Ragazza tenta il suicidio poi confessa "lo ho fatto uccidere il mio amante" di Remo Lugli

Ragazza tenta il suicidio poi confessa "lo ho fatto uccidere il mio amante" È stato chiarito dopo quasi un anno il "giallo,, del delitto di Albenga Ragazza tenta il suicidio poi confessa "lo ho fatto uccidere il mio amante" Ha 20 anni - Si è buttata sull'Aurelia per farsi travolgere da un'auto, ma è stata salvata - Poi la confessione - Ha convinto un corteggiatore a sopprimere il giovane dal quale aveva avuto una bambina e che voleva abbandonarla - L'assassino è morto in carcere in modo misterioso (Dal nostro inviato speciale) Alassio, 18 luglio. « Non ce la faccio più a vi- dere in questo modo, non re- sisto al tormento della miacoscienza, voglio dire tutto: sono stata io che ho fatto tic- cidere il mio amante». Questa la confessione che stanotte alle 2 ha reso al commissario di p.s. dottor Giuseppe Carola una ragazza di 20 anni, Patrizia Pellegrini. E' stata una confessione difficile, preceduta da un tentato suicidio, da molto pianto e da generiche affermazioni di odio per la vita; poi, a forza di insistere, il commissario è riuscito a far emergere la verità. Il delitto risale alla sera del 16 settembre dello scorso anno. La Pellegrini conviveva con un muratore, Giovanni Russo, 26 anni, abitante ad due anni. La madre del Russo, Rosolia Maenza di 51 anni, criticava la moralità della giovane e quando era stato il momento di denunciare all'anagrafe la nascita della bam- 1 bina, aveva preteso che venis I se iscritta come figlia di N.N. ! per parte di. madre e di Gio ! vanni Russo per parte di pa |dre. La bambina ha sempre Albenga in via Pertinace 13. Con lui aveva avuto anche un - bambina, Catia, che adesso ha convissuto con i nonni paterni. La convivenza tra i due era burrascosa, anche perché il Russo si era invaghito di un'altra donna e aveva manifestato l'intenzione di andare a convivere con lei, abbandonando la Pellegrini. Quella sera, dunque, Patri1 zia e Giovanni erano nel bar della stazione di Albenga, seduti in un angolo. Mentre stavano così appartati, era entrato un giovane, Michele Lucente, 35 anni, abitante ad Albenga in via Firenze 22. Si era avvicinato al Russo, che non lo vedeva perché gli voltava le spalle, gli aveva appoggiato sul cuore il borsetto nel quale \ teneva infilata la mano destra 1 j che stringeva una pistola cali- j ! oro 7,65 e aveva esploso un .ì colpo. Lo sparatore era fuggi- : \ to lungo i binari della ferro- ' via e scappando aveva ancora j sparato un paio di colpi in diI rezione del padre del Russo jche stava andando a cercare il figlio. Nel pomeriggio lo stesso Lucente si era recato I nell'abitazione del Russo e a I sua madre aveva chiesto dove jera Giovanni: «Perché devo i ucciderlo», aveva aggiunto. ! Per quel motivo il padre, i quando era rincasato, e aveva saputo di quell'episodio, si era diretto al bar della stazione per cercare il figlio e metterlo all'erta. Purtroppo era arrivato troppo tardi. I carabinieri avevano arre- i stato un'ora dopo il Lucente. I La stessa Pellegrini aveva do | vuto ammettere che l'aveva riconosciuto e che a sparare era stato lui. Per alcuni mesi l'istruttoria era andata avanti con un'unica mèta: dimostrare che anche la ragazza era colpevole, complice dello sparatore. Il maresciallo dei carabinieri Narrali, comandante la stazione di Albenga, l'aveva denunciata per concorso in omicidio: era certo di questa colpevolezza, ma la giovane continuava a negare. I magistrati, il dottor Boccia e il dottor Ferro, alla fine avevano dovuto chiudere l'istrutto- ' ria prosciogliendo la Pellegri- j ni, per insufficienza di prove. L'11 giugno scorso, la vicenda iniziatasi la sera del 6 settembre ha un seguito, tragico e forse