Papadopulos alla sbarra
Papadopulos alla sbarra Papadopulos alla sbarra (Dal nostro inviato speciale) Atene, 26 luglio. Un dittatore alla sbarra. Giorgio Papadopuios, «l'uomo forte» che all'alba del 21 aprile 1967 si impadroni del potere ad Atene (a mezzogiorno tutto era finito, i carri armati stazionavano nelle piazze, gli aeroporti erano chiusi, i giornali impediti di uscire, il re «imbavagliato» prima di essere cacciato, la gente si chiedeva l'un l'altro che cosa era successo), viene ora processato dal suo stesso popolo. E' forse la prima volta nella storia moderna. Di solito sono i dittatori a processare gli altri, e se cadono finiscono male subito. Questa volta l'uomo che era solito dire: «Il padrone sono io» — e lo diceva con sussiego ai corrispondenti stranieri — attende nella sua cella al secondo piano della prigione di Korydallos al Pireo che arrivi l'autobus che lunedi mattina dovrà trasportarlo, ammanettato, nell'aula installata in un'ala secondaria delle carceri, un tempo destinata alle prostitute c alle adultere. Sarà un grande processo. Sono imputati con Papadopuios altri ventitré ufficiali della Giunta militare, tutto il gruppo di signori proclamatisi di propria iniziativa «salvatori della patria» e presto diventati, per l'inesorabile legge della storia, i carcerieri e torturatori dei propri concittadini. Tra gli altri accusati, l'exreggente Zoitakis, l'ex-premier Pattakos, gli ex-ministri Makarezof e Spandidakis, infine l'ex-capo della polizia Dimitrios Joannidis, il fosco, spietato Joannidis. Tutti rischiano (forse più teoricamente che in realtà, a quanto si lascia intendere nei circoli governativi) la pena di morte per i reati di ammutinamento, alto tradimento e insurrezione armata. Ma il protagonista è lui, Giorgio Papadopuios, ora cinquantaseienne, l'ambizioso colonnello che disdegnava la vita ritirata delle piccole guarnigioni di provincia, disprezzava i «parolai» del Parlamento, vantava la propria partecipazione alla guerra civile del 1945-46 non come un tragico travaglio imposto al piccolo Paese da una lotta | mondiale ma come un brutale I «repulisti» troppo presto in- | terrotto contro tutti gli avver- sari. Quest'uomo, non privo di cultura ma «tremendamente e solamente astuto», tentò anche di creare una mitologia del regime. E' sua — dicono — la trovata della fenice che risorge dalle ceneri. Ma, come era inevitabile, la realtà non corrispose al mito, le promesse caddero, le casse si svuotarono, le carceri si riempirono. Negli anni più tristi, la libertà di parola venne abolita, in Grecia, insieme con le altre libertà. Il 95 per cento della I popolazione ila cifra è indica > Uva. non è certo possibile fa \ re statistiche precise, ma i ri¬ lievi compiuti da numerose agenzie straniere sembrano per molte ragioni attendibili) Umberto Oddone (Continua a pagina 2 in quarta colonna) dovette rassegnarsi a tacere; pochi, i più fortunati o i piùcoraggiosi, fuggirono ncll'esi-lio; altri, i più sventurati o i pili eroici, finirono negli squallidi isolotti dell'Egeotrasformati in campi di con- Si apre ad Atene il processo all'autore del "golpe,, del '67
Persone citate: Dimitrios Joannidis, Giorgio Papadopuios, Papadopulos, Pattakos, Umberto Oddone
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