Il coraggio di Don Milani e provocazioni di Rocha

Il coraggio di Don Milani e provocazioni di Rocha Al festival cinematografico di Taormina Il coraggio di Don Milani e provocazioni di Rocha "Un prete scomodo", la storia del sacerdote toscano con l'interpretazione di Enrico Maria Salerno - "Claro" l'ultimo film del regista brasiliano con Carmelo Bene iDal nostro inviato speciale) Taormina, 21 luglio. In questa cronaca o meglio «fuga di notizie» dal Festival di Taormina (diciamo così perché la più parte dei film resterà inaccessibile al pubblico delle sale normali), a chi dare la precedenza? Differenza di qualità a parte, sono opere ugualmente impegnate (ma in senso unico) a migliorare il mondo. Sulla condizione della donna d'oggi in generale e sulla libertà d'aborto in particolare, ecco un urgente appello dalla Germania Federale, cui aggiunge valore l'essere stato lanciato da una donna, la regista e autrice integrale Helma Sanders, che per studi ed esperienze dirette, mostra di conoscere il problema dall'interno. Ardente quanto ragionata femminista, ella si è trasfusa nella sua eroina Grischa, che alterna dilettazioni filodrammatiche con isdegnose inchieste fra le lavoratrici tedesche più oppresse dalle conseguenze di antichi tabù. Pure, cade anche lei nella trappola che la natura, per i suoi fini aritmetici, tende alla donna lasciata dalla legislatura in balia di se stessa. Il giovane al quale si è data, Heini, sotto il pretesto femmineo di sentirsi trascurato (la ragazza continua infatti il suo lavoro di assistente sociale) incomincia a raffreddarsi e a diradare, proprio allora che Grischa sta per dargli un bambino, quel bambino ch'egli aveva avuto la faccia tosta di pretendere da lei! La fine della storia è uno di quei compromessi che avviliscono la dignità della donna. Serio fin troppo. Sotto il selciato c'è la sabbia difetta di quel tono vitale da cui nessuna tematica dispensa. Ma nel diffuso grigiore di un film troppo governato dall'assillo polemico, il ritratto della ragazza madre oltrepassa il lamento delle carenze legislative, ha una sua compiutezza umana. E il volto dell'interprete Grischa Huber, esaltato da primi piani di una intrepidità bergmaniana, resta impresso. Se poi la figura del «prete rosso » fosse per scivolare dalla labile memoria, ve la riconficca con mano sicura il regista italiano Pino Tosini, che pur professandosi marxista-stalinista ha rievocato la figura e l'opera di don Lorenzo Milani con simpatia umana e religiosa. Un prete scomodo, sostenuto al centro da un commosso e persuasivo Enrico Maria Salerno, riporta in luce, alla luce d'oggi, il messaggio di un sacerdote che con toscana cocciutaggine interpretò il Vangelo in termini di riscossa sociale, a beneficio dei poveri contro padroni e sfruttatori, e che per questo urtò nelle gerarchie ecclesiastiche, fu abbandonato dai confratelli, destituito, confinato e processato anche. Ma gli restò la soddisfazione di vedersi crescere intorno i ragazzi come un novello don Bosco, e d'aver gettato i fondamenti teorici e pratici d'una scuola primaria a tempo pieno, esemplarmente classistica alla rovescia, cioè aperta ai soli diseredati. Evitando per quant'era possibile il tono agiografico, Tosini e Salerno hanno lavorato di conserva perché il film si riempisse va percne il rum si riempisse rt'nm tirpspnrn niirpntir-arnen- ctuna presenza amenucamen te cristiana, e quindi incomoda all'ipocrisia così degli Anni Sessanta come dei nostri. Ma il pezzo forte di questo scorcio di programma è stata la prima assoluta del nuovo film di Glauber Rocha, Claro, battente bandiera panamense. Dopo i grandi film brasiliani (Dio e Diavolo nella Terra del Sole, Barravento, Antonio das mortes), Rocha è entrato in una fase di sconnessione tanto quanto farneticante. Con lui non è ormai più possibile parlare di significati ma soltanto di suggestioni. E poiché il regista è quello che è, e tratta la macchina da presa in quel modo superiore, quelle suggestioni bastano per se stesse a intrattenere e talvolta a incantare lo spettatore. Di là dalla ragione, qualcosa accade, che è appunto la ro- bu^a'visiónarietà' déì"regista. Claro è il divertimento d'uri marxista in esilio politico,ambientato per caso a Roma r-ome avrebbe potuto esserloin qualunque altro centro di ìatiscenza capitalistica. E checosa racconta il film? Nulla di nulla- ma fa vedere^ molto,Non siamo lontani dalla prò-vincia di Carmelo Bene (chenon per niente figura fra gliinterpreti, recitando, in figuradi rravpWitn un rugosoeUrS^ storia roma^S*la decadenza) Claro dovendo pur classili-carlo in qualche modo, è unasatira circolare di tutto ciòche può presentarsi alla veduta di un esule di sinistra: capitalismo, militarismo, colonialismo, perbenismo eccetera, e poi ancora droga, petrolio, polizia, urbanistica, demagogia eccetera. Il personaggio-guida, fiancheggiato dallo stesso autore, è una ragazza hippie brasiliana che attraversa tutto il nostro «sistema», denunciandone incongruenze e contraddizioni. Ma tale denuncia ha il merito di non ostentare nessun cipiglio riformistico, anzi di esprimersi in chiave di rassegnata grandiosa buffoneria. L'esordio del Foro Romano (la cosa più bella), la gioventù-bene, gli affaristi trucidati, alla greca, dai propri congiunti; i comizianti rossi, il lamento del reduce americano dal Vietnam, piazza Navona, i baraccati; ecco l'itinerario, se si può dir così, di questo «viaggio romano», che girato spesso in pre¬ sa diretta, rinnova i fasti babelici del «cinema verità», e quantunque lasci l'impressione d'un divertimento privato, è ricco di soluzioni visive, di contaminazioni stilistiche (la cultura occidentale e quella latino-americana incrociano sul piano figurativo e linguistico), da entusiasmare i giovani e mitigare la diffidenza dello spettatore più assennato. Diavolo d'un Rocha, che ha aggiunto fuoco al fuoco di Taormina. Leo Pestelli Assegnato a Valli il premio "Veretium" I | (Dal nostro corrispondente) Borgio Verezzi, 21 luglio, i (s. d.) Romolo Valli, diret-1 tore artistico del Festival ; dei due mondi di Spoleto e protagonista, lo scorso inverno, del « Malato immagina- ' rio », di Molière, e di « Tutto per bene » di Pirandello, è il vincitore del premio Veretium 1975 per la prosa. I

Luoghi citati: Borgio Verezzi, Germania Federale, Roma, Salerno, Spoleto, Taormina, Vietnam