L'aveva scritto alla moglie dalla Francia poco prima della cattura

L'aveva scritto alla moglie dalla Francia poco prima della cattura L'aveva scritto alla moglie dalla Francia poco prima della cattura Tuli: l'organizzazione mi ha tradito V incubo è finito Firenze, 28 luglio. In tutta la Toscana, ma particolarmente a Empoli, la notizi a dell'arresto di Mario Tuti è stata accolta con un sospiro di sollievo. La storia di questo giovane funzionario del comune diventato all'improvviso un criminale che ha ucciso due uomini che lo avevano visto bambino, aveva finito col diventare un incubo reso ancora più inquietante dalla spavalderia con cui il Tuti continuava a muoversi nella sua terra. E' quasi certo ormai, che l'altro giorno, quando fu visto in comune, stava architettando la rapina degli stipendi dei dipendenti. Non aveva saputo, nei sette mesi di fuga, che l'amministrazione comunale aveva cambiato il sistema di pagamento e dalle buste paga con il contante era passata alla distribuzione degli assegni. Tuti sentiva di avere alle calcagna gli inquirenti, molti amici forse lo avevano abbandonato, il bisogno di soldi si era fatto presente. Scadente come rapinatore, e nell'impossibilità di studiare l'assalto a una banca, Tuti aveva ripiegato sui posti che conosceva meglio: appunto il comune di Empoli, dove aveva lavorato per tanti anni si lenzioso e zelante, con lo scrupoloso impegno di nascondere la sua seconda vita di «tessitore» di trame nere. Gli riusci fino al gennaio scorso, quando lo andarono a cercare con un ordine di cattura partito da Arezzo, e lui rispose a colpi di fucile contro gli uomini della polizia. Suo padre. Guido Tuti, piange al telefono: «Cosa devo dire? Meglio sia finita così. Ora che è arrestato potrà raccontare come abbia potuto uccidere, che cosa l'abbia spinto». Nella casa del suocero non risponde nessuno. La giovane moglie, in attesa di un altro figlio (dovrebbe partorire in settembre) è al mare in un luogo sconosciuto (forse a Castiglioncello) insieme al primo figlio Werter; ma nemmeno lei pare disponibile a un colloquio, vuol chiudere la storia a partire da quella sera. Il consiglio comunale di Empoli si è riunito oggi in seduta straordinaria e ha espresso la propria soddisfazione per il modo in cui la vicenda si è conclusa, per l'arresto del Tuti avvenuto in Francia. Parla l'appuntato Arturo Rocca, l'unico della pattuglia che, quel giorno, riuscì a sfuggire alla morte. Si è trascinato fino ad ora con le stampelle e solo da poco è in grado di camminare. «Meno male che non è riuscito ad ammazzare nessul'altro. E' di pistola facile, io lo so. Il fatto che sia tornato ad Empoli a tentarela rapina in comune dimostra che ci troviamo di fronte ad un pazzo, a un fanatico che agisce secondo una logica terrificante. Meglio sia finita così, con il Tuti vivo.Se non altro si spera vengano fuori altri nomi. Ora forse ne sapremo di più, e sarà un bene per tutti». L'inchiesta a Firenze prosegue intanto a ritmo serrato, in attesa di sapere se il magistrato, dottor Pappalardo, può andare in Francia ad interrogare il Tuti: deve cioè sapere se il Tuti è in grado di parlare oppure no in seguito alla ferita alla gola che ha subito durante il conflitto a fuoco con l'antiterrorismo e i carabinieri di Firenze. Stamane è stato interrogato Elio Catola, mentre è già in carcere Mario Mennucci al quale è intestata la «500» che il Tuti guidò fino al comune di Empoli, dove quattro ex colleghi lo videro aggirarsi nei corridoi di fronte all'albo pretorio con l'intenzione — si pensò poi — di rapinare le paghe dei dipendenti. Il Catola è un giovane di Pisa sospettato di aver in qualche modo dato aiuto al Tuti: gli interrogatori devono chiarire questo particolare. Di turno davanti al magistrato anche due detenuti: Graziano Sostegni e uno sconosciuto che è arrivato dalle carceri di Trento. Il Mennucci èin carcere; pare abbia detto di aver dovuto cedere la «500» al Tuti sotto la minaccuisa canna di una pistola». «Ho bisogno di soldi» gli avrebbe detto il Tuti in piazza Grande a Livorno. «Mi metti nelle grane» la risposta del Mennucci: «Allora faccio da solo» la secca replica del Tuti. Cosi sarebbe partito al volante della «500»; una notte di sonno all'albergo «Quattro mori» di Livorno, un'altra sull'auto. Poi la sortita al palazzo comunale di Empoli, la segnalazione, l'accanita Cacciacca, la cattura. Nizza. I funzionari dell'Antiterrorismo, Giorgio Criscuolo (a sinistra) e Mario Vecchi