Congiure contro Gulliver

Congiure contro Gulliver Taccuino di Vittorio Gorresìo Congiure contro Gulliver Come non ricordare, come non cedere alla tentazione di evocare in questi giorni un altro momento nero della carriera di Fanfani. quello da lui vissuto or sono sedici anni, quando nel marzo del 1959 fu messo in minoranza dal consiglio nazionale del suo partito? Ci sono similitudini c discordanze, fra allora ed oggi, che mette conto di annotare per capire qualcosa in fatto di storia della de. Anche allora, difatti, la scivolata di Fanfani fu dovuta alla rivolta della corrente di maggioranza del partito, che odiandolo non meno di oggi era alla ricerca della maniera di sbarazzarsi di lui. La maggioranza allora aveva nome di « Iniziativa democratica », e si spaccò per dare luogo alla corrente che fu chiamata dei dorotei. Sono limasti di scena i dorotei, anche oggi, con la differenza che sedici anni fa semplicemente rifiutarono di richiamare il dimissionario Fanfani alla guida del partito, ed oggi invece si sono battuti per ottenere dimissioni che egli tenacemente si è mostrato riluttante a presentare. Qui sta la prima differenza: c'era una volta un Fanfani che potevamo definire l'uomo dalle dimissioni facili, ed oggi non c'è più. Si era allora dimesso tutto in una volta da presidente del Consiglio, da ministro degli Esteri e da segretario della de, ed anzi aveva addirittura fatto perdere pei qualche giorno le sue tracce. L'allora capo dello Stato Giovanni Gronchi mandava il segretario generale della presidenza della Repubblica, il prefetto Oscar Moccia, a cercarlo a casa per invitarlo a conferire in Quirinale: ma Fanfani si faceva negare, e la signora Bianca Rosa sua moglie mentiva dicendo di non supere dove fosse il marito. Si era chiuso nella camera da letto, e Moccia non poteva che lasciare desolato il salottino, dove la signora Bianca Rosa lo aveva ricevuto con fredda c distaccata gentilezza. Perciò l'immagine di Fanfani per noi è stata, nel tempo, quella di un uomo politico che ha nel proprio repertorio anche l'arma, o se vogliamo l'espediente, delle dimissioni, come ci sembra che le regole del gioco democratico comportino. Altrimenti, pensiamo, dal gioco democratico si passa ad un « jeti de massetere » che non giova al sistema della democrazia c certamente neppure ad un partito per se stante. 11 Fanfani di allora faceva propria la norma di uscire al momento necessario per poi poter rientrare meglio, più pulito di prima, al momento opportuno. Ci fu una volta, ricordiamo, che si dimise da ministro degli Esteri, soltanto disgustato da un semplice pettegolezzo in cui lo avevano improvvidamente mischialo sua moglie, Giorgio La Pira ed una giornalista di cstrema destra. «Quantum mutatili ab ilio»: adesso conosciamo un Fanfani riluttante, renitente, ostinatissimo, imperterrito. Come Napoleone al momento di fìggersi in capo la corona di imperatore disse « Dio me l'ha data, guai a chi me la tocca », il Fanfani di oggi ha inteso sfidare i suoi a spogliarlo del manto di padrone, se ne avevano il coraggio. E così anche questa volta i buoni, bravi, onnipresenti dorotei sono stati costretti a uscire allo scoperto, e un giorno sarà il caso di tracciare la storia della de appunto in chiave della costante contrapposizione tra il Gulliver Fanfani c i dorotei di Lilliput, i quali come è noto riuscirono un bel giorno con funicelle annodate bene a paralizzare quello che a loro sembrava essere un gigante vero. Gigante o no preso fra i lacci dei lillipuziani dorotei, questa volta Fanfani ha dimostrato di voler vendere cara la pelle, a differenza che nel 1959. Allora, d'altra parte, i dorotei avevano assunto un più drammatico contegno. Passavano le notti nel convento gianicolense delle suore dedicate alla santa vergine Dorolea della quale assunsero il nome nella nostra geografia politica, mentre stavolta non risulta che abbiano cercato auspici religiosi propiziatori della loro battaglia. Hanno avuto ragione, in ogni modo: con i poveri preti che non contano più nulla, col Vaticano agnostico e la Cei ambiguamente indifferente rispetto ai casi della nostra politica interna, oggi i conventi sono fuori gioco c fuori moda per gli stessi de. Difatti, stando a una preziosa informazione riferita da Luca Giurato su La Slampa di domenica scorsa, la nuova rivolta antifanfaniana è stata ordita dai due capi dorotei Toni Bisaglia e Nino Gullolti attorno a un tavolo di trattoria, un esercizio laico pubblico nei pressi dell'albergo « Forum », intitolato « La lana del grillo », forse con qualche riferimento a Collodi ed al grillo parlante di Pinocchio, Dice Giurato che da quel pranzo Gullotti e Bisaglia sono usciti « rinfrancati c soddisfatti », che allegri sono andati ad un incontro con Andrcotti per annunciargli che i dorotei si dimettevano in blocco dalla direzione democristiana, e per chiedergli la solidarietà uci suoi amici e di quelli di Colombo, eccetera eccetera. Come si vede, le dimensioni della politica italiana sono cambiate, se dall'austerità suggestiva di un convento si passa a definirle nella trattoria « La tana del grillo ». Senza rimpianti, tuttavia: dato che ci sia un grillo da snidare, si è più vicini alla realtà.