misterioso: nel carcere milanese di San Vittore Michele Lucente muore, sembra di morte naturale, ma qualcuno ha dei dubbi. Dei tre protagonisti di quell'evento cruento nel bar della stazione di Albenga, la Pellegrini resta quindi sola. E' libera,non toccata dalla giustizia, di-sponibile per altre eventuali storie d'amore, se ad esse aspira. Invece, proprio da quel momento in lei si fa strada il tormentoso rimorso, Da Imperia, dove era andata ad abitare, viene a stare con la madre che convive con un uomo che non è il marito, in regione Bellorina 22, di Alassio. Ma la notte non dorme quasi più, esce di casa, ma subito rientra, torna ad uscire, non sa darsi pace. Si arriva a ieri sera. Alle 22,30 si butta in ginocchio nel mezzo dell'Aurelia mentre sta arrivando un'auto- mobile. Passa in quel momen-to Luigi Dodi, direttore del-l'albergo Colombo. Rapida- mente l'afferra e la trascina da una parte. La ragazza è in uno stato di semi-incoscienza, il Dodi l'accompagna al com- missariato di polizia dove il a dott. Carola incomincia chiederle perché ha tentato quel gesto disperato. Lei piange. «Non voglio vivere, non resisto più», dice tra i singhiozzi. Si va avanti così per lungo tempo. Poi, finalmente, la confessione: «Non resisto, ho bisogno di dire tutto: sono stata io che ho armato la mano di Michele Lucente perché uccidesse Giovaìini Russo». n-1 Ora la storia fluisce senza i l-! Più alcuna difficoltà. Patrizia I a- j racconta chs il Russo voleva | a i lasciarla per andare a convin ' vere con una cameriera della a, trattoria abruzzese. Lei aveva m- j un corteggiatore, il Lucente. il | Gli ha ceduto, ad un patto: a | che lui l'aiutasse ad uccidere o nn ner e, o, o ahé ». l'amante che voleva lasciarla. Lucente aveva avuto che fare con la giustizia per furto, contrabbando, sfruttamento della prostituzione; era stato anche in lite con il Russo per la compravendita di un'automobile. Ha accettato la proposta. Insieme sono andati a Novara e, secondo quanto risulta ai carabinieri, hanno rubato una pistola calibro 7,65; secondo, invece, il racconto fatto stanotte dalla donna, l'hanno comperata da una guardia notturna per 60 mila lire. Il piano era questo: lei avrebbe accompagnato il Russo nel bar della stazione e il Lucente sarebbe entrato in un momento in cui il gestore era nel retro, gli avrebbe sparato con la rivoltella munita di silenziatore. Se ne sarebbe dovuto andare tranquillamente e lei poi avrebbe detto che era entrato uno che non conosceva. Invece lo sparatore si è subito agitato, si è fatto vedere dal gestore Adelio Lazzarino e quando è fuggito lungo la ferrovia ha sparato altri due colpi in direzione del padre del Russo che era alla ricerca del figlio. Arrestato, ha sostenuto la tesi della disgrazia acciden-tale, ma non e stato creduto, Non è chiaro se al tentato suicidio e alla confessone la Pellegrinì è giunta soprattut- to per il rimorso della co-scienza, come lei dice o per il timore di essere uccisa. Ha la- sciato intendere di avere mol- ta paura e di essere convinta che il Lucente nel carcere di San Vittore non è morto di morte naturale, ma è stato as-sassinato. Parlando dei suoi tormenti, ha detto che non poteva chiudere occhio senza sognare di Giovanni nell'istante in cui, subito dopo il colpo ricevuto al cuore, si aggrappava alle sue braccia e invocava il suo aiuto, mentre si afflosciava. «Non ce la facevo più a tenere dentro di me un segreto così pesante: per questo preferivo morire». Stamattina la Pellegrini è stata trasferita nel carcere di Savona in stato di fermo giudiziario, a disposizione della magistratura. Remo Lugli ' j Alassio. Patrizia Pellegrino, 20 anni, e l'omicida Michele Lucente (Telefoto)

Luoghi citati: Alassio, Albenga, Imperia, Novara, Savona