fra le nazioni latino-americane e Washington. Kissinger. il diplomatico della coesistenza, del Medio Oriente, viene accusato di non avere una politica «latino-americana», o di continuare nella tradizionale strategia statunitense verso il Sud del continente, incapace di trovare una linea mediana fra i poli della negligenza e dell'interferenza. Cuba, e l'undecennale embargo, era divenuta — agli occhi di molti Paesi latini — il reagente della volontà americana di riformare il proprio atteggiamento verso il Sud. E Washington ha dovuto «reagire», accettando la realtà di un pluralismo latinoamericano che per 16 anni — dalla vittoria di Castro — aveva finto di ignorare. Ma non è stata un'improvvisa rivelazione, una «via di Damasco» per la diplomazia Usa: il voto su Cuba, con il quale i Paesi membri dell'Osa vengono autorizzati ad agire liberamente nei rapporti con l'Avana, è stato il mezzo per ricostruire una sorla di unità di facciata dell'Organizzazione (la più antica struttura internazionale del mondo, datando dal 1890) in vista di un dibattito imminente e di straordinaria importanza per tutto il continente: il dibattito su Panama. Il governo panamense — guidato da Omar Torrijos — da tempo sta premendo per riavere sovranità sul canale e togliere a Washington il protettorato che l'America esercita dal 1903. Torrijos vuole un nuovo trattato, la maggiorazna dei parlamentari Usa "è contraria: la posizione I che assumeranno le altre nazio- ni sud-americane e centro-ameri- cane sarà decisiva nel detcrmi- nare il futuro di questa vitale via d'acqua, la cui appartenenza al governo panamense non può essere discussa, ma la cui importanza per la sicurezza degli Usa è altrettanto indiscutibile. Il rapporto interno fra Usa e America Latina — non solo la questione di Panama — appare in urgente necessità di riforme. La storia di questa relazione, ancora ne! segno della dottrina Monroe (cioè dell'estensione della sfera di influenza nordamericana a tutto il continente), è una storia sinistra, colorata di spie, governi corrotti, manipolazioni, neo-colonialismo della peggior specie, quello affidato alle multinazionali della frutta, dei minerali, del danaro. Una storia di gravi miopie politiche, che lo choc cubano aggravò. Dall'America centrale e meridionale sono venuti negli ultimi 20 anni i simboli e gli eroi dell'antiamericanismo internazionale (neppur necessariamente marxista in senso ortodosso), da Castro al «Che» Guevara. da padre Torres a Debray per finir con Allenile. In America Latina (e in Africa, forse in un futuro solo un poco più lontano) si giocherà il riscatto, o la degenerazione, dell'immagine intemazionale degli Stati Uniti. E il terreno non potrebbe essere più esplosivo. Fra gli estremi del regime cileno e del castrismo si muove un continente il cui spettro politico e la fin troppo sottolineata instabilità riflettono le disparità socio-economiche e talora un'immaturità politica di cui non di rado le vittime sono i protagonisti e viceversa. Ed è troppo facile ridere delle «Banana Republics», dopo aver contribuito all'instabilità. Una politica globale verso il Sudarne- rica è impossibile, non essendo l'America Latina (non più dell'Europa, Africa o Asia) un'entità omogenea. Una politica individuale diventa non solo frammentaria, ma contraddittoria e sospinge inavvertitamente su posizione contrarie. In pratica ogni nazione latina vorrebbe al tempo stesso di più e di meno da Washington e nell'impossibilità di congiungere gli opposti si alimenta un crescente sentimento di fastidio ami-yankee. Cuba e il Cile sono i casi limite, gli esempi più vistosi di questa situazione. In nome della «realtà del pluralismo», Washington potrà accettare Castro, ma non accettò Allendc. Oggi, il Cile e una nazione a pezzi, sotto una dittatura spietata, La situazione economica è oltre il confine dell'immaginabile: secondo la Banca Mondiale (l'ente internazionale che distribuisce finanziamenti). l'inflazione ha raggiunto un tasso del 3 per cento al giorno in media, oltre il 1000 per cento all'anno. 1 crediti che la Banca mondiale concede al Cile por- tano un interesse agevolato del 700 per cento, mentre il generale Pinochcl respinge una commissione delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo (si legga: le torture politiche! invitandola a visitare la Siberia. Pinochet vorrebbe aiuti e ancora aiuti dagli Usa e dalle organizzazioni internazionali ove Washington ha una forte voce (la Banca Mondiale, ad esempio) ma per l'America diviene ogni giorno più imbarazzante il cordone ombelicale con la giunta fascista di Santiago. Con poche nazioni latino-americane Washington può vantare rapporti stabili (un progetto di viaggio di Kissinger è stato recentemente annullato perché la sua sicurezza personale non sarebbe stata garantita). Il Venezuela (sotto la guida di Carlos Perez) è sulla via degli espropri e nazionalizzazioni petrolifere: il Perù (guidato dal generale |uan Vclasco Alvarado) sembra ormai stabilizzato nel suo regime nassetiano-castrista, con ben poche simpatie per Washington. L'Argentina appare sull'orlo di un grave sconvolgimento politico e taluno prevede per "autunno un ritorno dei milita- ri al potere. Il Brasile, con Ei nesto Geisel quale capo del governo, appare forse più amichevole verso il Nordamcrica, ma internamente ancor troppo fragile per essere giudicato un fattore stabilizzante. In questo universo friabile e mutante, Washington interviene troppo spesso con brutalità operativa e miopia politica. Dopo aver inseguito per anni il fantasma della rivoluzione castrista, esorcizzato il terrore dei « dite, tre, molti Vietnam » sollevato da Guevara, gli Usa scoprono ora che una dittatura di destra, un regime tirannico ma fragile, un'eccessiva inflazione possono essere nemici anche peggiori del guevarismo. Ora. naturalmente, sembra difficile riformare una politica radicala in troppi errori, ma al successore di Kissinger si presenterà il problema, e non potrà essere ignorato. Finita forse l'eia dell'interventismo totale (« Dovevamo sbarazzarci di un regime comunista » disse Eisenhower in una conferenza data da ex presidente), liquidato il disprezzo strade, e forse il voto all'Osa è un indizio di speranza. Vittorio Zucconi delle « Banana Republics ». 1 A- merica dovrà cercare nuove '"