Scusi, ha visto Annibale?

Scusi, ha visto Annibale? Venti inglesi sulle tracce del condottiero Scusi, ha visto Annibale? Lunga marcia per raggiungere e attraversare le Alpi - A differenza dell'"esercito" di 2000 anni fa, questo non ha elefanti ma camion e jeeps - Nel gruppo c'è una donna (Dal nostro inviato speciale) Gap, 28 luglio. Li abbiamo raggiunti mentre stavano sgomberando l'ennesimo bivacco sulla «pista degli elefanti», il tribolato sentiero lungo il quale Annibale avrebbe raggiunto l'Italia, ventidue secoli fa. Dopo un inseguimento di milleduecento chilometri sugli assolati tornanti della Francia sudorientale, l'equipe della Stampa è riuscita a raggiungere il manipolo d'inglesi che vuol ripercorrere palmo palmo la strada seguita dal condottiero cartaginese, con 56 mila uomini e trentasette elefanti, per combattere la seconda guerra punica. Non è stato facile. Partiti con clamore (i giornali di qui avevano dedicato alla spedizione metà della prima pagina) gl'inglesi avevano presto fatto perdere le loro tracce. Lasciate le arterie del grande traffico di fine settimana, le superstrade intasate dalle colonne di francesi in partenza per le vacanze, s'erano incamminati sui fondo valle, lungo i torrenti, salvo ripercorrere solo di tanto in tanto (e per puro scrupolo storico) vie più affollate. Due giorni è durata la ricerca del commando di militari da parte della squadra partita da Torino (cronista, fotografo e l'autista) sulle loro tracce. Sono state mobilitate decine di gendarmerie, qualche sindaco in piccoli centri della Provenza, un generale francese esperto in teorie sui «sentieri di Annibale», alcuni radioamatori che potessero mettersi in contatto con gl'irraggiungibili escursionisti. Poi, dopo tante indicazioni fasulle, improbabili segnalazioni della bianca carovana dei «les anglais», finalmente una pista sicura. Li hanno visti accampati vicino a un torrente, tipi strani, grossi camion, perfino una bandiera. Non possono essere che loro. Trovati per un soffio. Quando arriviamo al campo stanno già facendo le valigie, i motori già accesi. Alcuni mangiano in fretta una densa zuppa di legumi, altri tolgono dal terreno il vessillo rosso con su scritto lo scopo della missione: «Operazione Jumbo track», traversata con gli elefanti. Di questi ultimi però nemmeno l'ombra; troppo difficile — spiegheranno poi — ottenere i permessi di transito dalle autorità francesi. Al posto dei pachidermi, quattro grossi veicoli militari in grado di percorrere le stesse strade accidentate battute dalle truppe cartaginesi 218 anni prima di Cristo. Sulla « ammiraglia », una Land Rover bianca con radio portatile per comunicare con i gruppi di marciatori durante gli spostamenti, sta il luogotenente Jerry Boyle, cervello della spedizione e responsabile operativo del gruppo. Chiude la carovana l'altra jeep, con una potente ricetrasmittente collegata con la base del gruppo ad Aldershot, presso Londra: ogni giorno una relazione sull'andamento della spedizione. L'auto è guidata da un'inglesina diciottenne, Jane, carattere di ferro dietro un timido sorriso, ausiliaria dell'esercito di Sua Maestà con la qualifica di radiotelegrafista. Con i «camerati», durante questo viaggiovacanza, si occupa della guida dei veicoli ma non della cucina, affidata invece ad un militare quarantacinquenne esperto nel manipolare scatolette e cibi precotti, alimenti base nel rancio del gruppo. All'arrivo nel campo, un pizzico di diffidenza militare («Avete documenti di riconoscimento?») poi gl'inglesi mostrano il programma della missione. Una mappa meticolosa acquistata a Londra e studiata con cura oltre Manica sulla base di una delle tan- Veynes. Una pausa durante la marcia sulle piste di Annibale (Foto La Stampa) te teorie formulate sul passaggio di Annibale, mostra il percorso da seguire. La partenza da Die, a Sud di Grenoble, poi l'attraversamento nella valle della Dròme, il passaggio da Chàtillon-en-Diois poi sul colle de la Croix Haute, quindi l'arrivo nella località in cui li abbiamo raggiunti, la Jerjette. Grossi riquadri con un numero indicano sulla carta topografica lunga tre metri le località e il giorno d'arrivo previsto. Prossime tappe Veynes, Gap, il lago de Serre Pongon, quindi Aiguilles, Echalp, e infine l'arrivo al colle delle Traversette, presso Cuneo, dove la spedizione dovrebbe arrestarsi. cCtspTlttcctvhrvdsrn Ancora qualche incertezza; c'è chi vorrebbe andare fino a Crissolo, nella speranza di trovare reperti archeologici sui primi scontri fra le truppe cartaginesi e le tribù dei Taurini. Il luogotenente Boyle è perplesso: «Siamo in ritardo sui tempi di marcia, se tutto fila liscio arriveremo al confine per il 10 agosto, anziché il 6 previsto. Poi si deve tornare in Gran Bretagna, le vacanze sono finite. Annibale ha impiegato tre mesi per fare questo viaggio; noi circa venti giorni, con camminate di 25 chilometri al giorno, sotto il sole di luglio». In realtà, alla base della decisione di non protrarre oltre il a; a di ci pei yie al ie le le aa te o, n o il a i a mdi si no niù pedemiro riorle, uso nsri econfine la spedizione pare sia un desiderio che serpeggia fra il gruppo. Raggiungere Parigi durante il ritorno e fermarvisi qualche giorno. Le braccia coperte di rossi tatuaggi (di fianco a un Andy Capp sta la croce in memoria della sorella e uno stemma dei para inglesi) Allan Ormsby, trent'anni, descrive il programma quotidiano del commando di esploratori. Sveglia alle sette di mattina, quindi mentre una quindicina di ragazzi (dai venti ai 25 anni) si mette in marcia, zaino in spalla e cappello sugli occhi, a testa bassa per macinare chilometri a un passo mozzafiato (oltre cinque chilometri l'ora) si studiano i servizi logistici. Si toglie il campo per montarlo dove la carovana sosterà, si sale su un «elefante d'acciaio» per i rifornimenti nel centro più vicino. Acqua, provviste, viveri. La giornata scorre tra torrenti, foreste, vallate, alla ricerca di reperti e tracce della spedizione cartaginese (finora è stata trovata solo una vecchia pistola tedesca, residuato bellico). Finisce verso mezzanotte, con gli squilli di tromba che annunciano il «silenzio». Se alla domanda «perché lo fate» gl'inglesi parlano entusiasti di interesse storico, passione sportiva, vacanze fuori dal normale, fascino della vita militare, più vaga t diventa la spiegazione su chi I mette fuori i soldi dell'impresa. Indicano le loro tasche e aggiungono: «I soldi sono tutti nostri». Ma sulle fiancate dei loro «elefanti» campeggia in grande il marchio d'una nota benzina. Giorgio Battistinì

Persone citate: Allan Ormsby, Boyle, Giorgio Battistinì, Jerry Boyle

Luoghi citati: Crissolo, Cuneo, Francia, Gran Bretagna, Italia, Londra, Parigi, Provenza, Torino