Inquietudini in America per i rapporti con l'Urss di Vittorio Zucconi

Inquietudini in America per i rapporti con l'Urss Mentre Ford è in Europa per il vertice di Helsinki Inquietudini in America per i rapporti con l'Urss (Dal nostro corrispondente) Washington, 26 luglio. Che cos'è la distensione oggi? Un vertice ad Helsinki, due astronavi congiunte, dieci milioni di tonnellate di grano americano per l'Urss? O una truffa, come sostiene Solzenicyn? Si sente dire in America che Washington offre legittimazioni politiche e scientifiche, favori economici all'Urss e in cambio ottiene i finanziamenti ai comunisti portoghesi e un ambiguo (al meglio) atteggiamento in Medio Oriente. Da sinistra e da destra, donde i candidati alla Casa Bianca 1976 stanno muovendo per cercare spazio nell'elettorato di centro, la distensione è contestata. «Doni' go Jerry», non andarci Jerry, esorta il Wall Street Journal mentre il Presidente parte per il summit in Finlandia e una visita in Europa Orientale. E lo U.S. News and World Report sospetta che gli Usa corranno troppo in fretta incontro all'orso russo, più bonario magari, ma pur sempre orso. Se ho capito bene — replica Kissinger — volete tornare al confronto: ma siete pronti a rivivere gli incubi atomici? Un attacco deciso, il più vasto degli ultimi anni, è in corso contro la politica estera della Casa Bianca, quella linea Nixon - Kissinger - Ford che neppure lo scandalo Watergate ha interrotto. Molte mani stanno cercando di piegare il pendolo dell'inconscio collettivo americano dal pragmatismo — che volle la coesistenza in nome dei buoni affari — al moralismo, per il quale la detente rimane un patto con il diavolo destinato a giovar finalmente solo al diavolo, non al dottor Kissinger. Lo dice anche Solzenicyn che porta da un Hilton all'altro, a spese e sotto l'egida dei sindacati, quel suo profumo di martirio e di betulle che inebria il pubblico e serve ai sindacati per accusare Ford, il «presidente della disoccupazione». Il rapporto con l'Urss diviene così il terreno d'elezione per gli attacchi a Ford, ove si ritrovano tutti coloro che osteggiano l'amministrazione, quali che siano le ispirazioni e le intenzioni. L'offensiva è facile, la risposta difficile, perché necessariamente mediata, perché richiede «troppa ragione e troppo poco cuore». come ha scritto Reston. Lo zio Sam porta grano all'Urss — 10 milioni di tonnellate — aiutando il Cremlino a coprire i vuoti della pianificazione agricola, e l'America pagherà più cari il suo pane e i suoi cereals. Il contribuente ha speso miliardi di dollari per una corsa spaziale vinta dagli scienziati e perduta dai politici e la Luna è « una vittoria mutilata ». Al vertice di Helsinki Ford metterà la sua firma sotto un documento che sancisce le frontiere dell'impero russo, ma non impedirà ai comunisti mediterranei di continuare la scalata al potere. Così parlano i demagoghi Wallace, Jackson. Reagan, Meany all'uomo qualunque americano e ad essi Kissinger deve rispondere con argomenti da storico harvardiano, e Ford non sa che rispondere, non sa se deve ricevere Solzenicyn alla Casa Bianca, spiacere a Breznev o ai conservaI tori del Sud. Nessuno, naturalmente, neppure i qualunquisti più : aggressivi, chiede il ritorno all'angoscia nucleare. Tutti si i travestono da realisti per fare Andrews. Ford con la moglie e Kissinger alla partenza, salutato dal vicepresidente Rockefeller (Associated Press) apparire Kissinger come un utopista ingannato dai russi. Domandano più fermezza, un negoziare secco: volete il grano? dice il senatore Jackson. Dateci gli ebrei. Volete il riconoscimento delle conquiste belliche? Lasciate ascoltare la Voce dell'America. Volete limitare (con i Salt) la superiorità missilistica Usa? «Stop messing around» (ha detto Wallace), smettete di pescare nel torbido della Nato, attraverso i «partiti fratelli». Sfortunatamente, l'equazione dei «nuovi falchi» è semplice e comprensibile: dieci anni fa, senza distensione, l'America regnava su un impero appena turbato dal Vietnam. Oggi l'impero è corroso, si è conosciuta la sconfitta. Dunque: distensione uguale sconfitta. Theodore White, conoscitore del meccanismo politico americano (ha scritto «The making of a President». Come si costruisce un Presidente), sostiene che la Casa Bianca si gioca alle elezioni su tre punti: il rapporto con l'Urss, l'economia, la situazione razziale. Vince chi interpreta gli umori della maggioranza su questi tre temi. Ci si deve dunque chiedere se abbia ragione Ford nel giudicare minoritario e passeggero lo scontento sulla distensione, o se siano nel giusto i nuovi falchi nel coltivarlo come potenzialmente maggioritario. E ancora, andando oltre il puro fatto elettorale, se un eventuale mandato popolare per una nuova politica con l'Urss possa realmente essere tradotto in azione senza ricadere nelle «crisi dei missili». Se sia possibile — in sostanza — una distensione «diversa». In certa misura il qualunquismo critico che sta emergendo intorno alla estera di Ford e Kissinger dovrà trovare qualche traduzione concreta, perché questa è la natura del sistema politico americano, e dovrebbe essere la natura di ogni democrazia: recepire parte delle istanze di opposizione nell'opera di governo. Kissinger è certamente alla fine della sua carriera come segretario di Stato, sia Ford o un democratico il presidente dal '77, e il suo successore darà una diversa impronta alla condotta della diplomazia Usa: forse basterà ai critici un'operazione di mo¬ politica ke up, una cosmesi nuova per la solita politica. Ma è anche possibile che un duplice mutamento nella gestione del potere, in Usa se Ford non sarà rieletto, in Urss quando Breznev se ne andrà, porti ad una pausa di ripensamento reciproco. I pessimisti sostengono che ciò è impossibile, giacché «fa distensione (la frase è di un collaboratore di Kissinger) è come una bicicletta: se si ferma, cade». Altri obiettano che qualcosa di profondo è già cambiato nel rapporto dei due giganti, e non è più necessario correre di vertice in vertice, sempre più in alto, sempre più lontano, per evitare il confronto (scrive Foreign Policy). Vittorio Zucconi