L'America rida a Cuba diritto di cittadinanza di Vittorio Zucconi

L'America rida a Cuba diritto di cittadinanza Tolto l'embargo economico dopo 11 anni L'America rida a Cuba diritto di cittadinanza (Dal nostro corrispondente) Washington, 30 luglio. Da un emisfero all'altro, dalla Finlandia a Costarica, capitoli della guerra fredda si chiudono uno dopo l'altro: ad Helsinki si firmerà venerdì il primo documento corale EstOvest dalla fine della guerra. In Costarica, ieri, l'Organizzazione degli Stati americani (Osai ha di fatto tolto Vembargo economico contro Cuba imposto 11 anni fa (26 luglio 1964). Sedici delle 21 nazioni che formano l'Osa hanno votato a favore di un documento che consente a ciascuno Stato membro di «comportarsi come meglio crede » nei confronti del regime castrista. La formula, escogitata e sostenuta dagli Stati Uniti, ha richiesto oltre 4 mesi di negoziati e «limature» ed ha avuto il voto contrario di Cile, Uruguay e Paraguay, mentre Brasile e Nicaragua si sono astenuti. Lo scorso anno, una proposta analoga fu bocciata per la strenua opposizione di Washington, lasciando l'Organizzazione degli Stati americani aspramente divisa. E' soltanto un primo passo, naturalmente, ma è quello decisivo. Esso rappresenta, come ciascun atto nel lungo dramma della distensione, non già un gesto di amicizia o di riconciliazione, ma il riconoscimento di una realtà, l'esistenza di un regime comunista nel cuore del Continente americano che ha saputo consolidarsi ed acquistarsi il diritto ad essere, a dispetto (o forse in virtù, come ha detto il ministro degli Esteri di Costarica) delle sanzioni economiche. Passerà ancora qualche tempo prima che gli Usa riprendano relazioni commerciali e diplomatiche con L'Avana, non fosse che per i contraccolpi interni che Ford dovrebbe affrontare in caso di una normalizzazione precipitosa. Ma, dopo il voto di Costarica, è ormai solo questione di tempo e di come Washington potrà calmare i cinquecentomila esuli cubani accolti e raccolti in Florida nel mito della «rivincita» anti-castrista. Soprattutto era indispensabile per Washington trovare una formula diplomatica che ristabilisse un'apparenza di unità nell'Osa dove l'insofferenza per la scomunica a Castro era ormai diffusa. Una situazione paradossale si era creata negli ultimi anni, con 7 dei 21 Paesi membri costretti a mantenere l'embargo nell'organizzazione, ma con rapporti diplomatici regolari con L'Avana, individualmente (le sette nazioni sono Argentina, Venezuela, Messico, Colombia Trinidad-Tobago, Panama, Pe- rù). Dall'altro canto, Washington è purtroppo legata a regimi come quello cileno e dunque la formula di compromesso doveva essere flessibile abbastanza per abrogare l'embargo, ma senza implicare — o imporre — un riconoscimento politico. E così è stato. Dal punto di vista economico, una ripresa dei rapporti fra Cuba e le altre nazioni americane non potrà avere, almeno per i primi tempi, ferito negli Usa. A McGovern personalmente il leader cuba- conseguenze vistose. Le esportazioni cubane (zucchero, nickel, riso e pesce) sono oggi interamente assorbite dall'Urss e dai suoi alleati, spesso a costi «d'affezione» da parte russa, per sostenere l'economia cubana. Un beneficio sensibile potrebbe venire a Castro dagli Stati Uniti, ma esiste una massiccia legislazione anti-cubana negli Usa che dev'essere smantellata, e molti problemi sospesi, dall'esproprio non rimborsato di proprietà americane, ad un certo numero di prigionieri americani detenuti a Cuba. Negli scorsi mesi, tre senatori americani si sono recati all'Avana (fra essi il repubblicano Javits e il democratico McGovern) per discutere concretamente e ufficiosamente con Castro i vari problemi aperti. In particolare Castro sembra avere prescelto McGovern, il senatore democratico schiacciato da Nixon alle elezioni « del Watergate » nel 1972, quale suo contatto pre no ha inviato nei giorni scorsi un memoriale in cui sono elencati ben 24 attentati contro la sua persona organizzati o appoggiati dalla «Cia» fra il '62 e il '71. Il memoriale, 86 pagine, è stato trasmesso da McGovern al senatore Church che presiede la speciale commissione di inchiesta sulla «Cia» e l'intera organizzazione spionistica americana (con la notazione che McGovern non si fa garante della correttezza delle informazioni e delle prove fornite da Castro). Più volte, negli ultimi tempi, soprattutto attraverso interviste televisive, Fidel Castro aveva espresso il voto di una normalizzazione dei rapporti con le nazioni latinoamericane e con gli Stati Uniti. Politicamente, né Ford, né Kissinger (a differenza di Nixon che era legato ad ambienti di esuli cubani oltranzisti, primo fra tutti quel Bebé Rebozo che di Nixon fu amico e finanziatore) hanno sostanziali obiezioni, se non legate alla politica interna. Cuba è ancora largamente impopolare negli Usa, e il suo stesso nome evoca momenti intensamente emozionali nella memoria collettiva del Paese. Castro fu per anni visto come «la testa di ponte dell'aggressione comunista all'emisfero americano», il propagatore dell'«infezione rossa» in Sud America. Vittorio Zucconi