Regione: più compiti che potere

Regione: più compiti che potere Regione: più compiti che potere Nello sforzo generale che si sta compiendo per sollevare il Piemonte dalla crisi economica e congiunturale, quali sono i compiti e i poteri della Regione? La domanda ha dominato il convegno sul futuro del Piemonte organizzato da «La Stampa», svoltosi venerdì all'Unione industriale. La risposta non poteva essere che una sola; compiti molti, poteri un po' meno. Anche il ministro Donat-Cattin lo ha ricordato, precisando che non si può pensare ad una diversificazione produttiva al difuori di un piano nazionale. Nessuno, ovviamente, lo ha mai messo in dubbio; i contrasti, semmai, sono sulla formazione di questo piano, sulla politica industriale che lo Stato ha rivendicato come propria, ma che non ha mai varato. Compiti molti, ma soprattutto un dovere iniziale: conoscere la situazione. Ci sono in Piemonte alcuni istituti di ricerca: Soris, Ires, Cedres (ad Alessandria), uffici analoghi di parte padronale e sindacale e tutti lavorano a raccogliere ed elaborare dati. Perché non coordinarli, immediatamente, per giungere entro pochi mesi ad un risultato comune? Lo ha suggerito l'on. La Malfa. Conoscere i dati è indispensabile per pianificare. Il Piano — lo ha annunciato l'on. Libertini — sarà pronto per la fine dell'anno e nascerà anche dal confronto con i sindacati e le forze economiche in programma per la fine di settembre. «Confronto operativo — ha precisato — con l'indicazione di chiari impegni, e non soltanto conoscitivo». Una volta pronto, la Regione dovrà farlo applicare: è una legge, va rispettata. Così si chiarirà finalmente un problema denunciato dall'ing. Misuraca, direttore generale della Siteco. Per far fronte alle necessità delle forze lavoro future, previste dall'Ires, occorrono circa 500 ettari di aree industriali attrezzate. I piani regolatori dei soli comuni della cintura torinese ne mettono a disposizione 4500, cioè otto volte il fabbisogno. I piani regolatori sono di competenza comunale, ma la Regione deve darsi strumenti urbanistici vincolanti e farli applicare. L'incentivo dell'area attrez¬ zata è il solo, oltre al potere politico direzionale, che essa ha a disposizione per dare avvio a quella politica di riconversione e diversificazione che non riguarda soltanto ir Piemonte, ma l'Italia intera. «D'accordo — dicono La Malfa e altri — il piano deve essere nazionale, ma noi cominciamo a pensare ai nostri problemi, poi ci confronteremo con lo Stato». Questo del confronto, dell'iniziativa verso il governo e il Parlamento, è un altro dei poteri che la Regione deve tenere ben presenti. La pianificazione per un uso corretto del territorio è dunque compito della Regione. E ciò ha influenza un po' su tutto: sui trasporti, sui servizi ai quali ha accennato con particolare forza Beppe Gatti, sul decentramento universitario per il quale già è stato fatto un progetto: l'on. Romita ha pubblicamente sollecitato il Ministero della pubblica istruzione ad approvarlo. Con le nuove sedi universitarie sarà possibile creare nuovi organismi di ricerca, anzi Romita ipotizza addirittura «aree» di ricerca. Anche qui la Regione ha qualche potere, non molti; l'istruzione comunque è sua, specie se applicata alle esigenze dell'industria; e poi, questi centri, debbono o no considerarsi «terziario superiore», cioè appartenenti a quei servizi di alto livello la cui esigenza è sempre più sentita? E allora i 2500 miliardi in cinque anni, aggiuntivi ai normali stanziamenti per la ricerca, annunciati da DonatCattin chi li gestirà? Agnelli, sollecitato da Cominotti, ha proposto il metodo tedesco: le industrie ricevano dallo Stato una somma analoga a quella che intendono destinare alla ricerca; ma la parte pubblica della ricerca, chi più delle Regioni è indicato a gestirla? «La Regione — ha detto Simonelli — deve farsi catalizzatrice e coordinatrice di tutta la domanda pubblica». «Come è possibile?» ha domandato Arrigo Levi, moderatore del dibattito. «Attraverso la pianificazione comprensoriale» è stata la risposta. «Coordinare la spesa in modo coerente con la programmazione e la logica del piano, ma non gestirla». In sostanza: la spesa pubblica dei Comuni, enti autonomi, deve essere indirizzata verso gli obiettivi indicati dal piano regionale. Ma spesa presuppone finanziamenti. Ed allora ecco che la Regione deve farsi non solo promotrice di quella «Finanziaria pubblica» sollecitata ancora una volta, in particolare dal liberale Zanone; ma anche di un serio discorso che coinvolga le banche nella strategia di programmazione. Sono alcuni spunti che il convegno organizzato da «La Stampa» offre all'attività della Regione per i prossimi cinque anni, per quella politica «nuova» da tutti invocata allo scopo di far superare al Piemonte la crisi attuale, inserirlo nella dimensione europea ricordata da Agnelli e proiettarlo nello sviluppo del Sud. Compito, questo, che la nostra regione si è assegnato nello Statuto. Domenico Garbarino L'amministratore della Soris

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