Sadat: nuovo mandato ai "caschi blu,, nel Sinai di Vittorio Zucconi

Sadat: nuovo mandato ai "caschi blu,, nel Sinai Diminuisce la tensione in Medio Oriente Sadat: nuovo mandato ai "caschi blu,, nel Sinai La decisione comunicata al Palazzo dell'Onu a New York dall'ambasciatore del Cairo al presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, l'italiano Plaia - Nuova proposta egiziana per un accordo, trasmessa all'israeliano Dinitz da Kissinger I (Dal nostro corrispondente) Washington, 23 luglio. L'Egitto ha accolto l'appello dell'Onu ed ha rinnovato il mandato alle forze di pace delle Nazioni Unite — i «caschi blu» — nel Sinai, per altri tre mesi. La decisione — che fa cadere uno dei motivi di maggiori tensioni e timori emersi nel Medio Oriente — è stata comunicata stamane dall'ambasciatore egiziano presso le Nazioni Unite ad Eugenio Plaia, il rappresentante italiano che presiede, per turno, il Consiglio di sicurezza Onu. Nel frattempo, a Washington, Kissinger convocava l'ambasciatore israeliano Simcha Dinitz per trasmettergli una nuova proposta egiziana, che conterrebbe, secondo indiscrezioni, «importanti elementi nuovi». Al termine del colloquio con il Segretario di Stato, svoltosi alla Casa Bianca (ma senza che Ford vi partecipasse), l'ambasciatore ha respinto ogni domanda, limitandosi a dire che il documento egiziano verrà immediatamente trasmesso al governo di Israele. La situazione rimane dunque, alla luce degli sviluppi di oggi, confusa nel quadro globale, ma non negativa. Nessuno può dire con esattezza quanto lontano sia un accordo per il Sinai, poiché neppure i protagonisti della battaglia diplomatica conoscono fatti e opinioni minuto per minuto. Una somma ponderata degli avvenimenti porta a concludere che il vero nodo finale dell'intesa sta, più che nel negoziato fra Egitto e Israele, nel rapporto fra Stati Uniti ed Israele, gli aiuti economici, militari, e l'eventuale «presenza» americana nel Sinai, dunque le garanzie che lo Stato ebraico vuole da Washington per « fidarsi » di Sadat. Prima di vedere Kissinger, Dinitz ha sottolineato esplicitamente il problema delle garanzie statunitensi, dicendo che Israele «si aspetta che Washington approvi la richiesta di aiuti » per 2,5 miliardi di dollari (1500 miliardi di lire). In mattinata, il sottosegretario di Stato, Joseph Sisco, aveva detto ad una commissione parlamentare che gli Stati Uniti sono pronti a prendere in considerazione la possibilità di inviare loro personale, civile o militare, sui passi del Sinai (Mitla e Gidi) quando saranno sgomberati dagli israeliani, per far funzionare le stazioni di avvistamento elettronico, volte ad impedire attacchi di sorpresa. Sono queste — i finanziamenti e la presenza fisica degli americani — le due garanzie che Israele chiede per accettare il nuovo accordo con l'Egitto e rinunciare ad una dichiarazione formale di non belligeranza che Sadat non vuole — e forse non può — dare. Si può dire con ragionevole sicurezza che questo è il vero nodo di questa fase negoziale nel Medio Oriente, non il « miglio in più o in meno » nelle sabbie del Sinai. Sia l'ottimismo che il pessimismo sono dunque giustificati, il primo dalla convinzione che « se gli americani vogliono » l'accordo è fatto, il secondo dalla constatazione che Washington vorrebbe veder affrettarsi il passo delle trattative, e non bruciare le sue due carte principali — l'aiuto ad Israele ed una presenza in prima persona — per un altro accordo parziale e limitato, senza sbocchi futuri. C'è una differenza sostanziale ori lai nella prospet¬ tiva americana ed israeliana: 1 Tel Aviv teme « reazioni negoziali » a catena e vuole respiro fra un'intesa e l'altra. Washington preme invece per una serie di trattative aperte, ove l'una conduca alla successiva. L'America ha fretta, insomma, di sfruttare il suo fresco prestigio presso l'Egitto ed altre nazioni arabe e l'atteggiamento di «non collaborazione, non sabotaggio» adottato dall'Urss. Israele, piccola potenza di un popolo antico, conosce pazienza e diffidenza secolari. L'instabilità nervosa del momento si riflette nelle contraddittorie dichiarazioni che vengono dalla Casa Bianca. Da un giorno all'altro il Presidente americano sottolinea, senza apparente motivo, ora gli aspetti positivi, ora le perplessità dell'ora. Ieri, in un'intervista al Christian Science Monitor, Ford ha detto che «un nuovo accordo è enormemente più vicino di quanto fosse due mesi fa» e di sentirsi «incoraggiato» dagli ultimi sviluppi. Oggi, parlando ad un gruppo di visitatori della Casa Bianca, ha sostenuto che agli Stati Uniti stanno facendo del loro meglio per rimettere in movimento il negoziato» ma la loro mediazio- Vittorio Zucconi (Continua a pagina 2 in seconda colonna)

Persone citate: Eugenio Plaia, Joseph Sisco, Kissinger, Kissinger I, Sadat, Simcha Dinitz